Funziona così, ormai, da quel benedetto, o maledetto, 2015: ogni volta che un pilota parla, fosse anche per qualche ora consecutiva, se gli capita di dire anche mezza frase su Valentino Rossi e Marc Marquez sarà di quella frase che si racconterà. Ormai sono passati quasi dieci anni, ma la linea resta quella. Sia inteso, anche noi di MOW cadiamo spesso in tentazione e in questi tempi di engagement, click e contatori a volte è pure necessario. Però il rischio è uno: far passare i piloti come persone che hanno niente da raccontare e un unico argomento da toccare. E’ successo, questa volta, anche con Fabio Quartararo.
L’ex campione del mondo francese, in una intervista per il marchio di gioielli Twojeis, ha raccontato la sua incredibile storia di bambino un po’ sovrappeso che a quattro anni è salito per la prima volta su una minimoto. Ha anche raccontato di come ha imparato a perdere e tanto altro, ma ha commesso un errore: toccare l’argomento Marc Marquez e Valentino Rossi. Come? Semplicemente lasciandosi sfuggire una affermazione: “Valentino Rossi è il mio idolo e lo sanno tutti, ma credo che il migliore della storia sia Marc Marquez”. Tanto è bastato per far parlare la stampa di mezzo mondo di questo e solo di questo. Che poi è una semplice considerazione, discutibile o no, che Quartararo ha motivato così: “Marc ha vinto meno titoli di Vale, ma da quando è arrivato in MotoGP fino ad ora è stato incredibile. Nel 2014 ha vinto le prime 10 gare e ha sorpreso tutti. Riesce a andare forte sull’acqua, in condizioni asciutte, con vento, cattive condizioni, buone condizioni... il ragazzo va sempre molto veloce. Questo è un esempio di come è un pilota. Com'è possibile questa aggressività? Sembra che vada un secondo e mezzo più veloce di te!”
Sull’imparare a perdere come esercizio necessario anche per tornare a vincere
Il passaggio su Marc Marquez, però, è arrivato in un momento dell’intervista in cui Fabio Quartararo stava provando a spiegare il carattere dei piloti, l’atavico bisogno di competere e vincere e quella particolare predisposizione a qualsiasi sacrificio pur di appagare una fame che non passa mai. Parole, le sue, tra l’altro bellissime, perché raccontano anche di un ragazzo che a un certo punto della sua carriera ha dovuto imparare a fare la cosa più difficile: perdere. “Ho dovuto imparare a perdere in questi ultimi anni – ha spiegato - Ero abituato a lottare per il titolo ogni anno, ora lotto per una nona o decima posizione, all’inizio la vivevo malissimo. Adesso ho imparato a gestire queste emozioni, soprattutto quando perdo, perché si può sempre ottenere qualcosa di positivo e da questo imparo”.
Sul babbo, i sacrifici, le persone che sanno aiutare e la gratitudine
Quasi una lezione da far ascoltare nelle scuole, con Quartararo che poi racconta anche da dove è nata la sua passione per le corse in moto e cosa è significato, per un ragazzino francese, amare qualcosa che in quella Nazione amano in pochi. “Mio papà era stato pilota – ha aggiunto - il pilota, faceva qualche gara nel campionato europeo e mondiale, ma non aveva i soldi per continuare. Quando avevo quattro anni ha visto che andavo bene con la moto e abbiamo provato. Ho iniziato a gareggiare da quando ero piccolo e il livello è andato aumentando. In Francia le moto non si sono mai viste veramente a differenza che in Spagna e quindi non è stato facile. C’è stato un tempo in cui io e mio padre facevamo 100.000 km all'anno con un furgone e io dormivo sul pavimento del furgone quando viaggiavamo. Mio padre lavorava dal lunedì al venerdì e nel fine settimana veniva con me ad allenarsi. Poi arrivi in Moto3 e per correre devi pagare oppure devi trovare qualcuno che ti sponsorizzi. Io in quel momento ho avuto una persona che mi ha aiutato e mi ha dato i soldi per poter correre : più di 100.000 Euro”.
Sull’incoscienza e i giudizi affrettati. Ma pure su quella volta con la tuta aperta
Probabilmente è proprio il sapere tutti i sacrifici che un genitore ha fatto, quanta gente ha aiutato e quanto impegno c’è voluto a rappresentare quell’ultramotivazione da aggiungere alla fame atavica dei piloti. E Fabio Quartararo, nella stessa intervista ricordata solo per il passaggio su Marquez e Valentino Rossi, ha provato a spiegare che il desiderio di arrivare prima porta pure a non rendersi conto del rischio. O comunque a sviluppare un rapporto di amore e fughe con la paura. A lui è successo, ad esempio, qualche anno fa al Montmelò, quando gli hanno dato dell’incosciente per non essersi ritirato nonostante avesse la tuta completamente aperta. “Probabilmente ho sbagliato – ha ammesso – ma non è che in quel momento lì capisci bene quello che sta succedendo. Vuoi solo arrivare più avanti possibile. All’inizio era tutto abbastanza normale, ho capito che ero a petto nudo alla fine del rettilineo a oltre 350 km/h. Per me era solo la tuta aperta e non cambiava niente: dovevo continuare. Non mi sarei mai fermato. Ero secondo, stavo andando forte e mi sono detto: vediamo cosa si può salvare in questa gara”.