Ok è lunedì e, come se non bastasse, è pure un lunedì di Italia in campo agli Europei di calcio, con la Nazionale che questa sera dovrà vedersela con la Croazia. Però d’Italia in campo ce ne è stata un’altra appena ieri, con Tony Cairoli e Ducati che hanno scritto una pagina di motorsport che sicuramente oggi finirà soffocata dal pallone, ma che andrebbe raccontata anche nelle scuole. Anzi, che andrebbe raccontata pure ai giocatori della Nazionale di calcio prima del fischio d’inizio, per ricordare una frase che Enrico Mattei diceva sempre, ma che vale pure per lo sport: il futuro è di chi sa immaginarlo.
Tony Cairoli l’ha immaginato e l’ha immaginato nella maniera totalmente opposta a quella della spocchia che potrebbe avere chi ha vinto tutto e per molti è il più grande di sempre. Divano e interviste sulla gloria? No. Ma fango e polvere! Ancora! Solo che con una moto che ha un nome che col fango e i salti ci fa a cazzotti e in un ruolo che di solito si riserva ai “piloti scarsi”: collaudatore. Ducati e Tony Cairoli si sono buttati in una avventura pazzesca elevando a valori “voglia di vincere e umiltà”, esattamente come forse dovrebbe fare ormai l’Italia del calcio. Prendendo atto, cioè, che puoi essere stato chiunque, puoi aver vinto la qualunque, ma è dal basso che si ricomincia. Ducati, ad esempio, ha ricominciato da un foglio bianco su cui poi sono finiti disegni e calcoli per costruire da zero una moto da offroad. Tony Cairoli, invece, sul foglio bianco c’ha immaginato una sfida che prevedeva, addirittura, lo stare dietro le quinte. S’è cucito addosso un marchio, s’è messo al manubrio di un progetto e, forse, pure a governare la voglia di esserci ancora e riprovarci.
Quella voglia l’ha governata per due anni, lavorando dietro, a stretto contatto con ingegneri e management di Borgo Panigale, ma pure con i ragazzi del team che nel frattempo muoveva i primi passi con la nuova moto nel Campionato Italiano. Come se Cristiano Ronaldo, adesso, ripartisse dalla Prima Categoria, sempre per restare nel paragone calcistico. Ma non per vincere facile, ma per dimostrare che il futuro bisogna prima immaginarlo e poi costruirlo, facendo tutti i passi che vanno fatti. Un altro passo di una storia che è appena nata ma è fantastica Tony Cairoli ha voluto farlo con le sue scarpe. Anzi, con i suoi stivali. Rimettendoli e buttandosi nella mischia, rischiando di fare la fine di quello battuto da quelli che un tempo gli chiedevano gli autografi.
Un rischio che pochi campioni si prenderebbero. Pochi, ma non Tony Cairoli, che sabato sulla acerba Ducati 450 c’è salito come un ragazzino qualsiasi e s’è presentato ai cancelli per dare manate di gas fino a passare davanti a tutti sotto la bandiera a scacchi in Gara1 a Ponte Egola. E poi giocandosela con il suo compagno di squadra e pilota titolare, Alessandro Lupino, in Gara2. Ritrovandosi a gioire con la stessa potenza di quando metteva in fila titoli mondiali su titoli mondiali, nonostante quel fango fosse quello del campionato italiano. Perché è fango da cui nascerà qualcosa che è già un mezzo capolavoro, dentro una fase nuova che probabilmente vale più di quella appena chiusa. Si chiama rimettersi in gioco, si chiama coraggio di provarci e forza di riuscirci. E è una lezione per tutti, non solo per l’Italia del calcio o dello sport in genere.