C’è un momento, nello sport, in cui l’esperienza si trasforma in leggenda. È il momento in cui la tensione cede il passo alla consapevolezza, in cui l’età anagrafica diventa solo un dettaglio aneddotico e l’istinto di una vita passata tra i pali si impone con prepotenza. Federica Brignone, 34 anni e 214 giorni, ha vissuto quel momento sulle nevi di Saalbach-Hinterglemm, firmando un’impresa storica: medaglia d’oro nel gigante ai Mondiali, la disciplina regina dello sci alpino.
Un risultato che, come ha sottolineato Paolo De Chiesa nel dopo gara sulla Rai, non si limita alla gloria di un titolo: «Questo è oro zecchino. Il gigante è la matrice di tutte le discipline. Medaglia d’oro in gigante ai mondiali è il massimo dei massimi. Federica ha fatto il miglior tempo nella prima e nella seconda manche, dopo che la Robinson aveva fatto il miglior tempo subito prima di lei. Quello che ha fatto Federica è negli annali».
Brignone non è nuova alle medaglie (ai Mondiali però solo un oro in combinata), ma questa ha un sapore diverso, speciale, forse il più dolce di sempre. «Forse sì – ha detto Federica ai microfoni di Rai Sport – è qualcosa che sognavo da tutta la mia carriera e oggi sono soddisfatta. Sono riuscita a stare tranquilla, a stare calma, sapevo che non sarebbe stato facilissimo. È vero, avevo un bel vantaggio [dopo la prima manche] e questo mi ha tranquillizzata molto, e avevo un buon feeling con la neve e con la pista, ma non era scontato farlo nel momento giusto. Faccio ancora fatica a realizzare, sinceramente».
![La tigre Federica Brignone dopo aver tagliato il traguardo a Saalbach](https://crm-img.stcrm.it/images/42446140/2000x/20250213-160621794-2538.jpg)
Eppure, chi l’ha seguita durante questa stagione sa che Brignone ha costruito questa vittoria su un paradosso: o vince o esce. All or nothing, senza mezze misure, senza calcoli. Un approccio che è diventato filosofia di gara. «Era una gara da tutto o niente, avevo l’occasione per andare full gas, che alla fine è quello che ho fatto tutta la stagione. Ero focalizzata su quello che dovevo fare e pensavo solo a sciare».
Ma c’è un dettaglio che racconta più di mille parole il carattere di questa atleta: la capacità di sapersi spronare anche quando il corpo tende a cedere. «Tra l’altro mentre scendevo ho tentato di incitarmi, mi stavo un po’ addormentando nella seconda manche, stavo un po’ tenendo e mi dicevo ‘oh, muoviti, devi continuare a muoverti’. Mi dicevo così, cercando di fare il massimo». Un dialogo interiore che è la quintessenza del campione: la sfida contro sé stessi, prima ancora che contro gli avversari.
Con questa vittoria, Brignone è diventata la prima italiana a conquistare otto medaglie tra Mondiali e Olimpiadi, superata solo da Alberto Tomba (nove). Ma è anche la dimostrazione plastica di come il talento, se sorretto da una mentalità indistruttibile, non conosca limiti temporali. Quattordici anni dopo il primo podio iridato, a Garmisch nel 2011, si è presa quello che inseguiva da sempre: l’oro in gigante.
Lo sci italiano femminile non vinceva un oro mondiale in questa disciplina da 28 anni, dai tempi di Deborah Compagnoni. Il prossimo appuntamento, quasi a voler chiudere un cerchio simbolico, sarà sulle nevi di Sestriere, dove la campionessa valtellinese si consacrò nel 1997.
![Sofia Goggia ancora a terra](https://crm-img.stcrm.it/images/42446142/2000x/20250213-160829836-2486.jpg)
Ora la domanda è: potrà Brignone continuare a reggere sulle proprie spalle lo sci azzurro, orfano di altre stelle? Nel maschile arrivano quasi solo delusioni (ammesso che qualcuno ancora si illuda davvero) e la storica gemella del podio di Federica, Sofia Goggia, appare attualmente un po’ in crisi: anche in gigante è uscita e dopo un’intervista malinconica e rassegnata ai microfoni di Rai Sport ha ritrovato per un attimo il sorriso così, in un mezzo fuori onda andato in onda in diretta: «Sono rassegnata, ormai non so che cazzo fare… Vabbè». Forza Sofia, basta fare come Federica. Ammesso che qualcun altro nella storia possa riuscirci…
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