Jack Miller lo abbiamo incontrato per la prima volta fuori da un circuito a una festa di fine stagione della MotoGP. Nello specifico in un locale di Valencia, l'Indiana. Lui balla in mezzo alla gente, altri piloti invece si sono rinchiusi in un piccolo privé. Gli chiediamo di fare uno shoey assieme, lui risponde come se gli avessimo domandato come ci si siede: “Beh, non è difficile. Togliti la scarpa e riempila di Champagne, fammi sapere quando sei pronto”. Eravamo preparati a qualsiasi altra risposta.
Diversi anni più tardi siamo seduti sui tavolini del Team Prima Pramac, ad Aragon. Jack sta andando forte, è il secondo pilota Yamaha in classifica, eppure l’arrivo di Toprak Razgatlioglu potrebbe cambiare drasticamente la sua vita in MotoGP. Abbiamo parlato di questo con lui, ma pure della sua storia, della crisi di Pecco Bagnaia, del paddock che è una vasca di squali, di Valentino Rossi e Cesare Cremonini. Jack è sempre vero e diretto, parlarci è un bel privilegio. Decidiamo di partire da meat pies e garlic bread, torte di carne e pane all'aglio, due pilastri della cucina australiana che meriterebbero il banco dei surgelati in ogni paese del mondo. Lui racconta che in Inghilterra, durante un GP, aveva riempito un camion di garlic bread dopo aver trovato dei filoncini al supermercato per poi goderseli a casa, salvo scoprire che l'autista aveva buttato via tutto convinto che fosse uno scherzo.

Oltre a torte di carne e pane all’aglio cosa ti manca dell’Australia nella tua vita in Europa?
“È difficile da dire. Prima mi mancavano la famiglia, gli amici… roba di questo genere. Adesso onestamente con la piccola che viaggia con noi non mi manca più tanto. Un po’ forse lo stile di vita, tutta la libertà che ho a casa, lo spazio che ho lì per fare quello che cazzo mi pare. Pescare, vivere vicino all’oceano ma avere comunque una farm, un circuito da motocross. Questa e tante altre piccole cose mi rendono la vita più facile laggiù, anche non pensare al traffico (sic!). Chiaramente mi manca un po’ la la famiglia, ma considerando che con me ho mia moglie e la piccolina… ogni luogo in cui andiamo è casa”.
Com’è la vita quando ti siedi sul Caterpillar e cominci a scavare piste in campagna?
“Ah, bello. Mi piacciono le cose semplici della vita: vivere in campagna, lavorarci e fare cose come aggiustare lo steccato, tagliare l’erba, portare in giro le mucche”.
Un fottuto cowboy.
“Sì, mi piace la vita semplice. Ogni giorno che passi lì hai diecimila lavori da fare e tu, semplicemente, cerchi di fare tutti quelli che puoi”.
Quest’anno stai andando ben oltre le aspettative, anche se magari non le tue. A Silverstone per esempio, anche se non come posizione finale, hai fatto una gara clamorosa. Ti senti anche tu meglio del previsto?
“A Silverstone mi è mancato qualcosa negli ultimi quattro giri, che mi ha lasciato un po’ deluso ma come hai detto tu è stata una gara veramente buona. Poi mi sono incastrato a battagliare a fine gara e non è stata la cosa migliore, ma… Parliamo in generale. Chiaramente quando cambi squadra dopo una stagione difficile è dura. Io credevo ancora in me stesso e sapevo quali fossero le mie capacità, però c’è un momento in cui cominci ad avere dei dubbi: su te stesso, sulla tua strategia, sul tuo programma. Cominci a dubitare di tutto. Io sono rimasto piacevolmente sorpreso di trovarmi così veloce, anche se so benissimo qual è lo sforzo che faccio ad ogni stagione per correre. E c’è una sola ragione per cui mi importa così tanto di quello che faccio: voglio essere competitivo”.
Da quando sei in MotoGP hai guidato praticamente tutte le moto, fatta esclusione per l’Aprilia e per la Suzuki.
“Per quella non ho proprio fatto in tempo! (ride, ndr)”.
Come è stato questo tuo percorso? Quando Livio Suppo ti ha portato in MotoGP non c’erano alette, abbassatori… Le moto erano più facili?
“Era diverso. Di sicuro la guida di adesso è molto più fisica, le moto sono molto più pesanti anche per via dei device e tutto il resto. Ma, voglio dire, devi comunque guidare la moto. Una volta dovevamo controllare molto di più l’impennata col corpo e frenavamo molto prima di come freniamo adesso”.
E la tua vita? Ora hai una famiglia, all’epoca magari avevi meno pensieri, passavi i GP a scherzare con Cal Crutchlow. Come è stato crescere qui dentro?
“Ho trent’anni e tante cose sono cambiate. Potremmo dire che l’unica cosa che non è cambiata nella mia vita sono le corse. Abbiamo avuto una cazzo di pandemia globale che ci ha capovolto le vite, sono successe tante cose. Però sì, le corse sono sempre rimaste lì e penso di essere cambiato anche io sotto diversi aspetti. Penso di essere più metodico, magari un pochino… magari eh, magari invece no!”.

Parliamo di Ducati: com’è lavorare con Gigi Dall’Igna?
“A meno che tu lo faccia veramente arrabbiare è davvero un bravo ragazzo. Un vero padre di famiglia, uno molto deciso nelle sue opinioni e nel suo modo di pensare, così come nelle direzioni che vuole impartire al team… ed è una di quelle persone che saluta sempre, spesso si ferma a fare due chiacchiere con me. Tutto quello che ha detto che avrebbe fatto per me poi l’ha effettivamente fatto. Sai, qualcuno ha avuto dei brutti momenti con lui, il rapporto con Dovi per esempio è finito in maniera un po’ più amara di quanto avrebbe dovuto, però magari col tempo riusciranno a volersi di nuovo bene. Magari no eh, chissà. Però credo che abbiano fatto cose bellissime insieme, come tra l'altro le abbiamo fatte noi. Io apprezzo moltissimo che mi sia stata data un’opportunità in Ducati, ha veramente cambiato la mia carriera. Devo anche dire che lavorare con lui e imparare da lui… Gigi è stato un insegnante straordinario anche su come sviluppare la moto, come parlare con gli ingegneri, come spiegare i problemi senza usare troppe parole. Sai, Gigi non parla moltissimo ma quando lo fa è molto diretto e chiaro. E mi ha sicuramente insegnato tantissimo”.
Penso che tu sia stato il compagno di squadra con cui Pecco Bagnaia ha passato più tempo, di sicuro sei uno che lo conosce molto bene. Cosa pensi che stia passando? Voglio dire, lui racconta molto bene del suo problema all’anteriore e ci fidiamo di lui, però a volte viene da chiedersi…
“Voi siete d’accordo con lui ma al tempo stesso dite però. Tanti giornalisti dicono però. Quello che sta dicendo è che non si sente a posto. Il tipo ha vinto cosa, 11 gare l’anno scorso? Non si è scordato come si guida una moto durante il pranzo di Natale. È chiaro che attualmente non si sente al massimo sulla moto, io sono stato nella sua posizione lo scorso anno con le fottute vibrazioni al posteriore e quando provi a spiegare il tuo problema la gente pensa ‘fanculo, non sa guidare’, oppure ‘È mentalmente fottuto’, roba così. E questo non aiuta, anzi. Non credo che Pecco abbia chissà quali problemi nella sua vita o nel suo approccio. Il problema comincia a esistere nel momento in cui tutti gli fanno queste domande, domande che prima o poi cominci a farti anche tu nella tua testa. Io credo davvero che lui sia la stessa persona che era lo scorso anno e quello prima ancora. Sono arrivate cose nuove, è stata presa una nuova direzione e di colpo ti trovi con grosse pressioni dall’esterno, gente che dice ‘Ma perché cazzo non vince?’, quando in realtà Pecco quest’anno ha già vinto una gara, è salito sul podio… tutti dicono che sta avendo una stagione di merda. Vuoi vedere una stagione di merda? È salito sul podio non so quante volte e ha vinto una gara, anche io vorrei avere una stagione di merda così. Certo, questa cosa succede perché non è più dominante come ce lo ricordiamo alla fine dello scorso anno, però se ci pensi Pecco ha sempre fatto fatica a inizio stagione. Questo forse non è più il suo inizio migliore, però è quantomeno decente”.

Tu sei stato in questa situazione più di una volta. Hai trovato una soluzione per ignorare tutte queste voci da fuori che ti portano a delle insicurezze o pensi che in questo ambiente sia impossibile? L’unica soluzione è attraversare la tempesta?
“Beh, devi fare il possibile per passare attraverso la tempesta e fidarti di te stesso, anche se alla fine della storia non basta che sia solo tu a crederci, ti serve anche un solido gruppo di persone, la gente che ti è attorno deve credere che si possa sistemare il problema in modo che tu possa affrontare la tempesta. Io non so perché, ma a volte sembra che non ci siano abbastanza cose interessanti da dire durante la settimana, così vengono inventate delle storie per fare i click. E questa cosa succede sempre più spesso”.
Nnel frattempo ti trovi a nuotare in una vasca di squali.
“Esatto, assolutamente. È al cento per cento una vasca di squali”.
A proposito, devo chiedertelo: si parla molto di Toprak Razgatlioglu nel Team Prima Pramac. Credi che sapremo presto qualcosa, oppure questa storia non ti interessa?
“Certo che mi interessa. Quello che posso fare io è andare in pista, dare tutto lì e riuscire ad essere contento di quello che ottengo, poi le decisioni del mio capo le prenderà lui, come è giusto che sia. Se Toprak arrivasse sarebbe fantastico per il campionato, ha dimostrato di essere pilota incredibile in Superbike e sarei curioso di vedere come andrà il suo passaggio in MotoGP. Se alla fine non venisse beh, sta comunque facendo un gran lavoro lì. Noi in questo momento dobbiamo aspettare: andare, rimanere… alla fine non è una mia scelta, io voglio essere in MotoGP ed essere competitivo, l’anno scorso c’ero ma non andavo forte. Fortunatamente ho avuto una seconda occasione con Pramac e ho potuto dimostrare di essere ancora in grado di giocarmela con questi ragazzi. Sono già contento di questo”.

Mi stai dicendo in MotoGP non hai davvero problemi quando riesci ad andare forte.
“Il punto è che quando ti senti in un certo modo dentro di te, perché sai che ti stai allenando, che fai tutto quello che è in tuo potere per essere la miglior versione di te stesso, i risultati devono arriv are. Quando sfortunatamente non riesci a tirare fuori questa roba in pista, quando vedi che non riesci più a fare quello che in passato ti riusciva bene… Magari hai un feeling spettacolare in allenamento e poi non riesci a mostrarlo quando la tv è accesa, quando è davvero importante: quella è una sensazione di merda. Puoi dire che ti senti bene e che ti stai allenando nel modo giusto, ma finché non lo fai vedere non significa niente”.
È come se non fosse successo.
“Esattamente. Tutto quello che voglio io è continuare a diventare più veloce”.
Valentino Rossi un po’ di tempo fa ha parlato di un suo grande amico (Cremonini, ndr) che fa il cantante, è uno che riempie gli stadi. Gli ha detto che lo invidia per la possibilità di poter fare quello che gli piace, a quel livello, finché vorrà, mentre lui si è dovuto fermare. È così anche per te, vorresti correre per sempre?
“Assolutamente. Le corse sono tutto. È così da quando sono bambino. E non importa quanto io sia stanco, arrabbiato o non so che altro. Io voglio andare alle corse. Non importa il resto. È come una droga, più lo fai più vuoi farlo. Eppure purtroppo è come dice Vale, a un certo punto quella cosa deve finire. L’adrenalina, le farfalle nello stomaco, tutto quello che ti succede prima di iniziare la gara e il sollievo che provi quando ti è andata bene una battaglia. Tutto questo deve cessare ed è molto difficile immaginarlo. L’anno scorso per esempio stava finendo così per me e mi faceva stare male perché non mi sentivo ancora pronto a smettere. Ma come ho detto a mia moglie… non sarai mai pronto a smettere di fare una cosa così. Non c’è un buon modo per porre fine a una relazione”.
Come un grande amore.
“Già, come un grande amore”.
Hai paura di morire?
“No”.
Credi in Dio?
“Penso di credere in qualcosa di più grande di noi. Però non mi definirei religioso o roba del genere, non mi aspetto che ci sia qualcuno seduto su di una nuvola a guardare giù. Credo che ci sia qualcosa di più grande di noi, ma se mi chiedi se Dio ha creato la Terra e gli animali e tutto il resto… beh, a quello non credo. Però ecco, quando cerchi dentro di te per un consiglio, una direzione o chissà che altro tu con chi parli, nella tua testa?”.
Jack scoppia a ridere.
“Capisci che intendo? È tutto lì”.

