E grazie al ca*zo! Certo che Aprilia ha fatto il colpaccio assicurandosi Jorge Martin per il 2025, visto che è il Campione del Mondo. Scontato e banale. Solo che quel titolo lì, “Jorge Martin è perfetto per l’Aprilia”, l’avremmo fatto anche se il pilota di Madrid avesse vinto meno di niente. Perché non è alla parte sportiva o alle performance che abbiamo pensato, ma al personaggio che sta venendo fuori adesso che, da campione del mondo in carica, lo chiamano da tutte le parti per interviste, ospitate TV e robe così. Perché ogni volta che Jorge Martin parla viene fuori un pezzetto nuovo e inaspettato di un ragazzo che ha un’anima bella davvero, ma che ha pure quello spirito ragazzino che fa tanto pensare alle Aprilia sopra a cui siamo cresciuti tutti quanti quando Aprilia era sinonimo di cinquantini da sogno e piccole cilindrate per crescere. Insomma, come le storie di due che, seppur in tempi diversi, sono diventati grandi e adesso si sono trovati per diventare ancora più grandi, ma mantenendo quel taglio un po’ diverso che distoglie quasi l’attenzione da ciò che invece sono (e sono diventate) le corse: mera performance e soldi prima di tutto.
Sì ok, forse è il solito “pippone alla MOW”, una lunga premessa per dire che l’intervista rilasciata in queste ore da Jorge Martin a As.com è di quelle da leggere. Perché è potente e totale. E perché racconta ancora una volta di un ragazzo che ci tiene da matti a far conoscere tutto ciò che sta attaccato dietro al gran polso destro che ha. L’uomo e la sua umanità, insomma. Compreso il rammarico assurdo d’essere nato troppo tardi per giocarsela in pista con Rossi, Stoner, Pedrosa e quei mostri sacri lì, e compresa la confessione di un terrore che s’è portato nel letto ogni sera prima di addormentarsi fino alla magica domenica di Barcellona: “Sì, ero terrorizzato all’idea che un giorno la mia carriera sarebbe finita senza aver vinto un titolo in MotoGP”. Parlare di paure e debolezze mentre si sta sul tetto del mondo, più in alto di tutti, è potente umanità, come è potente umanità ammettere che ci sono stati momenti in cui la testa volava troppo oltre e altri momenti in cui s’è trovata l’umiltà di chiedere aiuto a professionisti per imparare a gestire le emozioni. E’ guardare dietro non per evidenziare la strada che si è fatta, ma per ricordare, quasi in maniera rassicurante verso se stessi, d’essere ancora quelli lì. Che poi è un po’ da sempre il messaggio di Aprilia: siamo ancora quelli lì, quelli di quei cinquantini e di quelle centoventicinque o della mitica RS250, solo che adesso abbiamo sogni più grandi che sì c’entrano col mercato, perché è di mercato che si vive, ma c’entrano più con la voglia di crescere, competere, meritare. E trasformare. Che è sinonimo perfetto di vincere.
“Essere campione è molto meglio di quanto avessi immaginato” - La celebrazione, racconta, è stata un'esplosione di emozioni - Non avevo aspettative, quindi ogni cosa che è successa è stata una piacevole sorpresa. La mia più grande paura? Ritirarmi senza un Mondiale. Ora, quel terrore è solo un ricordo”. Così come sono un ricordo (da non dimenticare mai però) i sacrifici fatti, i soldi che mancavano e l’aiuto che è arrivato per evitare che smettesse prima ancora di cominciare a fare sul serio, e pure come è un ricordo il botto tremendo fatto a Portimao nel 2021. Saranno due parole talmente abusate da essere diventate vuote, ma “grinta e determinazione” sono l’unica vera sintesi di tutto. “Ho lavorato molto a livello mentale - dice, rivelando come la fiducia in se stesso sia stata una chiave per il suo successo - La verità è che ho sempre avuto dubbi durante la mia carriera. Ma quest’anno, arrivando al Montmeló, ho sentito di potercela fare. Avevo fiducia in me stesso e nel mio team. Forse avrei potuto farcela anche prima: in Germania e a Misano avrei potuto gestire meglio alcune situazioni. L’importante è imparare e non ripetere gli stessi sbagli”.
E’ importante pure capire che qualche rammarico resterà per sempre. Così come quello, che è quasi assurdo ma racconta alla perfezione come sono fatti i piloti, che Jorge Martin si porta dietro rispetto alla sua data di nascita. Come se gli dispiacesse essere giovane, perché è significato non aver avuto modo di confrontarsi davvero con Valentino Rossi, Casey Stoner, Dani Pedrosa e quelle leggende lì. “Mi sarebbe piaciuto correre contro di loro, anche se Marc Marquez è rimasto e c’è ancora - dice, rivelando come questi campioni abbiano segnato la sua giovinezza e il suo sogno di diventare un grande pilota – Rossi e Stoner? Li considero tra i migliori della storia. Però adesso io mi sto confrontando con altri campioni, Pecco su tutti e l’ho battuto. Battere Pecco è stato speciale e il livello in generale è altissimo, quindi penso che anche il valore di questo Mondiale sia altissimo, siamo parte di un’epoca importante delle corse”. “Essere parte”, una definizione che torna quando martin torna a parlare del mondiale appena vinto e di quanta gratitudine c’è, nonostante tutto, verso Ducati. “Mi hanno dato l’opportunità di arrivare in MotoGP e mi hanno sempre dato fiducia – aggiunge - Senza di loro, non sarei qui oggi. Mi hanno dato ottimi contratti e una moto molto competitiva, mantenendo le promesse fatte e permettendo che il titolo finisse in un box sempre Ducati, ma diverso da quello ufficiale”.
Un box in cui lui non porterà i suoi stivali dopo esserci andato vicinissimo per due volte e aver trovato la saracinesca abbassata all’ultimo, prima per Enea Bastianini e ora per Marc Marquez, ma un traguardo, diventare pilota ufficiale, che Martin raggiungerà comunque proprio con Aprilia. “Essere finalmente in una squadra ufficiale sarà unico - ha afferma - Avere 150, 200 persone che lavorano per te, ingegneri che ti ascoltano e vogliono che tu vinca, penso che sarà un'esperienza unica. Sento la responsabilità di essere il leader di questo progetto, ma il Capitano era Aleix, io sarò altro. Aleix ha fatto un lavoro straordinario per portare Aprilia a questi livelli. Non posso che essere grato per quello che ha fatto”.
Guardando al futuro, il 2025 si prospetta intrigante. Martin ha un pronostico audace: vede Pecco Bagnaia come possibile favorito per il Mondiale, con Marc Marquez “molto indietro”. La sua analisi è lucida, ma nel contempo provocatoria. Anzi: il suo pronostico suona di riuscito esercizio sull’eleganza nella provocazione. “La MotoGP – ha concluso - è fatta di epoche, c'è stata un'era Yamaha, un'era Honda, un'era Ducati... e chissà se la prossima sarà un'altra era”.