“Aspetta, bevo un sorso d’acqua e ci sono per l’intervista”. Massimo Rivola ha la faccia di un ragazzino che s’è appena divertito col giocattolo più pazzesco del mondo, ma che ha pure dato fondo a ogni riserva di energia. In effetti è appena sceso dalla sua Aprilia RS660 Extrema col 71 sul cupolino (il suo anno di nascita) dopo un intero turno in pista a Misano con gente come Jorge Lorenzo, Marco Lucchinelli e un’altra decina di ex piloti e amatori con il polso destro ancora bello vivace. Ha ancora su la tuta personalizzata con il solito 71, il casco in mano e dalla sua moto arriva un caldo pazzesco come se non bastasse già quello di una giornata di luglio torrida. Torrida, ma anche speciale, con Rivola che è stato tra gli ospiti del ProDay 2024 al Marco Simoncelli World Circuit
Stanco?
Sì, ma tornerei dentro a stancarmi ancora di più anche tra due minuti. Fosse sempre questo il modo di stancarsi. E poi, anche se ora dirai che sono sicuramente di parte, questa moto è pazzesca pure per divertirsi in pista: qualche settimana fa proprio qui a Misano abbiamo organizzato l’Aprilia All Stars e i piloti veri con questa stessa moto hanno fatto tempi pazzeschi
Invece il tempo di Massimo Rivola?
Non lo so e nemmeno mi interessa. Mi sono divertito da matti e è tutto quello che conta. Devo ringraziare Graziano Milone, che è un amico, per questa giornata. Bella davvero
Una giornata di motori termici e elettrici e che propone insieme due mondi che invece sono quasi sempre stati visti in contrapposizione, come alternativa l’uno dell’altro. L’elettrico è il futuro?
No, l’elettrico non è il futuro. Ma anche l’elettrico è il futuro. E’ esattamente lo spirito di questa giornata: spiegare che i due mondi possono tranquillamente convivere. E’ chiaro che se parliamo di racing e sport non possiamo pensare che l’elettrico soppianterà il termico, ma se parliamo di mobilità urbana e spostamenti di un certo tipo, allora l’elettrico è sicuramente migliore del termico. Bisogna integrarsi e convivere, anche completarsi un po’ come oggi qui a Misano.
Hai tessuto le lodi dell’Aprilia RS660, ma a Noale, da poco tempo, avete sfornato un’altra piccola sportiva terribile: l’RS457. Visto che il mercato piloti di Aprilia è sistemato e che le regole della Superbike non permettono, per adesso, un ritorno in pista del marchio, c’è la possibilità, ora che c’è questo motore piccolino, di rivedere l’Aprilia in Moto3?
Sarò sincero: non sono un grande estimatore della Moto3. E’ una categoria rimasta un po’ troppo indietro e che ha costi spropositati in un momento storico in cui il motorsport ha bisogno da matti di essere affordable. Tra l’altro, per come sono fatte le Moto3, si crea un vantaggio incredibile per quei piloti che hanno un certo tipo di fisico. E’ vero che nelle corse è stato sempre così e è ancora così, con chi pesa poco e non è altissimo che è avvantaggiato, ma in Moto3 è troppo. Direi che quella è una categoria da rivedere. Quindi, tornando alla domanda, no, Aprilia per adesso non guarderà in quella direzione. Anche se è un po’ un peccato, perché credo che in Italia ci sia tremendamente bisogno di riavvicinare i giovani al motorsport. Di passione in giro ce ne è tanta, ma i costi sono proibitivi.
Come dovrebbe essere la categoria d’ingresso al Motomondiale?
Va be’, adesso sarò di parte, ma mi viene in mente la nostra Aprilia RS660. E’ una moto che abbiamo voluto fortemente proprio perché ripropone in chiave moderna quel concetto di moto divertente e agilissima che è stata, ad esempio, la RS250 con cui sono cresciute generazioni e generazioni di appassionati. C’è bisogno non di far crescere gli appassionati, perché di passione ce ne è ancora tantissima, ma di mettere gli appassionati nelle condizioni di assecondare questa passione. Vale per il mercato, vale per le corse. Ecco perché dico che la Moto3 così come è non ha senso, perché sono piccole MotoGP, con tutto quello che può significare in termini di costi, e che tra l’altro fanno una selezione che non sempre è corretta.
Quando si dice che mancano gli appassionati, però forse si fa riferimento ai giovanissimi…
Se i nostri figli non si appassionano, forse siamo noi che sbagliamo qualcosa. O magari non li facciamo appassionare perché sappiamo quanto costa il motorsport anche tra i piccolissimi. Io li vedo i bambini in giro e vedo gli occhi di tanti di loro ogni volta che passa una moto o si accende una moto. Lo ripeto: secondo me la passione c’è, ma è tutto quello che dovrebbe stare intorno alla passione che manca. Sono convinto che se si tornasse un po’ anche allo spirito delle minimoto dei primissimi anni e si facessero provare i ragazzini in occasioni organizzate, su dieci che provano almeno cinque chiederebbero di poterlo fare ancora. Abbiamo riempito il percorso di ostacoli e alla fine la passione ne esce scoraggiata. Non mi riferisco solo al racing
Cioè?
Mille patenti da prendere, mille paletti di ogni tipo. C’è mio figlio che ogni due anni mi prende una patente e capisco che non tutti possono permetterselo. Poi c’è pure la paura di noi genitori, che magari siamo legati al concetto che la moto è pericolosa e poi, però, li lasciamo stare sempre con lo smartphone in mano come se non fosse altrettanto pericoloso. Ma di voglia di moto ce ne è a non finire. Basta pensare a quello che è successo subito dopo il Covid: impennata incredibile di vendite di moto. Sai cosa significa? Significa che la gente associa la moto alla libertà e che, finito quel periodo di restrizioni, il primo pensiero di tantissimi è stato: ‘ok, ora vado a comprarmi una moto’.
Tornando al racing, però, al di là di colpe o non colpe, passione o non passione, la verità è che, tolto Bezzecchi che ora è già di Aprilia, se guardiamo ai giovanissimi il motociclismo italiano non ha promesse…
La colpa mica è dei giovani, appunto. La colpa è dei grandi che non hanno saputo creare il terreno giusto per far crescere i ragazzi come magari succede in Spagna. Bisogna avere l’onesta di dire che se ci sono oggi dei grandi campioni in Italia, a partire da Pecco e finendo, speriamo, con Marco Bezzecchi, un grande grazie bisogna dirlo a Valentino Rossi e alla sua VR46. L’Academy è formativa e spero che a Tavullia continuino.
Aprilia potrebbe pensare a quel tipo di modello per creare una cantera, magari ispirandosi un po’ anche a KTM?
Con me sfondi una porta aperta. Quando ero in Ferrari mi occupavo in prima persona dei giovanissimi e è con i giovanissimi che mi piace lavorare. Leclerc e altri sono passati da me, ma per fare un lavoro di quel tipo c’è bisogno di mettere tanti, tanti tasselli al loro posto. KTM, ad esempio, sta investendo cifre astronomiche anche grazie a RedBull, stanno facendo un gran lavoro, ma strutture così devono essere sostenute in maniera molto impegnativa non solo da un punto di vista economico. Sicuramente è qualcosa che sul periodo poi paga e penso che Pedro Acosta ne sia la prova. Mi dispiace che sia da loro, ma se lo sono meritato. Però noi in Aprilia l’idea di fare qualcosa con le motine, magari le Ohvale, oppure la RS457 da mettere in Coppa Italia ce l’abbiamo e stiamo lavorando. C’è un po’ da capire anche con la Federazione, ma l’obiettivo è quello di portare più ragazzini possibili in pista senza svenare i loro genitori.
In Aprilia di progetti con i giovani “non piloti” ce ne sono comunque molti?
Da quando sono arrivato in Aprilia ho sempre puntato molto su questo. Abbiamo delle collaborazioni con le università, in particolare con il Politecnico di Padova e ci sono dei ragazzi appassionatissimi. Ma appassionati in quel modo lì che quasi ti commuove e non è che tutti vogliono fare i piloti. Appunto torno a dire che di ‘voglia di moto’ ce ne è tanta. Solo che, appunto, se per tecnici, meccanici ecc è tutto un po’ più semplice, perché basta stringere alleanze con il mondo della formazione, nel caso dei piloti la situazione è più complessa perché il motorsport è troppo costoso. E’ vero che ogni sport quando il livello diventa alto è costoso, ma il motorsport è troppo costoso anche a livelli non alti e questo poi scoraggia troppi appassionati.
Anche la nuova categoria della Superbike, che sostituirà la 300, è un po’ in questa ottica?
Quella categoria è stata fortemente voluta da Massimo Rivola. Puoi tranquillamente scriverlo. C’è di mezzo anche una promessa fatta a Maverick Vinales dopo la tragedia di suo cugino. La 300 era totalmente sbagliata. Se guidi quelle moto là e guidi, ad esempio, una RS457, sono due mondi totalmente diversi. Con quelle moto tutti i ragazzi si trovavano al 100% alla prima curva, solo che poi l’incidente diventava inevitabile. Le categorie piccole devono insegnare qualcosa, non mettere in pericolo più di quanto questo sport sia già pericoloso. Penso che la nuova categoria vedrà certamente Aprilia protagonista. Nel percorso tra la Sportbike e la Superbike forse manca una categoria nel mezzo.
A proposito di Superbike, Aprilia tornerà?
No, fino a quando il regolamento rimane questo. Così è un regolamento stupido e il campionato delle derivate di serie va fatto con le derivate di serie. Con tutto il rispetto: non ci interessa entrare in un mondiale per prototipi di serie b. Spero che le cose cambino.
Cambieranno dal 2027 da quello che si dice…
Lo spero. Ci sarà bisogno di riequilibrare un po’ tutto con il nuovo regolamento della MotoGP e quindi è probabile che saranno riviste anche le regole della SBK. In quel caso se riterremo che la direzione presa sarà quella giusta, potremo pensare di doppiare gli sforzi e esserci di nuovo.
Al Mugello abbiamo intervistato Paolo Bonora e, proprio parlando di nuovo regolamento della MotoGP e sforzi da raddoppiare, ci ha detto che in Aprilia si sta cominciando a pensare già alla moto del 2027. Come sta andando il lavoro?
Il lavoro, per adesso, consiste nello strutturarsi. Da qui al 2027 ci sono ancora due stagioni e mezza e è chiaro che non possiamo abbandonare totalmente il progetto attuale e concentrarci sul prototipo del 2027. Quindi in questo senso sì, abbiamo raddoppiato gli sforzi perché una parte del lavoro riguarda lo sviluppo della moto con cui correremo in MotoGP fino al 2027 e un’altra parte del lavoro riguarda la creazione della moto con cui correremo dal 2027. E’ una gran bella sfida, molto impegnativa e sicuramente non banale anche da un punto di vista economico, ma Aprilia saprà farsi trovare pronta. Aprilia ha sempre dimostrato che le moto le sa fare e ultimamente pure che sa farle vincere.
Cosa manca per mettere le mani sul grande sogno?
Piccoli dettagli. Perché se andiamo a stringere siamo sempre lì: a livello di performance ci siamo sempre, costantemente nelle prime due file e tra i primi. Manca di sicuro qualcosa nelle gare lunghe della domenica e dobbiamo capire come migliorare. Ma è un lavoro lungo e qui torno a rompere le scatole sul fatto di avere otto moto in pista oppure no: è un vantaggio enorme perchè un conto è avere tra le mani i dati di otto moto, un altro conto è avere quelli di due o quattro moto.
Dall’anno prossimo, però, le Ducati saranno sei…
Io spero che con l’arrivo di Liberty Media si riesca a fare le cose come andrebbero fatte: cioè un team satellite per ogni costruttore.