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L'addio al calcio di Florenzi è commovente. Una pedata al pallone dei potenti: ricordatevi che è solo un... gioco

  • di Angela Russo Angela Russo

  • Foto ANSA

27 agosto 2025

L'addio al calcio di Florenzi è commovente. Una pedata al pallone dei potenti: ricordatevi che è solo un... gioco
Alessandro Florenzi dice basta: a 34 anni si ritira dal calcio dopo l’ultimo infortunio. Dalla Roma al Milan, passando per PSG, Valencia e l’Europeo 2021: cuore, sudore e un addio che sa di romanticismo calcistico

Foto ANSA

di Angela Russo Angela Russo

Alessandro Florenzi ha detto basta. A 34 anni, dopo l’ennesimo infortunio che non gli ha lasciato margini, ha scelto di mettere un punto. Lo ha fatto a modo suo, con un video girato sul campo dedicato a Francesco Valdiserri - un gesto che è già tutto un manifesto: cuore, memoria e appartenenza. Non è uno qualsiasi che lascia. Florenzi è stato tante cose, spesso contemporaneamente: il capitano mancato della Roma, il soldato di mille battaglie, il giocatore che piangeva sotto la Sud dopo un gol, ma anche l’esterno che ha fatto esperienza in giro per l’Europa tra PSG e Valencia. Con il Milan si è tolto la soddisfazione di alzare uno scudetto e una Supercoppa, ma soprattutto rimane uno degli eroi dell’Europeo 2021: quella notte a Wembley, insieme a Chiellini, Donnarumma e compagni, ha inciso il suo nome nella memoria collettiva. Più di 200 presenze in giallorosso, un rapporto con la città complicato e bellissimo allo stesso tempo. Amato, discusso, rivalutato, sempre lì a dare tutto. Non un fuoriclasse da poster, ma uno che in campo ci metteva la faccia - e quando cadeva, si rialzava. Il suo addio lo ha affidato ai social con una lettera che suona come un dialogo intimo: “Grazie di tutto, amico mio”. Il calcio come un compagno di vita, non solo come lavoro. Ci ha infilato dentro ringraziamenti a tifosi, compagni, allenatori, a chi gli ha creduto quando era “un piccoletto in mezzo al campo 17 anni fa”. Un testamento calcistico, sincero.

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E ricorda ai ragazzi che alla fine è solo un gioco: "È stato bello, anzi, bellissimo. Dai campetti dietro ai container al debutto all'Olimpico. Dalla Scala a Wembley. Sei stato - dice al calcio - la mia sfida più grande. Mi ha fatto andare oltre i miei limiti. Mi ha insegnato la resilienza, la forza di volontà e la capacità di non arrendersi mai. Mi hai dato gioie inimmaginabili e dolori che ogni tanto mi ricordano quanto, oltre che meraviglioso, sai essere duro. Io ti ho dato tutto ciò che avevo e potevo. A tutti voi giovani che volete far diventare il calcio il vostro lavoro, quando entrate dentro al rettangolo verde, ricordatevi che alla fine è solo un gioco. Giocate e date tutto come se fosse l'ultima partita. E giocate sempre per lo stemma che portate davanti, non per il nome che portate dietro. Quello arriverà di conseguenza. Grazie di tutto, amico mio. E a presto". Florenzi oggi è svincolato, avrebbe potuto continuare con altre maglie, altre piazze. Ha scelto invece di fermarsi qui. Una decisione che sa di lucidità e dignità, qualità rare in un mondo dove molti allungano la carriera fino a sfiorare la caricatura. Con lui se ne va un pezzo di quel calcio che ancor a parlava la lingua della gente, dei quartieri, della tribuna che ti fischia ma poi ti abbraccia. Uno di quelli che non hanno mai dimenticato di essere tifosi prima ancora che professionisti. Alessandro Florenzi smette di giocare. Non smette di essere calcio.

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