L’Italia non è un paese per giovani. Beh, questo già lo sapevamo. Lo dice anche Eurostat che siamo il paese più anziano d’Europa con una età media di 48,7 anni. Lo stesso succede nel calcio. In Italia piacciono i vecchi. Sarà così fino a quando tratteremo i talenti emergenti come ragazzini non pronti per giocare ai massimi livelli. Una storia che si ripete all’infinito. Però poi ci lamentiamo che siamo scarsi, che i vivai non producono più calciatori di valore.
Ogni giorno assistiamo a società che ci mettono di fronte scelte poco comprensibili tipo il Milan, che appoggia Francesco Camarda al Lecce al quale offre il diritto di riscatto a tre milioni, ma chiede il contro riscatto a quattro. Senza troppi lacci formali, in poche parole significa che il Milan, se vuole, a fine stagione se lo riprende. Però il Lecce incassa quattro milioni e segna una plusvalenza in bilancio. Roba da ragionieri.

Nella medesima sessione di mercato però, sempre i rossoneri, stanno per tesserare il quarantenne Luka Modric. Massimo rispetto per uno dei campioni più assoluti di questa generazione, plurivincente e Pallone d’oro. Ma qualcosa non quadra. Fuori un 2008 che tutti considerano il centravanti del futuro e dentro uno che è nato nel 1985. I più esperti ci dicono che probabilmente il ragazzo “non è pronto”, “deve fare minutaggio”, quindi nel Milan che, sulla carta, vuole competere per vincere il campionato, non c’è spazio. Ma perché? Vogliamo una risposta: Francesco Camarda, bomber classe 2008 che a livello giovanile ha battuto tutti i record possibili, è forte o no? Se è il talento che ha mostrato fino a oggi, perché non dargli fiducia?
In Europa vediamo sbocciare Yamal, Doue, Pedri, Rodrigo Mora nel Porto. Scopriamo che Kobbie Mainoo ha già 50 presenze nello United e in Argentina Echeverry e Mastantuono sono crack internazionli. In Italia, per gli italiani, è invece faticoso scendere in campo senza il pregiudizio. Assurdo.
Per fortuna l’inizio di questa calda state ci ha sbattuto in faccia la meraviglia di Pio Esposito. Dentro dal primo minuto nella partita più difficile del Mondiale per Club contro il River Plate, e subito decisivo. Gol, giocate da attaccante di primo livello, emozioni del bimbo diventato uomo con la maglia nerazzurra, e le vibrazioni del bomber che sa buttarla dentro. Il popolo interista è già pazzo di lui e l’Inter ha deciso di crederci. Ci voleva tanto? Pio ha la stoffa del centravanti vero e ora deve giocare. Senza la pressione di chi gli chiede tutto e subito e con la spavalderia della gioventù di oggi. Consapevoli che si può sbagliare e rialzarsi tante volte.
Perché, alla fine, ci perdiamo ogni giorno nelle analisi delle statistiche, negli algoritmi e affoghiamo negli schemi tattici, ma il calcio appassiona perché è arredato con i sogni. Sogni del giovane talento che vuole viverli e realizzarli in campo a suon di gol e dei tifosi nella continua ricerca di nuovi eroi. E che importa se Pio sarà il nuovo Boninsegna o il nuovo Vieri. Diamogli la possibilità di prendersi tutto e di diventare il nostro Esposito nazionale.
