Carmelo Ezpeleta e Stefano Domenicali, rispettivamente a capo di MotoGP e Formula 1, si sono incontrati a Pamplona per raccontare la loro visione sul motorsport. Occasione in cui il numero uno della Dorna, se ancora ci fosse bisogno di dirlo, ha sottolineato quanto il suo obiettivo sia portare il motomondiale ad avvicinarsi alla F1, un discorso che le testate di mezzo mondo hanno riassunto nel titolo “copiamo da loro tutto il possibile”. Nel dettaglio: cambiamenti spettacolari come la shoulder cam prima e scelte più discutibili poi, come la parata dei piloti la domenica mattina, la sprint race del sabato e un calendario sempre più incentrato sul ritorno economico che dal prossimo anno vedrà anche l’ingresso di India e Kazakistan. Alcuni piloti, che generalmente fanno spallucce, hanno attaccato la decisione di raddoppiare le gare (perché, qualcuno vorrebbe lavorare il doppio allo stesso stipendio?) e continuano a chiedere un nuovo regolamento tecnico.
Di questo, in più occasioni, si è fatto portavoce Marc Marquez, che si è sempre detto contrario all’aerodinamica, agli abbassatori e, in parte, all’elettronica presente sulle moto: "I piloti davanti sono sempre i più veloci", ha spiegato lo spagnolo a motorsport.com. “È anche vero però che adesso, negli ultimi anni, la moto sta diventando sempre più importante rispetto pilota e io voglio pensare che debba essere il contrario. Eppure più passano gli anni e più dipendi dalla moto che hai, perché se non è competitiva non puoi fare niente”.
Un pesante richiamo alla Honda e una spallata ad Ezpeleta, che invece vuole moto più vicine tra loro per garantire uno spettacolo più imprevedibile in pista: "Il fatto è che ora sono tutti vicini perché il limite è la moto. In passato tra moto ufficiale e moto satellite la differenza era maggiore, ora invece non è così. E, soprattutto, prima che arrivassi in MotoGP quando mettevi la quarta in rettilineo non potevi sfruttare tutta la potenza: giocavi con l'impennata, con il freno posteriore, con la coppia, con la posizione del corpo. Ora esci già in seconda o terza marcia usando l’abbassatore, l’aerodinamica… hai il massimo dalla moto e ti metti in carena come fosse la Moto3. Le MotoGP di oggi sono meno manuali. Prima dovevi gestire più cose, si facevano più errori ed era più difficile sfruttare tutta la moto. Se invece c'è un limite diventa più facile".
In questo livellamento delle prestazioni, che c’è e non si può negare, Marc vede l’ennesimo passo verso la F1: “Il nostro campionato non è ancora come la Formula 1, ma stiamo andando in quella direzione e dobbiamo stare attenti. L’ho già detto in alcune commissioni di sicurezza, spiegando che dobbiamo fare in modo che i piloti siano più importanti delle moto”. Dargli torto sarebbe ipocrisia: moto più leggere e meno raffinate non sarebbero soltanto più sicure ed economiche, potrebbero anche aumentare il numero di sorpassi e lo spettacolo in pista. Il fatto che a dirlo sia lui, piuttosto, ci fa anche capire che ormai - alla soglia dei 30 anni e dopo il calvario delle ultime stagioni - Marc non è più l'uomo da battere. Perché l'uomo da battere vuole solo che le cose non cambino.