Sono della stessa generazione, hanno più o meno la stessa età e hanno sempre avuto pure gli stessi sogni. Jorge Martin e Marco Bezzecchi si conoscono, chiaramente, da tutta la vita e è da tutta la vita che provano a battersi. L’hanno fatto, in particolare, nel 2018 e come sempre quando c’è di mezzo qualcosa di grande davvero da giocarsi non sono mancate le tensioni. Ma è stata normalità. E’ la normalità. Lo ha detto il Bez, lo ha ricordato anche Martin: tutto sempre dentro i confini del gioco da grandi che si sono messi a fare. Però funziona che nelle narrazioni anche gli stupidi scazzi di atleti/ragazzini si fanno passare come macigni del passato destinati a dividere per sempre, nonostante quei due stessi ragazzini, nel frattempo diventati uomini e campioni, hanno sempre ricordato a ogni circostanza che loro neanche ci pensano più. E che forse non c’hanno mai pensato neanche allora, se non, appunto, sull’enfasi del momento.
Adesso sono compagni di squadra, dentro un’Aprilia che ha un sogno grande come il loro e, nonostante siano passati sette anni, è di quelle ruggini (che poi neanche ruggini sono state) che si finisce per parlare. Quasi a voler far credere che la domanda da farsi non è se Martin e Bezzecchi vinceranno con Aprilia, ma se riusciranno a non prendersi a cazzotti. E è una tristezza. Perché a loro quella domanda lì non passa neanche per l’anticamera del cervello e perché nemmeno chi conosce minimamente il motociclismo di oggi avrebbe il sentore di un dubbio. E la riflessione che viene da fare, all’indomani della presentazione dell’Aprilia Racing Team 2025, con Martin e Bezzecchi, appunto, è che, come sempre, i piloti sanno andare veloci davvero e chi li racconta – noi compresi – non sempre riesce a tenere il passo. E resta maldestramente indietro: ancorato a un motociclismo che era fatto di inimicizie oltre che rivalità e che nessuno rinnega, ma è superato senza appello. Perché basta sfogliare un po’ i giornali di mezzo mondo questa mattina per accorgersi che tutti, ma tutti davvero, hanno fatto almeno un passaggio su quelle che vengono definite “vecchie ruggini” tra i due e che anche ieri, nel corso dell’evento, non sono mancate domande su un tema che – ma si fa fatica a capirlo? – non è mai stato veramente un tema.
Il rischio? Il rischio è che passi in secondo piano la descrizione di chi sono oggi, davvero, i piloti. Con le loro stravaganze, con i loro modi da sportivi prima ancora che da interpreti di un mestiere che è fatto di nervi tirati, muscoli compressi e sangue oltre temperatura. E ci si dimentica, ad esempio, di raccontare che ieri Marco Bezzecchi, parlando della sua prima camminata in Aprilia, s’è emozionato quando ha visto gli occhi degli operai di Noale. Sì, gli operai. Non è questione di classe, meno che mai ideologica o politica. E’ semplicemente raccontare che quell’umanità che c’era prima e che si trasformava in tensioni, adesso ha una maturità differente e si trasforma, in Bezzecchi come in quasi tutti i piloti di oggi, in capacità di cogliere. E se per un attimo ci fermiamo a pensare a quello che sta succedendo in KTM proprio parlando di operai, allora forse sono altre le cose che avrebbero dovuto colpire tutti noi. E, su tutte, proprio quella sensibilità che non si ha più paura di nascondere o con la quale si sanno fare i conti, anche mentre si è costretti a rispondere a domande banali e inutili sul saper andare d’accordo dopo gli scazzi del 2018. “Sono stato a Noale – ha raccontato il Bez - ho visto delle strutture bellissime. Finalmente ho avuto l'opportunità di conoscere tutte le persone che ci lavorano e ho visto una passione incredibile. Quando hanno visto me e Martin i loro occhi brillavano e è stato veramente emozionante. Hanno lavorato duro tutto l’inverno. Per me è tutto molto bello e molto diverso: ci sono centinaia di persone che lavorano per te, è fantastico. Nel box ci sono un sacco di persone intorno. Ho visto anche quanto lavoro fanno in azienda, ti danno tutto quello che chiedi”. Si tratta di pensiero verso l’altro e non più, appunto, di pensiero “contro l’altro”. E è una roba potente. Che non toglie niente, tra l’altro, al fatto che poi sia lui che Martin, come tutti i loro colleghi, proveranno a darsele in tutti i modi possibili in pista.
“Eravamo molto giovani e io ero molto meno maturo – ha raccontato il riminese, dopo essersi accorto che tanto non sarebbe stato possibile evitare di parlare del 2018 - gestire la rivalità a quell'età è difficile e noi abbiamo avuto momenti difficili, litigavamo spesso. Adesso siamo cresciuti, in questo momento Martin è il più forte del mondo, quindi dovrò imparare e ispirarmi: è una buona occasione per crescere. Sarà importante lavorare insieme perché, come abbiamo visto dai nostri rivali, più forti sono i piloti, più forti si diventerà in generale. Da Martin cercherò di copiare tutto quello che fa meglio di me: è il Campione del Mondo e adesso è il più forte. A parte le sue abilità sulla moto, ha anche una grande etica del lavoro, è molto motivato e concentrato in ogni momento, cosa che non è stata sempre facile per me l'anno scorso”. La ruggine, a quanto pare, sta solo negli occhi di chi vuole vedere per forza un motociclismo che non c’è più e che ha lasciato spazio a un modo che è altrettanto feroce, ma a prova di ruggine appunto. E viene quasi da augurarsi che l’inizio del Bez e Martin con l’Aprilia possa fare da trattamento antiruggine anche per un certo modo di raccontare le corse e i piloti.