Quando si parla di odio online, la tendenza mediamente è quella di minimizzare. Come se le parole non facessero male, come se l'odio comunicato tramite i media online e i social fosse qualcosa che, in realtà, non potesse toccare nessuno. Quanti incontri, anche nelle scuole, che passano come acqua su un piano di marmo quando si parla di queste cose. In fondo, se uno attira tanto odio qualcosa avrà fatto, oppure: se fossi io a ricevere gli insulti me ne fregherei e via così. Minimizzando, facendo spallucce... ma non è così, e i numeri, oltre a dolorose vicende personali, sono lì a dimostrarlo. Parlando di sport (quelli motoristici sono rappresentati da FIM e FIA nel panel del barometro contro gli abusi online) il risultato è stato chiarissimo. Il 75% degli intervistati ha dichiarato che i concorrenti sono regolarmente soggetti a minacce di violenza contro di loro o contro le loro famiglie. Il 66% delle federazioni ritiene che le piattaforme di social media dovrebbero fare di più per combattere gli abusi online, e il 90% di loro teme che questo problema possa incoraggiare le star ad abbandonare lo sport. E se state pensando anche voi che sia un'esagerazione, beh, pensate anche all'idea che forse vi state sbagliando.
Ai numeri delle statistiche, infatti, fanno seguito tanti nomi di atleti e personaggi dello sport più o meno famosi che hanno subito una tale ondata di violenza da arrivare al ritiro: l'ex centrocampista dell'Inghilterra Eni Aluko, la tennista numero otto del mondo Daria Kasatkina, l'attaccante del Chelsea Lauren James e l'arbitro della Coppa del mondo di rugby Wayne Barnes, recentemente ritiratosi. E il mondo dei motori non è esente da questo problema, anche se pare che il mondo della moto sia meno colpito da questo fenomeno: dopo il picco di violenza verbale del 2015 ora le cose sembrano cambiate, sicuramente anche grazie alla diversa atmosfera che vivono i piloti.
Mohammed Ben Sulayem, presidente della FIA e socio fondatore dell'AUOA (United Against Online Abuse) ha sottolineato come "L'abuso online è un problema persistente nel mondo dello sport. Numerose federazioni internazionali hanno sollevato le loro preoccupazioni attraverso il nostro barometro e nelle discussioni che abbiamo avuto regolarmente dal lancio della campagna nel 2022. I risultati del sondaggio evidenziano l’importanza di unire gli sforzi per combattere la violenza online nel modo dello sport e non solo".
Anche Jorge Viegas, presidente della FIM (Federazione Internazionale del Motociclismo), ha dichiarato: "La FIM è orgogliosa di essere partner dell'AUOA e di partecipare a questa prima fase che ci permetterà di analizzare i risultati e saper proteggere meglio i nostri piloti e lo sport motociclistico in generale dagli abusi online. Grazie ai risultati dell’indagine possiamo ora cercare di concentrare i nostri sforzi sulla parte successiva di questo importante processo".
Già, il passo successivo: quali soluzioni si possono proporre? Quasi il 90% degli intervistati è convinto che sia necessario un maggior controllo da parte dei social media, sia obbligatoria che su base volontaria, mentre la coalizione di federazioni sportive unite da questo obiettivo si ritroveranno a Parigi a maggio per capire quali passi compiere. Ma è uno sforzo immane, soprattutto perché gli utenti si nascondono dietro l'anonimato e vivono una condizione di delirio di onnipotenza.
Se non altro ora se ne parla, è questo è sicuramente il primo passo, forse il secondo è portare maggior consapevolezza negli utenti, perché un conto è dire "cattiverie" mentre si è al bar con il gruppetto di amici, un conto è scriverlo su un social dove tutti lo possono leggere e nessuno sa se chi scrive è un folle, o semplicemente un "leone" da tastiera.