C’è un brivido che attraversa ogni annuncio di Italia-Polonia. Non è solo una partita di pallavolo maschile, è diventata un rito ripetuto, un classico contemporaneo. Un classico riproposto in semifinale ai Mondiali 2025 di volley: per molti (se non per tutti), la finale anticipata.
Non manca però un piccolo-grande paradosso. L’Italia, campione del mondo in carica, non ci è arrivata da favorita. È la Polonia, numero uno del ranking e reduce da cinque vittorie su cinque con appena due set lasciati per strada, a imporsi nelle tabelle dei bookmaker: quota attorno all’1.55-1.60, contro il 2.20 degli azzurri. Una forbice che pesa, anche se non racconta tutto (l’Italia nel ranking è comunque la numero 2).
La Polonia di Nikola Grbic è una squadra che intimorisce già al momento del saluto sotto rete. L’opposto Bartosz Kurek, 37 anni e ancora protagonista, affiancato dagli schiacciatori Wilfredo Leon e Kamil Semeniuk, guida un sestetto che tocca altezze quasi inarrivabili. Il più basso è 1,95 metri. Leon, cubano naturalizzato polacco, resta il battitore più temuto al mondo. A muro, i polacchi alzano una barriera di cemento armato: agli avversari, spesso, non resta che forzare rischiando l’errore.

Eppure, proprio quando sembrava più fragile, l’Italia si è rialzata. Il 3-2 subito dal Belgio nel girone sembrava un presagio di disfatta. Invece, negli ottavi e nei quarti, gli azzurri hanno travolto Argentina e Belgio senza concedere un set. È sembrata un’altra Nazionale, un’Italia che ha ritrovato intensità al servizio e spettacolarità in difesa, con salvataggi che hanno acceso il pubblico.
Il fulcro resta Simone Giannelli. La sua regia è la bussola del gioco azzurro. Contro il Belgio, nessun muro subito su una sua alzata: i centrali, Roberto Russo su tutti, sono stati trasformati in terminali d’attacco pericolosi. Lo stesso Giannelli non ha esitato a chiudere personalmente alcuni scambi, mostrando coraggio oltre che precisione.
Attorno a lui si muove un gruppo che Ferdinando De Giorgi ha cementato nel tempo. Un gruppo che sa sostenersi e reinventarsi, anche dopo un inciampo. È la quinta semifinale mondiale per De Giorgi, comprendendo quelle da giocatore e quelle da allenatore: l’esperienza per affrontare le onde della pressione non gli manca.

Italia e Polonia si conoscono fin troppo bene. Nel 2022 a Katowice trionfarono gli azzurri, nel 2023 a Roma la rivincita fu polacca, nel 2025 in Nations League ancora Polonia, con un netto 3-0 segnato anche da un errore formale degli italiani nella compilazione della formazione. Da allora, la rivalità si è caricata di una tensione anche narrativa.
Sullo sfondo, la suggestione della “doppietta”. Dopo il successo del volley femminile in Thailandia, la possibilità di replicare con l’oro maschile ha anticipato il sapore di un ritorno agli anni Novanta, quando la “Generazione dei Fenomeni” vinse tre Mondiali consecutivi.
Ma la Polonia fa paura. Il palmarès polacco non impressiona soltanto per i titoli – tre Mondiali, un Europeo, due Nations League negli ultimi anni – ma anche per la regolarità con cui arrivano nelle fasi decisive. Al contrario di altre superpotenze altalenanti, la Polonia è sempre lì, nelle partite che contano. Persino l’“incubo olimpico” dei quarti di finale, che per vent’anni ha segnato il loro percorso, è stato sfatato dai polacchi del serbo Grbic ai Giochi di Parigi 2024.
Il successo non nasce dal nulla. In Polonia il volley è un fenomeno nazionale, con palazzetti pieni e campionati seguitissimi. Un sistema dove scuole, club e federazione lavorano in sintonia, alimentando un flusso costante di talenti. Un ecosistema che rende quasi naturale trovarsi ai vertici mondiali, e che fa sì che il volley abbia un ruolo culturale paragonabile al calcio in altri paesi europei.