Madrid si risveglia con una nuova favola tennistica a tinte azzurre. Matteo Arnaldi firma l’impresa che nessuno avrebbe osato pronosticare: elimina Novak Djokovic, il campione da 24 Slam, con un netto 6-3 6-4 che risuona come una liberazione per tutto il tennis italiano. In un’ora e 41 minuti, sul Centrale intitolato a Manolo Santana, il sanremese conquista la vittoria più pesante della sua giovane carriera, scalando una montagna che sembrava inaccessibile. Ma quello che più colpisce è il modo in cui Arnaldi si prende la scena: niente paura da provinciale in gita tra i giganti, ma la faccia pulita e la fame di chi vuole cambiare la storia – anche solo per una notte. Matteo, 24 anni e numero 43 Atp, arriva all’appuntamento con la leggenda serba quasi con leggerezza, ma la realtà è che la sua partita è tutta testa, coraggio e cuore. “All’inizio ero teso e felice, ho solo pensato a non farmela sotto per l’emozione: mi bastava il piacere di poter affrontare l’idolo di quando ero bambino”, confessa Matteo dopo la partita. Invece, resta freddo nei momenti chiave, lasciando Djokovic a inseguire il gioco, spesso impreciso e lontano dagli standard cui ha abituato il pubblico.

Il break d’avvio arriva subito, e quando Djokovic sbaglia quattro volte di fila, Arnaldi si prende il primo set. Nel secondo, quando il serbo prova a risalire, l’azzurro piazza il colpo decisivo: break sul 3-3, rimonta da 0-40 al servizio, chiude con due ace e sul 5-4 capitalizza ancora due errori di Nole in risposta. “Non avevo mai giocato contro Novak, solo una volta mi ero allenato con lui. Sapevo che non era al massimo, ma per batterlo dovevo comunque tirare fuori il meglio”, spiega ancora Arnaldi, che ammette di essersi ispirato al suo idolo fin da bambino: “Chiudere il primo set con un rovescio che sembrava il suo è stata una soddisfazione enorme. Ancora non so come ci sia riuscito”. Djokovic, alla terza eliminazione su quattro Masters 1000 giocati quest’anno al debutto, sembra fuori fase, ma nulla toglie meriti al sanremese, che ora si guadagna un posto tra i sedicesimi contro Damir Dzumhur. Ma la vera magia è il clima che si respira a Madrid: una notte italiana. Perché Arnaldi non si limita a battere il suo idolo, ma abbatte quel senso di reverenza che spesso ha frenato gli italiani davanti ai mostri sacri della racchetta. Madrid, per una notte, ha un nuovo re: si chiama Matteo Arnaldi, e il sogno, stavolta, è tutto azzurro. La favola, almeno per oggi, la scrive un ragazzo che aveva solo voglia di non “farsela sotto”. E invece ha steso il più grande di tutti.
