Gli chiedono sempre di Pedro Acosta. E lui, Marc Marquez da Cervera, ogni volta prova a rispondere allo stesso moto: sono pronto a subire “il sorpasso”. Lo ha fatto in qualche modo anche questa volta, rispondendo alle domande di SpeedWeek e spiegando che nelle corse, come in qualsiasi altro settore della vita, ci sono cicli che si aprono e si chiudono e che ogni ciclo avrà sempre un suo dominatore. In MotoGP Marc Marquez, però, ha dominato sin da quando ci ha messo per la prima volta gli stivali, nel 2013, ma l’otto volte campione del mondo sembra voler ammettere che in quella stagione d’esordio c’è stata anche molta fortuna a aiutarlo.
“Quando io sono arrivato in MotoGP non ero migliore di Valentino Rossi o Jorge Lorenzo – ha ammesso – quell’anno è andata bene perché le circostanze hanno aiutato”. Un modo per dire che in quel 2013 si sono allineate le stelle e che nessun pilota, appena arriva in MotoGP, è più forte dei campioni che ci sono già. Semplicemente ci sono cicli che si aprono e si chiudono e Marc Marquez in questo esatto momento si sta chiedendo se è ancora la sua era. E’ per rispondere prima di tutto a questo che ha voluto a tutti i costi una Ducati prima e una Ducati ufficiale per i prossimi due anni. “Quando arrivi a 20 anni ti fidi solo del tuo istinto naturale – ha spiegato - lotti contro i grandi nomi e non hai nulla da perdere. Poi le cose cambiano”.
Per lui sono cambiate in particolare dopo il 2020 e quell’incidente a Jerez che ha aperto un vero e proprio calvario, interrompendo una serie di successi che avrebbe potuto permettergli oggi oggi di avvicinare il record di Giacomo Agostini o superare i nove titoli di Valentino Rossi. “Dopo il 2020 il mio approccio è completamente diverso – ha proseguito - Adesso capisco che la cosa normale non è essere il numero uno. La cosa normale è essere secondo, terzo, quarto, quinto o sesto, mentre chi vince è ‘quello speciale’. Di sicuro cercherò di essere ancora ‘speciale’ in futuro e è ciò per cui sto lavorando, ma dobbiamo aspettare il nostro momento".
Il momento potrebbe essere già il 2025, quando l’otto volte campione del mondo salirà sulla Desmosedici del Team Lenovo, anche se ci sarà ancora una volta da battagliare con i giovani sempre più agguerriti e che hanno lo stesso spirito che aveva lui nei suoi primi anni in master class. “Oggi i giovani piloti arrivano con un ritmo diverso, senza infortuni e con un istinto naturale – ha concluso - Quando seguo Acosta, Martin o anche Bagnaia, mi accorgo guidano con naturalezza. Capisco che c’è un processo naturale nella vita di ogni atleta: ognuno ha il suo momento. E quando arrivi in cima, devi lavorare sempre più duramente per rendere la discesa un po’ più agevole. Se ci riesci, hai una carriera più lunga davanti a te. Non so se per me questa discesa è già iniziata o se ci vorrà ancora un anno o magari due o tre. Lo sapremo tra circa cinque anni: di sicuro non è scontato che correrò per altri due anni e basta, magari continuerò anche dopo il 2027”.