Marcell Jacobs torna a parlare dopo il terremoto che ha scosso l’atletica italiana: il caso di dossieraggio illecito che vede coinvolto Giacomo Tortu, fratello di Filippo, suo compagno nella staffetta olimpica d’oro. In un’intervista a Repubblica, il campione azzurro racconta che “conosco Giacomo Tortu da tempo, siamo stati in Nazionale insieme, abbiamo fatto raduni a Genova, siamo partiti per i Giochi del Mediterraneo in Francia. Ma ho notato che quando ho cominciato a vincere, lui è cambiato. Filippo ha un ottimo rapporto con suo fratello, ma se non c’entra niente in questa storia, perché dovrei prendermela con lui?”. Jacobs, come sottolinea Repubblica, parla dal suo rifugio di Desenzano, dove è tornato dopo un lungo viaggio da Jacksonville per inaugurare la sua Jacobs Sports Academy. Ma nella sua mente c’è ancora una domanda irrisolta: perché qualcuno avrebbe dovuto pagare per accedere ai suoi dati personali? “Non mi sento tradito, ma non me lo sarei mai aspettato. Pensavo che la rivalità con Filippo si fermasse alla pista. Quando lui correva in 9’’99, ero il primo a elogiarlo sui social. Non immaginavo che nel momento in cui i ruoli si fossero invertiti potesse succedere questo. Magari non sono simpatico a tutti, ma pagare una persona per entrare nel mio telefono e nei miei dati è grave, inammissibile. La giustizia farà il suo corso”.

Jacobs ammette che l’aspetto più difficile da digerire non è tanto il danno sportivo, quanto l’invasione della sua vita privata. “Sono entrati nelle mie vicende personali, nei messaggi con mia moglie. È stata violata la mia privacy”. E se lui cerca di restare lucido, Filippo Tortu sta vivendo il caso in modo diverso: “È provato. Perché sui media non esce tanto il nome di suo fratello, quanto il suo, la sua faccia, la sua foto, in un caso che non c’entra niente con lo sport”. Poi la storica chat “Bananas”, il gruppo WhatsApp della staffetta azzurra. Esiste ancora, ma è diventata un deserto: “Ci scriviamo poco, ma alcuni compagni mi hanno contattato per sapere come sto. Randazzo, Rigali, Melluzzo, lo stesso Filippo”. Jacobs ha vissuto sulla propria pelle le insinuazioni sul doping e capisce bene cosa sta passando Jannik Sinner, finito nel tritacarne mediatico dopo il caso Clostebol: “Chi mai si aspettava che un italiano potesse vincere i 100 metri alle Olimpiadi? Nessuno. Questo ha dato fastidio. Ma non ero un perfetto sconosciuto, avevo già vinto l’Europeo indoor. Mi dicevo ‘ho realizzato qualcosa che nessuno ha mai fatto, ci ho lavorato tutta la vita, e devo subire critiche da chi non conosce il mio percorso’. Ci ho dovuto lavorare con la mental coach”. E proprio su Sinner aggiunge: “Gli ruberei la costanza nel rimanere sempre al top. Ma anche per lui ogni momento è buono per criticarlo. Ci sarà sempre qualcuno che storcerà il naso, quindi bisogna solo focalizzarsi su sé stessi e su chi ti vuole bene”.

L’obiettivo a lungo termine è chiaro: Los Angeles 2028, quando Jacobs avrà quasi 34 anni. “Mi ispira Federica Brignone, che a quell’età sta dando il meglio. Ha avuto anni difficili, ma non significa che la carriera sia finita. Oggi dopo i trent’anni è come se si facesse uno switch nella carriera. Guardate LeBron James, Cristiano Ronaldo. Los Angeles sarà la mia rivincita di Parigi, mentre i prossimi Mondiali a Tokyo saranno emozionanti sulla pista che ho baciato dopo i due ori olimpici”. Ma oltre alla pista, Jacobs ha già iniziato a guardare oltre: l’imprenditoria. “Fino all’anno scorso la mia vita era solo atletica, atletica, atletica. Continuerò fino a quando potrò correre sotto i 10”, ma intanto sto pensando al futuro mio e della mia famiglia. Alla Jacobs Sports Academy voglio dare tutto il possibile ai ragazzi che sognano in grande. Poi c’è un altro progetto: sto cercando di aprire un ristorante a Jacksonville, manca un posto con buon cibo italiano”. Da Tokyo a Los Angeles, passando per l’Italia e gli Stati Uniti: la strada di Jacobs è ancora lunga.