È un uomo del motorsport, Livio Suppo. E di cuore. Così, quando parla della Suzuki a Valencia, spiega che a commuoverlo è stato salire sul podio col suo pilota (“probabilmente l’ultima volta in vita mia”) e che a dispiacerlo, invece, ci ha pensato la regia che quella moto azzurra non l’ha inquadrata neanche all’ultimo giro, che pure l’ultimo lo era davvero. La scusa per chiamarlo è stata il terremoto in Ferrari innescato dalle dimissioni di Mattia Binotto, a cui Livio ha risposto raccontando di come sono andate le cose quando salutò HRC a fine 2017. Non dice, invece, di aver lasciato una Honda pressoché perfetta e di averla ritrovata anni più tardi in affanno, completamente stravolta. Le statistiche però sono chiarissime: zero vittorie ed ultimo posto nella classifica costruttori, sia in MotoGP che in Superbike. Così, parlando del prossimo anno, racconta che Marc Marquez ha perso fiducia nei giapponesi e che Fabio Quartararo, invece, avrebbe lasciato volentieri Yamaha per la Suzuki: “sarebbe stato divertente”, dice. Quando parla di Suzuki, Livio Suppo usa ancora il ‘noi’.
In questi giorni si parla molto dell’addio di Mattia Binotto alla Ferrari, c’è chi dice che abbiano sbagliato il momento per farlo.
“Beh, diciamo che purtroppo non c’è mai un momento adatto, durante la stagione forse è peggio ancora. Anzi, questo mi sembra l’unico momento buono. Io alla Honda feci lo stesso”.
Fu una storia un po’ diversa la tua.
“Mah, più o meno. Quando Nakamoto andò in pensione cambiò il presidente - da Suzuki San la gestione passò a Nomura San - ed è chiaro che quando ci sono dei grandi cambiamenti in un’azienda i nuovi capi vogliano avere delle persone di loro fiducia. Nakamoto non era tra le persone di fiducia di Nomura e di conseguenza anche i suoi uomini, tra cui io, ma questo è abbastanza normale. È vero che nel caso Ferrari non c’è stato un avvicendamento al vertice, non so per certo come mai Binotto abbia deciso di rassegnare le dimissioni. Evidentemente per lui non c’erano più le condizioni per andare avanti, d'altronde è un lavoro molto stressante e capisco che uno possa fare fatica a reggerlo. Binotto è un ex tecnico diventato anche team principal, ma sostenzialmente arriva dalla tecnica, così la gente si preoccupa per la macchina. Però immagino che per il prossimo anno l'auto sia già praticamente fatta, oltre al fatto che lui continuerà ancora a lavorare e quella macchina non l'ha fatta certo da solo, in Ferrari ci lavorano in tanti”.
Come quando si parla delle idee di Dall’Igna, che magari più che avere l’idea sceglie in cosa credere e cosa sviluppare.
“Se vogliamo fare un paragone, Gigi è stato molto bravo a fare in modo che tutti in Ducati spingessero nella stessa direzione, che poi secondo me è la cosa davvero importante per quel tipo di figura professionale. Bisogna unire le forze ed evitare come la peste che ci siano delle fazioni interne, perché altrimenti si finisce per cercare un compromesso per fare contenti tutti e dal punto di vista tecnico questo solitamente non funziona”.
Come è stata la vittoria di Alex Rins a Valencia, all’ultima gara?
“Devo dire che è stata più emozionante quella di Phillip Island. Un po’ forse perché la gara è stata memorabile, con tantissimi sorpassi e il fiato sospeso fino all’ultimo giro, e un po’ perché è stata la prima dopo un periodo in cui abbiamo fatto molta fatica. Sa Dio perché, ma da quando abbiamo annunciato il ritiro fino all’Australia abbiamo corso quasi soltanto gare deludenti, dove magari sembrava che in prova potessimo salire sul podio e invece in gara facevamo molta fatica. Poi ci sono stati infortuni di entrambi i piloti e alla fine una vittoria che arriva dopo un periodo difficile te la godi di più. In realtà Alex è andato forte anche a Sepang, ha fatto quinto ma era vicino al podio. Poi a Valencia… era da un po’ che dicevo che dovevamo vincere l’ultima gara - io in realtà dicevo primo e secondo - e a forza di dirlo ha portato bene. Alex ha fatto veramente una gara incredibile, forse però meno emozionante anche perché non l’hanno mai inquadrato, giustamente continuavano a prendere quelli che si giocavano il mondiale. Secondo me hanno anche un po’ esagerato nell’ultimo giro, Pecco ormai era campione del mondo, anche si fosse buttato per terra Fabio non avrebbe vinto. Era doveroso seguire anche il primo come fanno sempre, ma pazienza. Detto questo è stata una gara forse meno intensa di quella di Phillip Island, anche se eccezionale”.
È stata comunque una bella emozione.
“Certo, e devo dire che mi ha fatto molto piacere che Sahara San mi abbia chiesto di andare sul podio, probabilmente era l’ultima possibilità che avevo di farlo insieme ai piloti. In vita mia non l’ho fatto tante volte perché ho sempre preferito mettere a rotazione le persone del mio team. Abbiamo cominciato nel 2007, quando Casey ha vinto tantissime gare, ed è stata una cosa bella per condividere assieme un'emozione. Non vorrei essere sborone, però secondo me l’abbiamo un po’ lanciata noi quella cosa che adesso fanno un po’ tutti. Prima andavano quasi sempre o il capo tecnico o il team manager, penso a Valentino con Jeremy Burgess o Lin Jarvis. Invece adesso quelli che vincono tanto - perché lo puoi fare solo in quel caso lì - secondo me è una cosa molto bella. Ecco, l’emozione lì è stata speciale. Devo dire anche che subito fa un gran piacere l'idea di aver fatto una cosa che difficilmente verrà ripetuta, nel senso che non so quante altre volte succederà che una casa si ritiri così competitiva da vincere due delle ultime tre gare”.
Difficile dirlo, però probabilmente non era mai successo neanche in passato che una casa si ritirasse da vincente.
“Non lo so. Però anche MV Agusta, che dominava, si ritirò perché erano arrivati i due tempi che andavano più forte. Poi, che ricordi io, le altre si sono ritirate perché facevano fatica. Parlando dell’era MotoGP l’Aprilia si ritirò senza aver fatto neanche un podio. La Kawasaki lo fece senza mai essere andata forte. E la Suzuki stessa, quando si ritirò alla fine dell’era delle 800, fece l’ultimo anno solo con Bautista e non erano certo così competitivi. Normalmente la scelta di ritirarsi è molto legata alla prestazione. Se le performance sono buone è difficile che i grandi capi dicano 'andiamo a casa'. Penso che quello che abbiamo fatto in qualche modo entrerà nella storia. Quindi da un lato siamo contentissimi, dall’altro dopo qualche giorno ti sale ancora di più il magone, perché se avessimo finito la stagione con risultati opachi ce ne saremmo fatti una ragione, invece pensare che quella moto non sarà più in pista fa ancora più dispiacere”.
Chissà come sarebbe andata se il mondiale fosse partito così, con Phillip Island e Valencia.
“Beh, Alex era partito molto forte quest’anno. Chiaramente, anche se provi a non pensarci e continui a lavorare come se nulla fosse successo, è stata una bella batosta per tutti, soprattutto per i piloti. Io credo che Joan abbia fatto la peggior stagione in MotoGP anche per via della lunghissima trattativa che ha portato avanti con HRC. Poi è andata in porto, ma ti destabilizza, perché lui ha rischiato davvero”.
Il famoso anno sabbatico.
“Che poi detto così è una stupidata perché tutti i team ufficiali sarebbero stati occupati, l’unico posto libero nel 2024 sarà la seconda Yamaha, perché ad avere un contratto in scadenza a fine ’23 è solo Franco Morbidelli. Per Joan rischiava di essere un pesantissimo stop alla carriera, penso lui sia stato anche influenzato da questo. Invece Alex è partito ed ha finito molto bene, chissà come sarebbero andate le cose.È stato sicuramente influenzato dall’incidente di Barcellona - quando Nakagami ha steso lui e Pecco - il che lo ha costretto a saltare Sachsenring e Assen. Sono state tre gare pesanti, siamo stati un po' sfortunati ma credo che il potenziale per giocarci il mondiale c'era. Peccato non poterci riprovare l’anno prossimo”.
In un’intervista con Giovanni Zamagni per il MotoFestival hai detto che i giapponesi venivano a correre nel mondiale per guadagnare credibilità in Europa e nel resto del mondo. Seguendo questa logica è possibile che nei prossimi anni vedremo l’arrivo dei grandi brand cinesi in MotoGP?
“Non credo, perché al tempo i mercati importanti erano quelli europei e americani, per le case cinesi i più importanti sono i mercati asiatici che hanno meno bisogno del supporto delle corse, quindi non credo”.
Come pensi che andrà il box Ducati dell’anno prossimo con Pecco Bagnaia ed Enea Bastianini?
“Non penso cambierà molto rispetto a quest’anno. Sono due piloti italiani giovani, forti, guidano entrambi una Ducati… è normale che ci sarà una grossa rivalità, ma penso che entrambi caratterialmente siano equilibrati e in gradi di gestire questa pressione. Le scintille in pista le hanno fatte anche quest’anno, anche se una moto era rossa e l’altra no. Ma non hanno mai fatto nulla di eccessivo, stimolandosi a vicenda. Immagino che continueranno su questa linea e che saranno clienti scomodi per tutti gli altri. Quest’anno hanno fatto un primo e un terzo posto nel mondiale mentre Fabio Quartararo, che ha chiuso secondo, dopo gli ultimi test di Valencia non sembrava particolarmente felice dello sviluppo fatto, un po’ come Marc Marquez. Speriamo che questo inverno sia Honda che Yamaha riescano, per il bene del mondiale, a sistemare la moto, perché è bellissimo per gli italiani avere una moto così forte, ma vederla battere le case giapponesi in forma è più bello ancora”.
Se dovessi scommettere un centesimo punteresti su Fabio Quartararo o su Marc Marquez?
“Domanda difficile. Fabio e Marc sono due dei piloti più forti, ma sulla carta dovranno lottare con la loro moto e questo per il mondiale è un po’ un peccato. Per quanto riguarda Fabio non vorrei che fosse arrivato al punto di smettere di crederci, lui ci mette una pezza da tanti anni: se la moto continua a soffrire così tanto in velocità massima potrebbe scendergli la catena. Invece credo che Marc abbia perso un po’ la fiducia nei confronti della Honda, almeno dalle dichiarazioni che fa e dal fatto che abbia smesso di provare molto presto a Valencia. Sembra che non ci creda più tanto, quindi è veramente difficile capire chi potrà essere più competitivo tra loro. Dipenderà molto da quanto i rispettivi reparti corse riusciranno a migliorare la moto. Mi sembra che siano tutti e due abbastanza stufi della loro situazione, al punto che Fabio Quartararo sarebbe venuto da noi molto volentieri. E sarebbe stato divertente vederlo su di una Suzuki”.
Divertente a dire poco. Marc invece ha detto, in un documentario che uscirà tra un paio di mesi, ‘o con voi o senza di voi’ agli uomini della Honda.
“Ci credo. Marc ha un contratto con la Honda fino al 2024, lui a quel punto avrà 31 anni e non avrà così tanto tempo davanti per cercare di vincere ancora. Ora ha una gran fretta”.
Una sorpresa per il prossimo anno? Magari Alex Marquez o Marco Bezzecchi.
“Bezzecchi andrà forte di sicuro, se dovessi puntare dei soldi però li punterei su Maverick. Dico questo perché tornerà a lavorare con Manuel Cazeaux: Manu è uno dei più bravi capotecnici del paddock e con Vinales ha un’alchimia spaventosa. Mi fa pensare che potranno essere loro a stupirci”.
Un'ultima cosa: tra un mese comincia la Dakar e tu sei cresciuto in quell’ambiente... stai pensando di farci un salto?
“Il mio sogno sarebbe farla in macchina, però costa troppo e rimarrà un sogno. Ho parlato con Carlos Checa che la fa da due anni con i buggy ed è una figata pazzesca, hai due ruote motrici e ti diverti come un matto. Costa delle cifre però… o trovi degli sponsor, che è pressoché impossibile, o diventa assolutamente proibitivo per una persona normale. Un ex pilota di 50 anni e senza figli come Carlos può anche permettersi di spendere per divertirsi, uno normale con famiglia… Meglio far studiare i figli”.