Pio Esposito, blindato. Se c’è un nome che racconta meglio di altri la linea dell’Inter in questo mercato, è proprio il suo. Napoli, Atalanta, e non solo: tutti hanno bussato alla porta dei nerazzurri, pronti a mettere sul tavolo cifre folli. Aurelio De Laurentiis era arrivato a sognarlo come sostituto ideale dell’infortunato Lukaku, al punto che si era parlato di un’offerta da 45 milioni. Ma la risposta è stata netta: “Non è in vendita”. Non ci sono margini, non c’è trattativa. Perché questa volta l’Inter ha deciso di tenersi stretta un ragazzo che non è solo un attaccante promettente, ma un pezzo identitario della propria idea di futuro. Il messaggio è chiaro: Pio Esposito non si tocca. Nonostante i numeri impressionanti del mercato. Nonostante le lusinghe della Serie A. Nonostante la tentazione di capitalizzare subito. Dallo Spezia, dove ha vissuto una stagione di crescita esponenziale, fino al ritorno ad Appiano, Esposito ha convinto chiunque lo abbia visto all’opera: Chivu, la dirigenza. Forte fisicamente, tecnicamente completo, con un senso del gol che non si insegna, rappresenta la punta moderna che l’Inter ha scelto di coltivare in casa invece che comprare fuori. Il Mondiale per Club e le prime amichevoli estive hanno fatto il resto: partita dopo partita, Esposito ha scalato posizioni, e blindarlo è stata l’unica opzione plausibile.

Il rifiuto alle avances del Napoli ha un peso ancora più forte perché arriva in un momento delicato per la società azzurra, che cercava un colpo per sostituire Lukaku e aveva individuato in Esposito l’elemento giusto. Ma la mossa dell’Inter va oltre la singola trattativa: è un atto identitario, la volontà di smettere di essere un club costretto a cedere i migliori giovani al miglior offerente, per trasformarli invece in colonne della propria crescita. Non è un caso che anche l’Atalanta, regina nella valorizzazione dei talenti, fosse arrivata a proporre uno scambio con Lookman per Esposito, così come raccontato da Mario Giuffredi, suo procuratore. Proposte importanti, che in altri momenti avrebbero fatto vacillare le certezze nerazzurre. Non oggi. Questa volta l’Inter ha deciso che il presente e il futuro passano anche da Pio Esposito. Tenerlo non significa solo avere un’alternativa in più in una stagione lunga e piena di impegni, ma soprattutto dare un segnale di appartenenza: i talenti cresciuti in casa diventano patrimonio tecnico e simbolico della squadra. In un mercato sempre più dominato da cifre folli e logiche di plusvalenza, la scelta nerazzurra sa di atto politico: rivendicare un’identità, difendere un giocatore che incarna il progetto, restituire al tifoso l’idea che l’Inter non è solo una squadra che compra e vende, ma che sa costruire e tenere. E in questo caso, più che un no a De Laurentiis, è stato un sì al proprio futuro.
