Tutto il peggio del calcio lo si è visto nella partita tra Napoli Women under 17 e l’under 14 maschile del Don Guanella. Nel corso della gara le giocatrici sono state ripetutamente attaccate con insulti sessisti e omofobi, proseguiti poi sui social. Frasi incommentabili come: “Tornate a fare le ballerine”, “put*ane», “vogliamo i vostri reggiseni”, sono arrivate dagli avversari nel corso della gara. Il Napoli Women ha poi diffuso una nota ufficiale: “Denunciamo pubblicamente quanto accaduto. Non per alimentare rabbia, ma per assumere una responsabilità che riguarda tutti. Perché se i ragazzi di oggi parlano così, significa che noi adulti – società, allenatori, famiglie, istituzioni – non stiamo facendo abbastanza”. La scelta della squadra partenopea, però, non si limita alla denuncia: “Noi crediamo nella possibilità di crescere, di imparare, di cambiare. E crediamo che il compito dello sport sia anche questo. Per questo invitiamo ufficialmente la società, i suoi tecnici e i ragazzi coinvolti a trascorrere una giornata con noi presso un centro antiviolenza e antidiscriminazione, per un momento formativo sul rispetto, sulla parità di genere, sulle parole che feriscono e su quelle che costruiscono. Non per punire. Non per umiliare. Ma per offrire un’occasione vera di consapevolezza”.
Nella nota si legge chiaramente che questa decisione non deve essere vissuta come un’umiliazione, bensì come un’occasione di crescita, per capire la gravità delle conseguenze che derivano dalla mentalità espressa in quegli insulti: “Perché i bambini e i ragazzi di oggi non diventino gli uomini violenti di domani. Perché il calcio possa essere un luogo sicuro e inclusivo. Perché le nostre ragazze – e tutte le ragazze – sappiano che intorno a loro esiste una comunità pronta a proteggerle, sostenerle e credere in loro”. Infine, il Napoli Women ha manifestato la propria vicinanza alle giocatrici: “Alle nostre ragazze vogliamo dire una cosa chiara: non siete sole. Il Napoli Women sarà sempre un luogo in cui il talento viene rispettato, la dignità viene protetta e la voce di ogni giovane atleta viene ascoltata. Trasformiamo questo episodio vergognoso in un punto di svolta. Non per alimentare conflitti, ma per costruire – insieme – un modo diverso di stare in campo, e fuori dal campo”.