Lindsey Vonn si è svegliata in una domenica di primavera un po' come Derek Shepherd nei lunedì di Grey's Anatomy: "È una bellissima giornata per fare una gara di sci" - scriveva su Instagram sotto una foto scattata durante l'ispezione mattutina della pista di Sun Valley. Le Dollar Mountains, Idaho, non sono poi così lontane da Seattle, con la differenza che nella serie tv piove sempre, mentre lassù nevica e qualche volta spunta il sole, come oggi. Ieri avevano cancellato la discesa libera all'improvviso, per il troppo vento, e Lindsey era disperata. Avrebbe preferito gareggiare per l'ultima volta in questa stagione, davanti al suo pubblico, nella sua specialità. Però lo sci è uno sport di adattamento perpetuo, bisogna prendere quello che arriva senza rimuginarci troppo, così la signora Vonn ha presto deciso che il SuperG finale del 2024-2025 sarebbe stato un'ottima occasione per tornare ad essere felici. Sì, a maggior ragione: il SuperG propone quelle curve più strette in cui lei storicamente paga, cosa che non hanno mai mancato di farle notare. Quanto sarebbe bello smentire tutti, a 40 anni e rotti, dopo sei di inattività? Sei anni di operazioni chirurgiche e placche in titanio agganciate al ginocchio, che all'inizio dovevano servire per portare a spasso i nipotini senza soffrire, che alla fine l'hanno riportata alle origini: l'odore acre della competizione, la Coppa del Mondo, dove lei ha vinto 82 volte.
Il sequel della carriera di Lindsey è stato fin qui ragionato e realistico, come accade nelle sceneggiature più blasonate. Un quarto posto a Sankt Anton come miglior risultato stagionale, qualche piazzamento in top ten, alcuni errori, diverse cadute brucianti. Era già di per sé assurdo che un'atleta di quarant'anni, dopo sei di pensione, riuscisse ogni weekend a mettersi alle spalle almeno metà schieramento, eppure dagli States le hanno recapitato una pioggia di critiche: rischia di sporcarsi l'immagine, non può gareggiare contro Brignone, Shiffrin, Goggia, Lara Gut, Hütter senza aver fatto la preparazione fisica in estate, è lontanissima dai suoi standard degli anni d'oro. Chi segue lo sci da vicino, però, sapeva che le cose andavano diversamente, perché Vonn qua e là piazzava sempre degli intertempi interessanti, faticava solo a mettere tutto assieme, ad imbroccare una gara senza sbavature, che nessuno ti perdona nel livello altissimo dell'odierno sci femminile. Nemmeno lei se le perdonava, anzi - dopo un fine settimana tremendo nella Cortina d'Ampezzo in cui l'anno prossimo vorrebbe disputare le Olimpiadi - è stata male: "Non mentirò, l'ultimo periodo è stato tosto - scriveva - perché l'amore per lo sci è l'unica ragione che mi ha spinto a tornare, eppure ci sono state così tante critiche...persone che non credono in me, persone che dicono che sono lenta e troppo vecchia, persone che dicono che il mio tempo è scaduto. So che sono solo alcune voci, ma fanno male. Provo ad essere forte, ma non lo sono sempre, sono umana".

Dopodiché è tornata in carreggiata con un paio di prestazioni solide sulle nevi norvegesi, seguite da un'unidicesima piazza nel SuperG di La Thuile a soli sette decimi di distacco da Brignone. Così la chiusura di stagione a Sun Valley si configura davvero come la cartina di tornasole del ritorno di Lindsey Vonn: una bella gara le consentirebbe di incamerare fiducia e depositarla in cascina per la prossima annata (cerchiata in rosso come obiettivo dichiarato), altrimenti tutto tornerebbe in bilico, compresa la scelta di mettersi in discussione anche nel 2026, quando l'età sfiorerà i 42 anni.
Al cancelletto di partenza, mentre Lindsey sfrega i guanti sui bastoncini come le sue superstizioni le comandano di fare, i segnali sono promettenti: sulla sommità di Dollar Mointain il cielo per un attimo si rischiara, abbattendosi sulla pista con una luce nuova. Vonn parte decisa, col suo stile; spalla interna alla curva adoperata come punta di un compasso e oggetto contundente contro le porte, pochi scossoni sulle gambe, testa bassa, venticinque centesimi di ritardo al primo parziale da Lara Gut Berhami, che rispetto a tutte le altre ha già fatto un altro mestiere. Poi, a metà pista, il brivido: Lindsey esegue un cambio di direzione solo sullo sci sinistro, mentre il destro punta al cielo. Resta in piedi per miracolo, prosegue e mentre tutti si aspettano un terzo intertempo alto lei è in linea col podio. Nella parte bassa lascia andare gli sci, non alza una nuvola di neve, anzi la calpesta con tutta la rabbia agonistica in corpo, come se la dovesse stritolare: sul traguardo Lindsey Vonn è seconda, davanti a Federica Brignone, che ha appena concluso la stagione più incredibile della sua carriera.

Nel parterre Lindsey piange a dirotto, ripensa alle critiche, ripensa ai lettini dell'ospedale, ripensa ai giorni in cui non sapeva se sarebbe riuscita a camminare normalmente. È sul podio della Coppa del Mondo, a duemilacinquecentosessantacinque giorni di ditanza dall'ultima volta. Attorno a lei ci sono professioniste che l'hanno emulata in ogni suo gesto, ragazze che hanno scelto di diventare sciatrici dopo averla ammirata in televisione. Adesso sono entrate nello schermo, mentre Lindsey Vonn è ancora lì, un passo avanti, un po' più in alto. I titoli di coda possono attendere, questa storia non finisce mai. Questa storia non ci basta mai.