La storia di Marc Marquez sta prendendo una direzione piuttosto buia in Germania, dove lo spagnolo è sempre stato un dominatore. Marc qui ha vinto da giovane, quando era inesperto, ci ha vinto in inferiorità tecnica, sotto la pioggia, col flag-to-flag e da grande favorito. È la sua pista insomma, la prima che incontra da quando si è operato al braccio per la quarta volta. Ora che Aragon è fuori dal calendario e che il GP delle Americhe ad Austin è passato senza che lui potesse partecipare, Marc sa di trovarsi davanti alla domanda definitiva: sei ancora in grado di vincere come una volta? Anzi, ancora peggio: sei ancora in condizioni di vincere? Il gradino più alto del podio gli manca dal 2021, a Misano. E, se alla vigilia del GP aveva messo le mani avanti, spiegando che “una vittoria al Sachsenring non cambia la situazione della Honda”, ora Marc sta scoprendo che è esattamente il contrario: non vincere qui, non imporsi sugli altri come ha fatto per una vita, fa tutta la differenza del mondo. Lui continua a provarci, usanndo la moto sua e se serve anche quella del compagno di squadra che è fuori per infortunio, con i meccanici che prelevano l’aletta destra dalla moto di Mir per metterla sulla sua durante le qualifiche. Sì, perché dopo il dramma del venerdì sul finire del secondo turno di prove, Marc cade tre volte anche durante le qualifiche. Quello che è peggio, almeno per lui, è rendersi conto che la fede non basta più, che crederci e fidarsi del talento non risolve il problema così come non lo risolve la testardaggine di chi si butta per terra finché non trova il limite.
Al Sachsenrring il weekend di Marc ha preso la stessa piega di uno di quei film di Martin Scorsese, una storia di mafia in cui ad un’ascesa senza precedenti corrisponde sempre una morte violenta o - nella migliore delle opzioni - trent’anni di carcere. A Marc non importa più di mostrarsi corretto, se ne ha bisogno segue la scia. E non gli importa più nemmeno di aiutare un altro pilota travolto dalla sua moto perché la priorità è sempre il tempo, il risultato, l’arrivo. Tra la sua gente più di qualcuno gli ha suggerito di ritirarsi, eppure lui è ancora lì a provarci come ha sempre fatto. Se il talento e la fede non bastano nemmeno nella sua pista però, gli è rimasta soltanto la possibilità di rinunciare: “Ho chiuso il gas”, sono state le sue parole dopo la sprint conclusa all’11° posto, da cui probabilmente sarebbe stato scalzato da Fabio Di Giannantonio se ci fossero stati un paio di giri in più. “Se lotti per il podio come è successo a Le Mans è giusto rischiare, ma se devi fare decimo non ne vale la pena”, ha aggiunto. Tradotto, fino a stamattina Marc era convinto di giocarsi qualcosa di importante e sarebbe stato disposto a qualunque cosa pur di riuscirci, sportellate e cadute incluse. A fermarlo non è stato il fatto di aver raccolto ghiaia per buona parte della giornata, è stata la convinzione di non poter trovare un buon risultato neanche così: se c'è una possibilità anche piccola di farcela, lui è disposto a giocarsi la vita per salire sul podio. Se è vero che correre in questo modo sa aiuta a vincere, è anche vero che non aiuta a campare. Fabio Quartararo l'ha già capito da qualche settimana, Marc potrebbe anche non riuscirci mai.