Quando è salito sulla Honda del Team Repsol per vincere a Jerez lo ha fatto da favorito al titolo mondiale, il sesto consecutivo. Gli è bastato arrivare troppo forte alla curva quattro, in una discesa che porta alla Sito Pons, per finire nella ghiaia a 200 Km/h. È il 9 maggio del 1999 quando Mick Doohan si rompe tibia, clavicola e polso decidendo poi di ritirarsi con cinque titoli mondiali consecutivi in sella alla Honda NSR. Lo stesso giorno, un Valentino Rossi appena ventenne festeggia la vittoria della 250 correndo in un bagno chimico per fare pipì.
L'anno successivo Rossi approda in 500 con due mondiali in tasca e la Honda, in segno di stima, gli concede l’ex capo tecnico di Doohan, Jeremy Burgess, nonostante l’esordio del pesarese avvenga in una squadra privata. Valentino ha poi vinto 5 titoli mondiali consecutivi, l'ultimo dell'era due tempi e quattro con la MotoGP.
Avanti veloce al 2010. Valentino ha vinto altri due mondiali (2008 e 2009) quando, durante un turno di prove al Mugello per il quarto GP della stagione, cade rovinosamente alla Casanova-Savelli rimediando una frattura scomposta di tibia e perone. Jorge Lorenzo, che spartiva il box con Rossi dal 2008, vince il primo titolo nella classe regina dominando il campionato. In seguito Rossi passa in Ducati e Stoner alla Honda, dove vince il suo secondo mondiale. Siamo nel 2011. Poi i problemi fisici, l'ansia e chissà che altro lo convincono al ritiro. È il maggio del 2012 e Casey non ha ancora compiuto 27 anni. Così Jorge Lorenzo vince un altro mondiale, il quarto della sua carriera, e la Honda mette sotto contratto Marc Marquez per il 2013.
Marc-entro, spacco, esco, ciao-Marquez di titoli, da quando corre nella classe regina, ne ha vinti sei, mancando l'appuntamento solo nel 2015, anno nel quale ha comunque trovato il modo per rendersi protagonista. Ma il primo, quello del 2013, è stato tutt'altro affare rispetto agli altri. Il mondiale è stato assegnato all'ultima gara, con Lorenzo e Pedrosa ad una manciata di punti dal Cabroncito. Il duello tra Marquez e Stoner, su cui le chiacchiere da bar non sono mai finite, non si è mai visto.
La verità è che per fare un fuoriclasse devi ammazzarne un altro. Come la storia del Papa, soltanto che nella MotoGP non aspettano che tu deponga. Ti vengono a prendere in casa nel tuo momento più buio e ti strappano lo scettro, come un film di mafia, e quando ti sei rimesso in piedi è già tempo di un altro. Perché non puoi passare davanti ad un fuoriclasse come Doohan o Rossi all'apice della propria carriera senza sbatterci la faccia. Devi aspettare il tuo momento con pazienza sapendo che magari non accadrà mai, ma che se sarai lì al momento giusto potresti anche essere il prossimo.
Questo non toglie nulla al talento straordinario dei piloti che, in questo quarto di secolo, hanno messo a ferro e fuoco la classe regina. Ma la testa, abbiamo imparato, è un fattore decisivo nelle caratteristiche di un vincente. Schierarsi in griglia senza il numero uno a fianco, senza il grande favorito, ti mette nella condizione di pensare che quel grande favorito potresti essere tu. Marquez ha vinto moltissimo e con tutte le probabilità tornerà a farlo. Ma non sarà più nel suo fortino a difendere il castello, dovrà attaccare. È un po’ come il RisiKo: se attacchi qualcuno a parità di carri, o sei molto fortunato o è piuttosto facile che le cose ti vadano male.
Con tutte le probabilità Marc di mezzi ne ha più di tutti gli altri anche adesso, anche con la sua cicatrice da cattivo dei fumetti. Però adesso Joan Mir e Fabio Quartararo sono lì, pronti a subentrare alla Casa Bianca della MotoGP mentre il suo inquilino abituale è dal fisioterapista.