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La caduta di Marc Marquez ci ricorda che i piloti sono eroi. E chi ci gode sui social deve farsi curare

  • di Cosimo Curatola Cosimo Curatola

1 maggio 2021

La caduta di Marc Marquez ci ricorda che i piloti sono eroi. E chi ci gode sui social deve farsi curare
Non salvano il mondo e guadagnano un sacco di soldi. Ma i piloti della MotoGP fanno un mestiere pericoloso, rischiano la vita per passione. E a modo loro sono degli eroi, cosa che dovremmo ricordarci un po’ più spesso quando li insultiamo dal divano di casa col telefono in mano e le dita unte di patatine

di Cosimo Curatola Cosimo Curatola

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Un post condiviso da Sky Sport MotoGP (@skysportmotogp)

Nel weekend dello ‘sciopero dei social’ da parte dei piloti di Formula 1, stufi di insulti e odiatori seriali, Marc Marquez è tornato a cadere per la prima volta da quando è salito di nuovo in moto. A Jerez, dove era cominciato il suo inferno. Una botta violentissima che ha scaraventato lui e la sua Honda nella via di fuga di curva 7: Marc si rialza con la tuta strappata sul braccio, fortunatamente il sinistro. E nonostante il dolore e la paura torna al motorhome, si leva la tuta e guida lo scooter fino alla clinica mobile. Quello che resta della moto nel frattempo viene tirato su dal carro attrezzi.

Prima o poi doveva succedere, specialmente se sei Marc Marquez e cerchi costantemente il limite, perché altrimenti tanto valeva restare a casa. Se guidi una MotoGP accetti il rischio che le cose possano anche andarti male. La televisione è quasi sempre intrattenimento e ci abitua a guardare degli esseri perfetti, degli attori stipendiati per divertirci. I piloti li vogliamo simpatici e velocissimi, oppure li vogliamo a casa loro. Ed è così per tutti: Marc Marquez vince troppo e si è messo contro Valentino e quindi viene insultato. A Rossi viene consigliato di andarsene perché è vecchio e pieno di soldi. A Maverick Vinales viene detto che è sopravvalutato, così come a Jack Miller e a gran parte degli altri. Tutto sui social dal divano di casa però, con l’unica certezza che una moto come quella ‘io la guidavo meglio’.

Visualizza questo post su Instagram

Un post condiviso da MotoGP (@motogp)

Ma fare il pilota in MotoGP è roba da eroi. Partono da bambini perché poi è troppo tardi, e lasciano la scuola da ragazzi mentre le famiglie si indebitano per l’amore di uno sport. I più bravi finiscono a rischiare la vita ogni domenica, gli altri si cercano un lavoro vero ricominciando da capo. È gente che crede alle corse, alla bellezza di una vittoria sopra a tutto il resto. Guadagnano un sacco di soldi, ma è impossibile odiarli per questo. Molti piloti poi sono arroganti, competitivi. Scendono in pista - tutti quanti - convinti di essere i migliori al mondo. Ma è anche vero che altrimenti non sarebbero lì.

Ora le moto sono cambiate, Dorna vuole lo spettacolo e i primi sette piloti alla fine delle FP3 sono in meno di un decimo, ci sono venti piloti in un secondo. Ecco perché se corri in MotoGP cominci a credere alla fortuna. Ma non si può dire che sia facile, su di un missile lanciato a 360 Km/h non c’è niente di facile.

Marc Marquez ha rischiato ancora perché è il suo mestiere, un mestiere che fa con una passione sconfinata perché potrebbe ritirarsi, lasciar perdere e godersi gli svariati milioni accumulati in questi anni di corse. Corre perché è la sua vita, anche se il rischio è sempre altissimo. Se questa è la gente che merita i vostri insulti e il vostro odio, vendete la moto e trovatevi un'altra cosa da fare. Datevi alla politica.

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