È il 23 aprile 2017. Il Barça deve vincere El Clásico al Santiago Bernabeu se vuole tenere vive le speranze scudetto. I blaugrana vanno sotto di un gol, ma Lionel Messi si inventa una serpentina da formica atomica nell’area del Real Madrid per l’1-1. Poi succede che Rakitic porta avanti i catalani, riacciuffati in superiorità numerica del 2-2 siglato James. In pieno recupero, al 92’, tutto sembra pendere verso un pareggio che i blancos tutto sommato gradirebbero. Invece Busquets recupera una palla morta ai margini della sua area di rigore e serve Sergi Roberto, che con una formidabile cavalcata box to box salta Modric e la successiva linea di pressing del Real. Quindi smista a sinistra per André Gomez, che premia la sovrapposizione di Jordi Alba. Mentre i difensori del Madrid scappano verso la porta, il terzino catalano la mette in mezzo, leggermente arretrata. A rimorchio arriva Messi: sinistro chirurgico sul primo palo, Keylor Navas battuto, 3-2 in zona Cesarini. La Pulce si leva la camiseta e mostra il retro, il suo “diez”, alla curva delle merengues. La regia inquadra Cristiano Ronaldo, che dall’altra parte del campo scuote la testa, inveisce verso il cielo, si dispera.
Il 14 settembre 2025 Marc Marquez vince a Misano, dopo aver approfittato di un “lungo” di Marco Bezzecchi alla Quercia ed averlo tenuto a bada per i successivi tiratissimi venti giri, firmando il best lap a tre passaggi dalla bandiera a scacchi. Sale sul podio ricoperto da un sottilissimo e aderente strato di materiale tecnico nero. La tuta rossa, che normalmente indosserebbe sopra, è nelle sue mani, come se la dovesse appendere da qualche parte. Invece di salire subito sul gradino che gli spetta, si avvicina alla balaustra sotto la quale - sul rettilineo dei box - si è accalcata una fiumana di gente. È una marea in parte ducatista, in parte gialla. Marquez si sporge leggermente, chiude gli occhi come Messi, e mostra al pubblico misanese la parte posteriore della tuta.

In tanti che l’abbia fatto per ribadire il messaggio con cui Davide Tardozzi, al Mugello, aveva veementemente zittito i tifosi che dalle tribune si erano impegnati a fischiare il 93. “È rosso, fa parte di un team italiano!” - urlò il Team Manager di Borgo Panigale. “Sono rosso!” - avrebbe voluto corroborare Marc. Un’ipotesi plausibile, verosimile, ma che non ci convince fino in fondo: gran parte dei ducatisti, al Mugello e ancor di più a Misano, ha speso solo applausi per l’otto quasi nove volte campione del mondo (i casi isolati esistono sempre). Perché quindi Marquez avrebbe dovuto compiere un gesto così simbolico, così plateale, per un pubblico che negli ultimi mesi ha imparato a rispettarlo, ad ammirarlo, a volergli bene e persino ad adorarlo? Non c’era bisogno.
Mela Chercoles, giornalista del quotidiano spagnolo “As”, nel post gara ha chiesto al 93 di spiegare il vero significato della sua esultanza, domandandogli se fosse riferita al “sono rosso!”. Marc inizialmente ha glissato, poi ha lasciato intendere che l’idea è nata al sabato, dopo esser scivolato nella Sprint ma soprattutto dopo aver sentito o visto (forse la regia internazionale che al momento della caduta inquadra tre tifosi di Valentino Rossi che fanno festa?) qualcosa che non gli è piaciuto. Qualcosa che - come i fischi nel calcio quando giochi in trasferta - l’ha motivato. Qualcosa che ha innescato in lui una voglia disumana di rivalsa. Qualcosa che sembra esulare dal sentimento ducatista, tricolore, dal desiderio di mettere d’accordo tutti gli appassionati italiano: “Lascio spazio all'interpretazione - ha commentato Marc. “Alla fine, ho sentito che oggi era il momento di parlare in pista perché ieri, beh, abbiamo commesso un errore e nel paddock c’era tantissima gente. Molti mi supportavano, ma ho sentito anche parecchi commenti infelici. E questo non ha fatto altro che alimentare il fuoco dentro di me. Così sono partito più concentrato che mai. Lionel Messi è sempre stato un modello per me. Sempre stato un signore, e ogni volta che ho parlato, l'ho fatto sul campo. È un uomo di poche parole, quindi anche per me era ora di parlare in pista”.

Marquez ha parlato alla grande in pista e ha lasciato spazio alle interpretazioni fuori. Sarebbe quindi così assurdo ipotizzare che l’emulazione del gesto di Messi, il quale otto anni fa aveva inscenato lo smacco a casa dei rivali e del rivale (Cristiano Ronaldo), non fosse diretta solo ed esclusivamente a Valentino Rossi e alla marea gialla di Misano? E che non ci fosse nemmeno un piccolo riferimento all’Argentina 2015, quando il 46 salì sul podio con la maglia di Maradona e i due, per via di quel contatto al penultimo giro, cominciarono lentamente a detestarsi? La verità è che oggi Marc Marquez, a casa di Rossi, con una leggerezza diabolica, ha sganciato un attacco pesantissimo. Senza dichiararsi, senza proclami, ha interpretato silenziosamente e nuovamente il ruolo del villan. Il tutto dopo battuto un pilota dell’Academy. Il tutto mentre si gustava gli applausi di Misano, che oggi hanno sovrastato i fischi.
