Esiste un legame strettissimo che unisce il mondo delle due ruote a quello dello sci. Due mondi apparentemente tanto distanti, caratterizzati, invece, da molti punti in comune. Anche nello sci si piega, ad esempio, e anche nello sci è la velocità, sopra ogni cosa, a trasmettere quella sensazione di libertà che riempie il cuore a chi va in moto. Pure nello sci, ancora, esattamente come nel cross, ci sono i salti (e che salti) e, ancor più che nelle moto, sono i movimenti del corpo a fare la differenza tra chi è performante e chi non lo è. Anche nello sci, poi, ci sono i materiali, le fibre, la tecnica applicata a uno strumento.
È così che le immagini dell’ultima caduta di Sofia Goggia sono state in qualche maniera paragonate a quelle dei più celebri tra i recenti infortuni, in ambito motociclistico. Secondo alcuni, come Paolo Ianieri della Gazzetta, in alcuni frangenti Sofia, al pari di Marc Marquez, sembrerebbe proprio non riuscire a non spingersi oltre a quel limite che appare, invece, così evidente a tutti i suoi avversari. La botta tirata da ultimo a Cortina le ha causato una lesione parziale del legamento crociato (già operato nel 2013), una piccola frattura del perone e una sofferenza muscolo tendinea. Roba da mettere gli sci nell’armadietto e ripromettersi una calmata, per qualsiasi persona normale. Roba che fa dire, al contrario, al suo allenatore che lei, alle Olimpiadi di Pechino, al via il prossimo 4 febbraio, ci sarà - quantomeno al cancelletto del Super G, per testare la sua condizione in vista della libera. Uno scenario, quello dell’infortunio a pochi giorni da una grande competizione, che Sofia vede ripetersi per la seconda volta consecutiva, dopo il forfait ai mondiali di Cortina dello scorso anno, e che non può che portare a domandarsi se sia davvero possibile, per questi ragazzi, non spegnere del tutto la luce, ogni volta che il cronometro è partito. Per capire se sia davvero possibile lanciarsi a 130 Km/h con degli sci addosso e con un po’ di sale in zucca, abbiamo deciso di rivolgerci a un amico di MOW, emblema - nell’immaginario collettivo - di tutto tranne che della prudenza: Kristian Ghedina. Non a caso, anche lui motociclista.
Kristian, lo chiediamo alla persona giusta, Sofia doveva essere più prudente?
Da un certo punto di vista Sofia è simile a me: anche io ho sempre amato l’aggressività, la voglia di arrivare in fondo per primo, ma ho come l’impressione che ultimamente lei abbia delle difficoltà a controllare pienamente quello che succede sotto ai suoi sci.
Un eccesso di aggressività?
Credo che Sofia abbia fatto un grande salto, in termini di preparazione, negli ultimi mesi. So che si è allenata moltissimo in palestra e anche quando la vedo alla televisione me ne rendo conto: è possente, è forte fisicamente! E questa è una cosa fondamentale, perché ti fa essere più pronto, ti fa avere tutto sotto controllo quando scendi, ma può portarti anche a un eccesso di confidenza. Quando la guardo sciare ho sempre l’impressione sia un po’ troppo al limite, che la foga prenda il sopravvento.
Ma tu eri così?
Se chiedi alla gente cosa le viene in mente quando pensa a Ghedina, la prima cosa che ti risponderà è che sono un pazzo. In realtà, nel corso della mia carriera, sono state pochissime le volte in cui ho avuto delle brutte cadute e credo di aver saltato solo un paio di gare per colpa di un infortunio rimediato sugli sci. Per incidenti stradali o per lesioni provocate da altre attività sì (ride, nda), ma per essermi fatto male in gara quasi mai!
Quindi eri uno prudente in realtà!
Esattamente come Sofia, anche io ho sempre preferito la cattiveria, la fame di successo, il desiderio di mangiarsi la pista ad ogni prova, al gesto tecnico. E d’altra parte, quando cerchi la prestazione pura, è l’istinto poi a prendere il sopravvento. Non a caso, se mi metto a tirare, gli errori che facevo a 10-15 anni, sono gli stessi che faccio adesso che ne ho 50. Ma per poter essere aggressivo in una maniera vincente devi comunque avere il controllo di quello che fai. È lo stesso motivo per cui io non andavo quando c’era poca visibilità. Dicevano: “Oggi Ghedina non va, perché c’è la nebbia”. Se vuoi mangiarti la pista devi vedere dove vai!
Non credi che da questo punto di vista Sofia sia paragonabile a Marquez in qualche modo? La loro furia agonistica li ha portati - o potrebbe averli portati - a sacrificare traguardi più importanti, come un’Olimpiade o un nuovo mondiale.
Da atleta tu sei sempre portato a dare il massimo. Alle Olimpiadi ci inizi a pensare soltanto l’anno in cui si tengono. Magari, se sei un po’ anziano, ci pensi come obiettivo finale, come ho fatto io quando volevo concludere la mia carriera e mi sono ripromesso di farlo nell’anno delle Olimpiadi di Torino, a 36 anni e mezzo. Magari quello è un obiettivo un po’ più a lungo termine e a quel punto ci pensi, lo tieni in considerazione. Però le Olimpiadi le inizi a preparare a pochi mesi dal via, cercando di arrivare al top della forma a febbraio, nel periodo in cui si tengono. Ma quando inizi la stagione, hai solo fame di successo ed è giusto che sia così. Ci sono tanti giochi in ballo, c’è la Coppa del Mondo, le gare singole, il denaro. Lo sport è fatto per arrivare davanti al tuo avversario. Il punto è non oltrepassare il limite. Sofia, come Marquez, deve soltanto imparare a non superare quella linea, a non lasciare che la sua aggressività prenda il sopravvento.
Hai sentito il casino che è venuto fuori per le dichiarazioni sul Covid di Melandri?
Me l’hanno detto. Anche su di me sono stati fatti dei titoli: “Djokovic, Ghedina e Melandri gli sportivi che danno il cattivo esempio”… Robe così.
Ma infatti, chiariamo sta cosa. Tu sei contro i vaccini?
La cosa è nata così: a settembre, mi pare, mi hanno invitato ad Agorà, su Rai 3, e mi hanno chiesto se fossi vaccinato. Io all’epoca non lo ero ancora! Non che sia contro le medicine o contro i vaccini. Anzi - come ho spiegato - se non fosse per le medicine probabilmente non sarei qui, visto il tempo che ho passato in terapia intensiva dopo il mio incidente d’auto del 1991. Sono soltanto convinto che il corpo umano sia una macchina perfetta, con una grande capacità di auto-compensazione e tendo ad assumere in generale meno farmaci possibile. Ad ogni modo, sembrava finita lì, mi hanno un po’ criticato, forse qualcuno ha scritto qualcosa, ma non lo so, non sono andato a vedere. A dicembre, poi, mi hanno invitato di nuovo ed è tornato fuori l’argomento…
E quindi come è finita?
È finita che ho il Covid anche io! L’ho scoperto sabato scorso!
Ma come? Ti sei contagiato apposta anche tu?
No no, figurati, so che adesso fanno quelle cose lì. Ma io non so come me lo sono preso, anche perché alla fine avevo fatto pure io le prime due dosi: una il 9 dicembre e una il 10 gennaio.
Ah, alla fine l’hai fatto quindi il vaccino!
Sì l’ho fatto perché ti mettono davanti a due opzioni: puoi farlo o non farlo, ma se non lo fai devi stare chiuso in casa e non puoi fare niente, capito? Allora io dico: rendilo obbligatorio a sto punto, no? Anche perché io ci ho pure perso dei soldi. Non potevo andare agli eventi, non potevo partecipare a nessuna cena di lavoro, e così alla fine non ho potuto fare a meno di farlo.
Ma stai bene? Hai sintomi?
No, no, sto bene. Avevo un po’ di mal di gola da qualche giorno ma non me ne sono preoccupato perché tre giorni prima ero andato a caricare un camion in maglietta e ho preso freddo. C’era vento e ho detto “sono un coglione, sono come i bambini piccoli, cacchio, che quando fa freddo e gli dici ‘mettiti la maglia, copriti’ ma loro non lo fanno”. Però a parte questo non ho niente. Se mi fosse capitato 3 anni fa non ci avrei neanche fatto caso.
Magari stai così anche perché ti sei vaccinato, c’è da dire anche questo.
Sì, sì, ma di fatti va bene così. Per fortuna ho fatto il tampone, altrimenti ero una mina vagante che lo trasmetteva senza saperlo.
Cosa ne pensi di queste Olimpiadi invernali a Pechino?
Mah, in questi giorni stavo guardando un po’ il programma… le gare saranno alle 3-4 del mattino per noi. Probabilmente saranno organizzate benissimo e capisco che sia giusto dare visibilità anche a tutto l’Oriente, però è un po’ più difficile “sentire” un evento del genere in un luogo come Pechino.
Manca un po’ la tradizione, dici?
Sì esatto bravo, manca un po’ la tradizione. Poi le Olimpiadi sono state fatte anche in Giappone, a Sapporo, a Nagano, ne sono già state fatte in Oriente, no? Però insomma è come andare in baita a Cortina… e mangiarsi gli spaghetti allo scoglio!
Beh scusa mi fai venire in mente che c’è un noto rifugio nelle Dolomiti che è specializzato proprio in pesce! Non glielo portano ogni mattina in elicottero? Roba che Greta se lo sa si dà fuoco…
Sì, sì, il Comici! È vero qualcuno si specializza e va bene, tanto di cappello, però insomma uno che va in montagna e vuole vivere la montagna a pieno cerca altro, no?
L’Italia dello sci come la vedi?
In generale sono fiducioso, l’Italia è bella, hanno dimostrato che il potenziale c’è, soprattutto nel femminile, un po’ meno nel maschile. Ci sono gli elementi per portare a casa le medaglie, però, sai, le Olimpiadi sono una gara secca e le variabili da considerare sono moltissime, a partire dalla testa. In questo senso, forse, il periodo che abbiamo appena passato può essere un bello stimolo per i nostri atleti.
Il ritiro di Valentino Rossi è paragonabile a quello di Alberto Tomba?
Ma sicuro! Io metto insieme a loro anche Panatta con il tennis, no? Quanta gente si è appassionata a questi sport grazie a loro? E infatti io sono convinto che il motomondiale, quest’anno, ne risentirà, anche se ci sono grandi piloti come Marquez, o Bagnaia che ha dimostrato di essere sempre veloce e preciso. Lo sport ha bisogno di personaggi come Valentino, di gente che sappia uscire dal proprio ambito per raggiungere la gente.
Quest’estate abbiamo seguito Alberto Naska in una gara con le Legends Cars, a Castelletto di Branduzzo, in cui eri presente anche tu. All’epoca ci sono state molte polemiche perché uno dei concorrenti lo ha spinto ripetutamente fuori pista di proposito. Che ne pensi di questo tipo di episodi che sembrano vederlo coinvolto sempre più spesso?
Secondo me Alberto merita tanto di cappello, per tutto quello che è riuscito a costruire con il suo percorso. Poi, sai, la gente è cattiva e invidiosa. Io le sento le chiacchiere, magari nei paddock: la gente, come mi dici tu, sostiene si sia montato la testa. Ma, al di là del fatto che non è vero, credo che se anche lo fosse, in una certa misura sarebbe comunque lecito. Alla fine, se tu inizi a correre molto tardi e riesci a farlo in diversi campionati, senza tirare fuori una lira, e fai anche buoni risultati… E poi Alberto si fa un mazzo enorme. Io l’ho visto su certi circuiti avere 3-4 gare nello stesso week-end. Smontava da una macchina e aveva i meccanici che lo aspettavano con un’altra… Alberto è bravo a fare quello che fa e a sfruttare la sua cultura del mondo motoristico. Il resto sono solo discorsi da bar.
Correrai quest’anno con le Legends?
Sto valutando! Quest’anno, proprio grazie a Naska, c’è stata un sacco di gente che si è appassionata. Hanno venduto un sacco di macchine, c’è stata una richiesta incredibile di vetture, di gente che ha seguito i suoi tutorial/video su YouTube e che si è appassionata. Adriano Monti ha venduto un sacco di auto e quindi il campionato sarà veramente bello. È una macchina performante! Io ho avuto la fortuna di guidare diverse auto da corsa in vita mia, in diversi campionati, e questa ti dà una gran bella emozione, pur non avendo costi esorbitanti. Conta che io ho corso per 5 anni nel campionato Superstars, e lì, per farlo al livello di professionisti come Morbidelli o Liuzzi , ti ci volevano almeno 300.000/350.000 euro per 7-8 gare. Con la Legends, con 20.000 euro fai il campionato. Però, ti dicevo, sto valutando perché quest’anno correrò nel mondiale Off-shore con Giampaolo Montavoci. È molto forte, io sarò alla guida e lui sarà alle manette. La prima gara sul Po’, la Pavia-Venezia, 413 km di gara con questo motoscafo che va a 200 km/h. Quindi darò priorità alla nautica, ma so che Adriano Monti ha sempre una macchina per me e stiamo valutando se farlo o non farlo, sto cercando di capire se ci sono degli sponsor per pagare le spese insomma.
Ho detto ai nostri lettori tramite social che ti avrei telefonato e gli ho chiesto se avessero qualche domanda farti. Mi hanno detto di chiederti una cosa super tecnica! Ovvero: cosa ne pensi della tracciatura di quest’anno dell’Hausbergkante, uno dei muri della Streif, la mitica pista (da sci) di Kitzbuehel?
In realtà ho visto solo di sfuggita la gara e ho soltanto intravisto questa tracciatura diversa dal solito - nello stesso punto, tra l’altro, in cui io sono caduto (una delle poche cadute che ho fatto in vita mia con gli sci). In quel punto lì, fino all’anno scorso, c’erano due scuole di pensiero e si riteneva fosse possibile passare in due punti molto distanti, sostanzialmente a parità di velocità. Una differenza di linea pazzesca, una quindicina di metri di distanza dall’altra. Quest’anno hanno messo questa porta che mi pare sia servita a obbligarli a fare una linea sola, in nome della sicurezza. In questa maniera perdevano un po’ di velocità in vista del salto finale, dove ogni anno cadevano almeno due o tre persone. Probabilmente se fossi stato lì avrei criticato questa cosa.
Giusto spingere nella direzione della sicurezza?
La discesa libera è pericolosa, devi sapere che il 90% delle volte che cadi, ti fai male. Però se metti i tracciati troppo in sicurezza, se trasformi la discesa libera in un Super G, finisce che stravolgi la disciplina. Non dico tu debba mandare giù gli atleti come dei kamikaze, ma penso, ad esempio, ai salti… Ormai sono tutti smorzati, perché si ha sempre paura che gli atleti si facciano male. Negli anni in cui ho seguito Ivica Kostelić come coach, giravo per la Coppa del Mondo e vedevo un sacco di atleti che avevano proprio paura dei salti. Ormai non sono più abituati!
Sulla pista del mondiale di Cortina c’è un salto che si chiama Ghedina…
Quando mi hanno chiesto se mi sarebbe piaciuto gli ho detto: “ok, facciamolo, ma solo se è lungo almeno 60 metri!” (ride, nda).
Ti hanno ascoltato?
Purtroppo no. E, infatti, me l’hanno detto in tanti: “Kristian io farei togliere il tuo nome dal salto!”. Io l’ho fatto da apripista e forse si poteva fare qualcosa di meglio. Ma all’epoca non c’era un’idea precisa su come tracciarlo e hanno deciso di preferire la sicurezza allo spettacolo.