C’è un termine che in inglese è molto eloquente, seppure di derivazione latina: momentum. Indica la capacità di un atleta, o di una squadra, di concentrare le energie e di gestire la direzione degli eventi in proprio favore. Sostanzialmente, significa che ci sono quelle vibrazioni, quei gesti, quel linguaggio verbale, che segnalano con chiarezza chi sarà il vincitore.
Marvin Vettori, atleta italiano di Arti Marziali Miste (MMA), ha in sé questa spinta, ha un’aura di superpotenza, di totale consapevolezza del suo momentum. È come se camminasse a mezzo metro da terra. Anche quando se ne sta spiaggiato in videoconferenza con un tricolore alle spalle e sbrocca in italiano gridando “oh ti prendo a schiaffi coglione, testa di minchia, ti spacco la faccia scemo!”, emana forza, non aggressività da pappagallo che bercia in discoteca per farsi vedere dalle donnine di turno.
Di Marvin Vettori, 28enne di Mezzocorona, Trento, alias The Italian Dream, ne parlammo a dicembre 2020 quando sconfisse Hermansson. Abbiamo già raccontato della sua storia, della completezza come fighter, dei miglioramenti che ha fatto nei vari combattimenti. Ipotizzavamo che avrebbe avuto una chance mondiale, e non ci sbagliavamo: nella notte del 12 giugno 2021 (live su DAZN da domenica 13 alle 4 di mattina orario italiano), a Glendale, Arizona, il Main Event di UFC 263 sarà il match tra Israel Adesanya e Marvin Vettori, con in palio la cintura di campione del mondo dei pesi medi detenuto da Adesanya.
Vettori sta scrivendo la storia degli sport da combattimento in Italia. Con le dovute proporzioni, è un evento di importanza tale e quale al mondiale di Nino Benvenuti vinto contro Emile Griffith al Madison Square Garden. Marvin non sta giocando il ruolo del comprimario, della meteora europea, sale in cattedra negli States flettendo i muscoli, sapendo di poter scioccare il mondo delle MMA.
Le MMA sono attualmente il miglior sport da combattimento che ci sia, in termini di qualità e crescita di pubblico. Tanti gli appassionati, e ci sono soltanto due promoter davvero globali, UFC e Bellator, e la UFC è leader di settore. C’è chiarezza per il pubblico, e totale guerriglia tra fighter: migliori combattono i migliori, non ci sono incontri leggeri ma soltanto match tra gente col sangue agli occhi che vuole scalare le classifiche. Non esistono cinture ad interim, internazionali o mediterranee che invece affollano le federazioni del pugilato. Go big or go home. Niente raccomandati o campioni dal record immacolato ma che hanno affrontato avversari di dubbia caratura. È un mondo meritocratico, quello delle MMA.
Invece noi in Italia le MMA le abbiamo usate come capro espiatorio, per giustificare un episodio di folle violenza come l’omicidio di Willy Monteiro Duarte. Ancora risuonano i clacson mediatici che additavano questo sport come una cruda guerriglia di strada, una rissa legalizzata. Massimo Giannini, direttore del quotidiano La Stampa, nel mezzo del fuoco incrociato sul caso di Willy, scriveva un Tweet che recitava “vogliamo bandire certe discipline “marziali” e chiudere le relative palestre?”. In verità le MMA sono uno sport completo, c’è uno studio dell’avversario al millimetro e bisogna passare tante ore in palestra con coach diversi, per apprendere i fondamentali di ciascuna disciplina che le compone, dal Brasilian Ju Jitsu al Pugilato, dalla Muay Thai alla Lotta. Al di là del trash talking, ci si rispetta. Nel post match ci si beve una birra insieme, si condividono momenti di tranquillità. Le rivalità ci saranno sempre, ma come ci sono in tutti gli sport, dal calcio al tennis, dalla scherma al motociclismo. La foga agonistica fa il resto. Non è che uno sport sia più violento degli altri perché si usano cazzotti e gomitate. Dipende come sempre dalla persona che lo pratica. Se sei un bastardo nella vita, lo sarai anche se giochi a freccette.
Forse non ce ne rendiamo conto, ma Marvin Vettori combatterà per un titolo mondiale. Se vincesse, sarebbe l’uomo più forte della sua categoria di peso. In un momento storico dove l’Italia non riesce a portare nemmeno un pugile alle Olimpiadi di Tokyo, dovremmo aggrapparci a Marvin come un credente straccerebbe le vesti di Gesù Cristo al suo passaggio. Ci vorrebbero pagine e pagine di approfondimento sportivo e culturale, reportage, interviste, copertura mediatica. Sia per celebrare l’evento, ma anche per creare un retroterra di pubblico informato e appassionato.
Marvin Vettori ci sta provando in tutti i modi. Ogni vittoria che consegue è un’altra arma nel suo arsenale. Migliora nei take down, implementa il ground and pound, lavora duro sullo striking e nelle prese. Mangia pulito, si sfonda di potenziamento muscolare, trova il tempo per sponsorizzarsi e lanciare la sua linea di abbigliamento, Gue Pequeno e Villabanks gli tributano una canzone dal titolo The Italian Dream.
Nella sua bio di instagram, dal giorno della firma per l’UFC, ha stampate delle semplici parole: I will be the first Italian UFC champion. È pura immanenza. È credere nella resurrezione e nel ritorno del Salvatore. Questa è ossessione. Troppe volte crediamo che basti pensare un paio di volte ad un obiettivo per raggiungerlo, ma la speranza non è una strategia di successo. Serve invece spingere, correre come se si fosse inseguiti da cani infernali in un cinodromo gestito da Satana in persona.
Marvin Vettori sta costruendo la storia. La sua, sì, principalmente. Ma anche quella dell’Italia che combatte, che indossa guantoni e fascette, che si massacra di plank per indurire la parete addominale e non rischiare il gancio al fegato che ti manda kappaò. Stringiamoci forte attorno a Marvin Vettori. Il mondiale chiamò.