Ci sono le campionesse e poi c’è Lindsey Vonn. A St. Moritz la leggenda americana vince la prima discesa libera della stagione, a 41 anni, la più anziana della storia dello sci a vincere una gara di Coppa del Mondo. Arriva dietro di lei Magdalena Egger con quasi un secondo di ritardo (0’’98), mentre Mirjam Puchner è terza a 1’’16. Sofia Goggia finisce solo quarta. Decimi che in realtà rappresentano un abisso: quello tra la migliore velocista di sempre e tutte le altre. Non perché le due austriache e Goggia non possano dire la loro nelle prossime tappe, ma semplicemente perché Lindsey Vonn è troppo per chiunque. Anche a 41 anni. Lo ha detto lei stessa: “Nel 2015 e nel 2016 ero al massimo della forma. Ma fisicamente ora sono al punto perfetto. Sono più forte, ho molta energia. Posso fare quello che voglio, anche con il mio ginocchio”. Il contemporaneo è solo l’ultima tappa del passato. 2019, discesa delle Tofane, Cortina d’Ampezzo: il 20 gennaio Vonn non riesce a finire la gara, si ferma, è il suo ultimo Super G. Annuncia il ritiro quando è a poche vittorie dal record di primi posti in Coppa del Mondo, gli 86 di Ingemar Stenmark, poi superati da Mikaela Shiffrin (97), l’altra divinità dello sci americano femminile. Sei anni fuori dal giro. Nel 2024 la decisione: Lindsey Vonn torna a gareggiare. “Why not?”. Di motivi ce ne sarebbero per rispondere negativamente, su tutti il ginocchio consumato da infortuni e operazioni. Nel 2013 la prima rottura dei legamenti, con frattura della tibia. Torna nel 2014, vince subito, ma la gamba fa troppo male. Due anni dopo arriva il secondo grave “crack”: stavolta è l’omero. Non dovrebbe essere normale stare ancora sugli sci in quelle condizioni. Ma la normalità è categoria dei mortali. Le viene installata una protesi in titanio nel 2024, l’operazione sembra aver funzionato, il resto del corpo è ancora intatto. Ecco: “Why not?”. Il nuovo ginocchio regge, quindi si torna sulla neve dopo sei anni dal ritiro. Vonn ha detto di voler rischiare il minimo prima delle Olimpiadi del 2026 a Milano-Cortina. Vuole tornare lì dove non aveva finito l’ultima discesa nel 2019.
“Chiamatemi ingenua, ma io credo nell'impossibile. Perché è impossibile solo finché qualcuno non lo fa”. Tutta “chiacchiere e distintivo”, parole da spot pubblicitario, quasi fastidiose, retoriche, figlie di una cultura del “se vuoi puoi” a cui non crede più nessuno. Fino a che non si avverano: e allora tutti (pure noi che scriviamo) siamo costretti agli elogi col capo cosparso di cenere. E dopo 83 vittorie in Coppa del Mondo, una medaglia d’oro alle Olimpiadi (tre totali) e questo comeback avrebbe pure il diritto di mandare tutti a fanc*lo. “Nessuno ha mai chiesto a Marcel Hirscher se la sua vita fosse piena e felice oltre lo sci o se andasse dallo psicologo. Certe cose soltanto a me, e ne ho abbastanza”, aveva detto in conferenza stampa ai Mondiali di Saalbach lo scorso febbraio. Cose americane (non turche): gli atleti che puntano a smentire gli hater nascono con frequenza oltre l’Atlantico. LeBron James, Serena Williams, Tom Brady, Michael Jordan, Simone Biles (considerata già “bollita” dopo qualche annuncio sulla salute mentale), Michael Phelps, Megan Rapinoe, Sue Bird: gente che ha tentato l’ultimo ballo, contro i pronostici, mettendo in conto la figuraccia dell’atleta che non sa quando smettere, guadagnandosi la soddisfazione più bella. Il lavoro di Lindsey Vonn non è finito: l’oro negli occhi è quello di Milano-Cortina.