Jeremy Clarkson l’aveva buttata lì, con il consueto spirito corrosivo: “Mi dicono che la sua nuova casa non sia affatto vicina alla sede del team. È a Milano, e non si sposta nemmeno in una Ferrari stradale, preferendo invece l’elicottero Fiat”. Un’affermazione che aveva il sapore della provocazione, ma che ora, con la benedizione del Corriere della Sera, trova conferma, almeno in parte.
Sir Lewis Hamilton ha scelto Milano. Non Modena, non Bologna, non una villa con piscina a due passi da Fiorano. No, la zona di Porta Nuova, “elegante, mondana e modaiola” (come scrive il Corriere), è la sua nuova base operativa. Meglio di “sontuose residenze emiliane” che a quanto pare non l’hanno convinto. Perché? Beh, perché è Lewis. L’uomo dei jet privati, delle prime file agli eventi di moda, dei party esclusivi. Un sette volte campione del mondo che non ha mai nascosto il suo gusto per la vita da rockstar.
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Non c’è menzione, per ora, della faccenda dell’elicottero. Però è certo che Hamilton non si accontenta di un trasferimento da re, più che da baronetto. Studia l’italiano, per dire. Si impegna, vuole calarsi nel ruolo (e non risulta che in tutti i suoi anni in Mercedes abbia mai provato a parlare in tedesco, o se lo ha fatto, lo ha nascosto bene). Ha già pronunciato le prime frasi ai suoi nuovi colleghi: “Grazie a tutti per il caloroso benvenuto. Sono felice di iniziare questa nuova avventura con voi, in Ferrari. È sempre stato il mio sogno far parte di questa squadra. Non vedo l’ora di lavorare con voi”.
E come ogni stella che si rispetti, Hamilton si muove con un entourage degno di una popstar, “uno staff di circa 12 persone che lo accompagna in pianta stabile e provvede a risolvere ogni problema, dalla logistica alla comunicazione” (ancora il Corriere). Ferrari non aveva mai visto nulla di simile. L’attenzione attorno a Maranello è diventata un fenomeno virale, “roba da record assoluti sul web”.
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Dunque, Clarkson aveva visto giusto? Sì e no. La casa a Milano c’è, lo stile da superstar pure. Ma tutto questo cambia qualcosa per Ferrari? Davvero le due cose, essere pilota ed essere superstar, si escludono per forza a vicenda? Perché se uno può essere entrambi, allora la Ferrari non ha solo ingaggiato un pilota. Ha ingaggiato un’azienda che lavora per lei mentre lavora per sé. E se dal punto di vista del marketing si può dire che abbia almeno per ora fatto la scelta giusta, a breve scopriremo se questo matrimonio epico produrrà l’unico risultato che conta, almeno per i tifosi: vincere. Perché il resto, nel bene e nel male, è solo scenografia.
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