Luca Toni sa come si fa. Ha giocato a pallone e lo ha fatto a un livello talmente elevato da laurearsi campione del mondo con la nazionale azzurra nel 2006. Ha respirato il mondo del calcio da quando era ragazzino e dunque ne conosce ogni piega. Ha anche provato la carriera da dirigente, ma gli ha detto male. Può capitare. E gli si può anche perdonare se gli capita di dire che “per un ex calciatore la carriera di dirigente è difficile”. Magari lo sarà per qualcuno, ma pazienza. Rimane il fatto che Luca sa come si fa a essere informati sul calcio. Ciò che nel suo caso non dipende dall'essere stato nel calcio per trentina di anni, ma perché si nutre degli aggiornamenti messi a disposizione dal sito Eurobet.live. È questo il motivo dello spot pubblicitario che invade le reti nazionali e colonizza i programmi sportivi, soprattutto le partite di calcio trasmesse da qualsiasi emittente a copertura nazionale. Lì c'è Luca Toni che indottrina un anonimo utente su come ci si può tenere informati a proposito di tutto ciò che riguarda lo sport, fino a diventarne dei veri esperti come lui. Basta farlo attraverso il sito che, incidentalmente, ha come business centrale le scommesse online su eventi sportivi. Ma questo elemento è “pinzillacchera, quisquilia”. Perché ciò che conta è essere esperti. Rimarrebbe in sospeso l'interrogativo che giunge a ruota dopo l'argomentazione di Toni: “Ok l'esperienza, ma per farsene cosa?”. E lì la questione rimane senza risposta. Perché nel frattempo è ricominciata la partita. Sì, proprio la partita di calcio. Perché gli spot che hanno come protagonista il Luca Toni indottrinante sul modo in cui si diventa esperti di sport, ma sempre sotto il cappello del marchio Eurobet.live, vanno in onda anche durante l'intervallo delle partite di calcio. È successo persino fra il primo e il secondo tempo di Italia-Malta dello scorso 14 ottobre, cioè due giorni dopo la visita della polizia giudiziaria a Coverciano per una chiacchierata con Nicolò Zaniolo e Sandro Tonali. Anche loro esperti e informati, si presume.
Ritorno al passato – Precisazione necessaria: è tutto lecito. Lo si è sottolineato negli articoli che sul tema sono stati precedentemente ospitati da questa testata. Le agenzie di scommesse possono muoversi tranquillamente sui versanti dell'informazione e dell'intrattenimento. E se così facendo riescono anche a veicolare il marchio, con l'inevitabile riferimento a quella che è la loro attività principale, non fanno nulla che sia loro vietato. Il punto è tutt'altro. Questo punto riguarda il fatto che si è ritornati pienamente nel registro del discorso dominante nella comunicazione pubblicitaria sulle scommesse sportive diffuso prima che nell'estate 2018 intervenisse il Decreto Dignità, che con le migliori intenzioni ha usato il bazooka laddove sarebbe stato necessario maneggiare il bisturi. Il discorso dominante si incentrava allora sul principio della de-stigmatizzazione, cioè l'eliminazione da un oggetto (la scommessa, sportiva o no) dei suoi tratti eticamente negativi. Ciò che si proiettava anche sul soggetto che compie l'azione, lo scommettitore. Quest'ultimo, dalla comunicazione pubblicitaria, veniva trasformato da soggetto in preda a un vizio (il gioco d'azzardo), propenso a compiere un'azione dalle conseguenze economiche e sociali potenzialmente rovinose, in un “esperto”. Cioè colui che sa come e quando scommettere, perché lo fa a partire da una superiore conoscenza della materia su cui scommettere. Un tratto, quest'ultimo, che è stato stimolato al massimo dalla diffusione della scommessa live, con possibilità di puntare e ritirarsi dalla puntata a evento in corso. La differenza che attraverso questo registro comunicativo viene comunicata è qualitativamente rivoluzionaria. Si passa infatti dall'epoca in cui il banco chiudeva poco prima dell'inizio della gara e si poteva scommettere sull'esito finale e sulle sue cifre, all'epoca in cui, da scommettitori, si può entrare e uscire dalla gara come se si fosse tra i suoi protagonisti.
Proprio qui sta il punto: che lo scommettitore, in questo modo, vive una gara parallela, diventa un performer come gli atleti che in quel momento sono sul campo. E chi ricorda la comunicazione pubblicitaria dell'epoca avrà in mente lo spot dello scommettitore che viene guidato nell'atto di scommettere dalla parte razionale del suo corpo: che contrariamente alla norma è la mano anziché il cervello. La comunicazione pubblicitaria dell'epoca pre-Decreto Dignità era fondata esattamente sullo stesso schema della comunicazione modello infotainment che oggi permette di aggirare i divieti dello stesso decreto: battere sul tema della competenza e dell'abilità, fare dello scommettitore un soggetto intelligente e intellettualmente formato oltreché abile nel reggere la prova, e soprattutto rendere il gioco una questione di sfida conoscitiva e performativa. Con Luca Toni che si informa e invita altri a fare altrettanto. Per poi stigmatizzare i calciatori che scommettono e dire che “chi ha sbagliato deve pagare”. Applausi a scena aperta. E arrivederci al prossimo decreto.