Sull’egualitarismo si può anche discutere. Ma l’egualitarismo risentito è da evitare sempre. Viene da dirlo leggendo le ultime sulla Superbike dopo il week end stradominato da Nicolò Bulega. Non da Ducati, ma da Nicolò Bulega. Perché questa precisazione? Perché è di oggi la voce secondo cui i grandi capi della Superbike starebbero valutando di limitare (ulteriormente) le prestazioni della Panigale V4 in nome, appunto, di una equità che odora tanto di egualitarismo risentito.

Toprak Razgatlioglu a Cremona s’è lamentato ancora, parlando di cambio di regolamento a meno di un mese dal via della stagione per giustificare una paga presa senza appello tra le curve strette del circuito italiano. E’ vero che il turco, proprio a inizio stagione, s’è ritrovato su una BMW con un telaio diverso da quello con cui era stata pensata, ma è altrettanto vero che quel telaio, ora che BMW non gode più delle superconcessioni, poteva non essere approvato. Cambiare il regolamento è un’altra cosa e raccontarla così ha poco a che fare con lo sport. Figuriamoci con la sportività. Soprattutto dopo aver vinto un titolo mondiale, nel 2021, “sfruttando” i giri motore tolti alla Kawasaki, allora dominatrice della SBK, e averne vinto un altro, nel 2024, beneficiando di concessioni legittime, ma oggettivamente vantaggiose, mentre il rivale di sempre, Alvaro Bautista, s’è ritrovato con sei chilogrammi in più da portarsi a spasso sui circuiti di mezzo mondo.

C'è un tempo negato e uno segreto
Certe dichiarazioni non sono da Toprak – o sono comunque molto distanti dal campione che ci ha abituati a vedere – e viene da chiedersi se il nervosismo (notato anche da alcuni suoi colleghi) possa essere riconducibile più al rincorrersi di notizie di mercato che lo vedono in bilico tra offerte di ingaggi faraonici e avventure (più o meno concrete) in MotoGP. Sì, la MotoGP è ciò che Toprak vuole e il turco è consapevole che quest’anno, proprio quest’anno, sarebbe stato fondamentale per lui dominare come è riuscito a fare in passato, proprio per dimostrare di meritare il grande salto anche comincia a avere un’età in cui di carriera ne resta relativamente poca. Invece in pista ci sono pure gli avversari questa volta. Anzi, ce ne è uno e guida una Ducati: Nicolò Bulega. L’italiano è in uno stato di grazia totale e sembra riuscirgli tutto davvero. Eppure ci si continua a chiedere se è il caso o no di limitare le Ducati. Quale Ducati? Tutte quelle che costantemente arrivano dietro alla BMW di Toprak Razgatlioglu o solo quella del pilota che costantemente gli arriva davanti? Occhio, perché perseguire non sarà mai anagramma di perseguitare. E se cercare un equilibrio è giusto e sacrosanto, forzare un equilibrio è antisportivo. Persino in una Superbike in cui le regole si scrivono a matita e quello che vale oggi non vale più domani.
Occhio, però, perché forse è esattamente questo il punto: l’equilibrio si persegue con regole semplici, ma chiarissime. Mentre le regole ad personam, o “fino a regola contraria”, valgono solo a alimentare prese di distanza. Soprattutto tra gli appassionati che dopo anni di freddezza totale sembrano essere tornati a innamorarsi del mondiale delle derivate di serie (quasi 50000 presenze a Cremona sono un patrimonio da non sperperare). Perché mettere mano in corsa, di nuovo, alle regole della Superbike in nome dello spettacolo - che tra l’altro c’è lo stesso – è il modo per generare disincanto. E per confermare quello che in molti - compreso chi non ci penserebbe un secondo a tornare in un'altra Superbike rispetto a questa - sostengono: così è solo la SeriB della MotoGP sostengo Discorso diverso – e da fare seriamente prima possibile –invece, potrebbe essere quello di fermarsi un attimo e chiedersi una volta per tutte cosa è e cosa dovrebbe essere la Superbike. Un mondiale per derivate di serie? Bene, ma allora si abbia il coraggio di pretendere che si corra davvero con moto di serie a cui sono stati tolti solo specchietti, targa e fanali (anzi no, i fanali no perché qualche gara di notte sarebbe un gran gusto). E’ così, magari prevedendo un tetto di spesa per gli interventi sulle moto o magari un tetto massimo di costo delle moto stesse, che si garantirebbe equilibrio in partenza, senza lasciar passare il messaggio di voler “aggiustare” le cose in nome di una equa competizione che, invece, è andata a farsi benedire già dal giorno successivo in cui s’è snaturata in nome del denaro l’essenza stessa della SBK.
