Perdere cinque punti di vantaggio è meglio che perderne venticinque. E’ un’ovvietà, ma non sempre i piloti in gara riescono a pensare secondo il criterio di “ciò che conviene”. E Jorge Martin l’ha anche detto: “Sapevo che rimontare dall’undicesima posizione alla seconda sarebbe stato possibile, ma quando ho visto Pecco davanti c’ho provato in ogni modo a vincere e solo alla fine, dopo un piccolo spavento, ho capito che sarebbe stato meglio accontentarsi”. Prima implacabile e feroce, poi lucido e calcolatore. Così come dovrebbe essere un campione. Ecco, la prima vera grande sentenza di Motegi dovrebbe essere esattamente questa: Jorge Martin è un campione a prescindere dal se sarà campione del mondo alla fine del 2024.
E’ quello che ha detto anche il suo rivale, Pecco Bagnaia, “proponendogli” scherzosamente di arrivare a Valencia a pari punti e giocarsela lì. Un patto che non esiste e non esisterà mai se non nelle battute che si sono scambiati i due, ma su cui Jorge Martin ha cambiato idea nel giro di poco. Nel retropodio, infatti, la sua risposta è stata “ci metterei la firma”, poi nell’intervista a Sky ha aggiustato un po’ il tiro: “Meglio arrivare a pari punti che dietro, per questo ho detto che firmerei. Ma di sicuro farò di tutto per arrivare a Valencia con un vantaggio”. Altrettanto ovvio, ma pure altrettanto difficile, se si considera che i due protagonisti assoluti di questo 2024, Jorge Martin e Pecco Bagnaia, hanno alzato il livello ogni maledetto fine settimana. E ormai sono al limite davvero, ma con il vuoto dietro. Il prezzo? Più errori del solito. Ma pure più spettacolo. “La verità – ha poi aggiunto Jorge Martin nel Media Scrum di Motegi – che l’errore che ho fatto in qualifica rischiava di costarmi veramente caro, perché partire undicesimo significa ritrovarsi a lottare in mezzo al gruppo con tutto quello che può succedere. Però sia ieri nella Sprint che oggi sono riuscito a risalire abbastanza in fretta e questo deve rendermi contento”. Quarto al sabato, secondo la domenica.
“Il mio momento migliore oggi – ha proseguito l’attuale leader della classifica mondiale – è stato a centro gara. Lì sentivo che sarei potuto andare a prendere Pecco, anche se lui stava martellando come un matto e con tempi incredibili. Ho spinto forte, ma poi ho avuto un mezzo spavento”. Mezzo, ma è bastato per far suonare un allarme in testa dopo che dal verde del semaforo aveva Jorge Martin aveva guidato solo ascoltando il puro istinto. “E’ vero – ha spiegato ancora – che qui si fa attenzione anche al consumo della benzina, ma la verità è che io non ci ho pensato. Prima della gara ero nervosissimo, mi ripassava tutto in testa, ma poi una volta in sella non ho lasciato che la pressione diventasse il mio problema e dentro di me sentivo che fino al secondo posto sarei potuto arrivarci pur partendo così indietro”.
Lo sentiva. E l’ha fatto. Con Martin che svela anche come: “Un po’ mi sono aiutato con Marc Marquez”. Fermi tutti, però, è stato un aiuto inconsapevole da parte del 93 e il perché lo spiega ancora Martin: “Sono partito molto bene e ho trovato Marc che aveva fatto altrettanto. Così sono stato con lui infilandomi nei suoi stessi spazi. Praticamente insieme abbiamo passato Vinales e Morbidelli e ci siamo trovati con Binder e Bastianini che nel frattempo duellavano fra di loro. In quella lotta si è infilato anche Marc, sapevo dove avrebbe frenato alla Dieci e che avrebbe lasciato un po’ di spazio e mi ci sono buttato. Comunque, a proposito di Marquez, penso che tutti i piloti Ducati ieri abbiano guardato i suoi dati e modificato delle cose sulla base di quelli e è chiaro che lo ho fatto anche io”. Ammissione a parte, Martin ha anche raccontato che la difficoltà grande è arrivata dopo essersi messo alle spalle il 93, quando s’è trovato davanti Brad Binder: “ho molto stressato la gomma e probabilmente l’ho un po’ pagata nel finale, insieme al fatto che avvicinandomi a Pecco la pressione dell’anteriore saliva troppo rendendo difficile stare in piedi”.