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La buffa stranezza di Rafa Nadal dopo il ritiro ("Non riesco più a concentrarmi") e il terrore ripensando agli esordi: "Una soletta mi salvò la carriera, ma..."

  • di Tommaso Maresca Tommaso Maresca

6 aprile 2025

La buffa stranezza di Rafa Nadal dopo il ritiro ("Non riesco più a concentrarmi") e il terrore ripensando agli esordi: "Una soletta mi salvò la carriera, ma..."
L'aula magna di un'università di Madrid gremita di studenti che ascoltano uno "speech" di Rafa Nadal, tornato a parlare di se stesso, del tennis e di vita a quattro mesi dal ritiro. Il 22 volte campione Slam ha detto una cosa che mai ci saremmo aspettati di sentire da lui: ultimamente, quando si mette in competizione, soffre di un deficit di carica agonistica. Poi ha riavvolto il nastro di due partite epiche ("Per un 4% di probabilità di vittoria vale la pena lottare") e ricordato a tutti che le cose sarebbero potute andare in maniera molto più tragica: "A 19 anni diversi medici mi dissero che non avrei mai più potuto giocare a tennis"

di Tommaso Maresca Tommaso Maresca

Sono passati poco più di quattro mesi dal ritiro, dall'ultima partita ufficiale giocata da Rafa Nadal. Final eight di Coppa Davis, Spagna vs Olanda in un martedì sera d'autunno, il palazzetto dello sport di Malaga senza un posto vuoto. Alla discesa in campo delle due compagini suona la Marcia Reale, che intonano tutti, in un climax di voci ed emozioni che diventa assordante per chi guarda da casa, paralizzante per un Carlos Alcaraz che con gli occhi sbarrati guarda dritto di fronte a sé, dirompente per Rafa, che contro ogni aspettativa scoppia in lacrime prima di giocare una partita di tennis. Davanti a sé ha il pericoloso Botic van de Zandschulp, che approfitterà della rapidissima superificie indoor andalusa per togliere tempo al 22 volte campione Slam, in difficoltà negli spostamenti di gambe e inviluppato nelle trame di una partita a tratti surreale, sospesa tra la sensazione diffusa ma silente di essere di fronte ai definitivi titoli di coda di una leggenda e il desiderio ancora vivo di vedere Carlos prendere per mano Rafa nel doppio e condurre la Spagna in fondo ad un torneo che sarebbe diventato epico. Invece la serata si arrotola su se stessa in maniera bizzarra: Nadal perde 6-4 6-4 da Botic, che tre mesi più tardi ad Indian Wells collezionerà anche lo scalpo di Djokovic, Alcaraz vince il singolare con Griekspoor ma esce sconfitto nel doppio in coppia con Granollers, costringendo Rafa ad abbandonare il tennis dalla panchina e gli organizzatori di Malaga ad improvvisare un tributo che avevano programmato per le serate successive. 

Oggi, dopo poche apparazioni pubbliche (salvo un'ospitata al podcast di Andy Roddick e un paio di esultanze tirate nell'aria del Bernabeu per i gol del Real) e qualche swing golfistico pubblicato sui social, Rafa è tornato a parlare di come sta vivendo il ritiro in un discorso pronunciato al cospetto degli studenti universitari della UAX di Madrid. L'ha fatto all'inizio in maniera autoironica: "Ho perso competitività e questo mi dà fastidio. Vado a giocare a golf e non riesco a concentrarmi come prima, non capisco chi gioca senza un obiettivo, al di là del tenersi in forma”. Poi cercando di trasmettere uno dei valori cardine della sua storia: "Sono più un lottatore che un vincente, mi piace competere, lottare, più che vincere facilmente, la sfida. Dopo tanti anni, quando ti ritiri, c’è una fase in cui testa e corpo si fermano. Ma da qualche settimana mi sento più centrato. La verità è che il ritiro non mi ha fatto male, l’ho gestito bene. Non ho mai avuto un ego importante, non ho mai pensato troppo ai numeri. Sono soddisfatto perché so di aver dato tutto. Tornare a casa da un torneo con la sensazione di non aver fatto il massimo non era da me. Sono sempre tornato tranquillo, sapendo che più di così non potevo dare. Ciò che ti riempie è sapere di aver superato te stesso. Vincere o perdere sono cose che non controlli. Quello che si vede in campo è il riflesso di ciò che hai fatto per tutta la vita. Come in un esame, viene fuori quello che hai preparato”.

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Un post condiviso da Escuela Universitaria UAX Rafa Nadal (@rafanadaluax)

La leggenda di Manacor ha anche ripercorso quei momenti del 2005 in cui gli venne diagnosticata la malattia degenerativa di Muller-Weiss, che col tempo avrebbe potuto sgretolargli lo scafoide del piede sinistro: "Non c’era via d’uscita. Diversi medici mi dissero che non avrei mai più giocato. Avevo 19 anni… Alla fine, si trovò la soluzione spostando il punto d’appoggio con una soletta esagerata di 7 millimetri e una scarpa speciale per contenerla. Funzionò. Il piede si sistemò, ma si rovinò tutto il resto. Il corpo si è squilibrato”.

 

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Infine ha riavvolto il nastro di due partite indimenticabili. Il primo Slam vinto su erba, nella finale durata quasi otto ore (compresi gli stop per pioggia) e conclusasi all'imbrunire contro Federer: "È stata una delle partite più difficili della mia carriera per ciò che rappresentava. Era la mia terza finale a Wimbledon dopo aver perso nel 2006 e 2007. Avevo il dente avvelenato. Vincere mi ha dato fiducia, mi sono dimostrato che potevo vincere anche fuori dalla terra battuta”. E l'ultimo Major vinto sul cemento, nel 2022, in Australia, dopo essere stato sotto di due set ed un break contro Daniil Medvedev, al quale in quel momento i bookmakers attribuivano il 96% di probabilità di successo: "Pensavo che avrei perso. Ma era troppo importante non mollare. Ho sempre avuto un buon autocontrollo. Non sono mai stato frustrato in campo. Accettare ciò che succede ti permette di trovare soluzioni. Per quel 4% valeva la pena lottare. È sempre stato il mio punto di vista”.

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