Il DRS, i siparietti che chiamiamo americanate, le storie montate sopra a storie che non esistono. Sì, la Formula1 oggi è un po’ anche questo. E questa è la ragione per cui in tanti, quando hanno appreso che gli stessi padroni della Formula1 hanno comprato pure la MotoGP sono scattati sull’attenti. Il rischio della deriva della spettacolarizzazione a fronte di mezzi che finiscono inevitabilmente per contare più degli uomini che li governano, però, per la MotoGP non esiste.
Lo pensavamo prima e lo diciamo con ancora più convinzione dopo il GP delle Americhe, a Austin. Perché è come se una mano superiore c’avesse messo del suo per spiegare, proprio in America, che le americanate non serviranno. E che nelle storie di sostanza, gli effetti speciali sono assolutamente inutili. Quelli di Liberty Media, che per lavoro non fanno gli scappati di casa, lo sanno e probabilmente è proprio per questo che hanno messo le mani sulla MotoGP. Ormai consapevoli che in Formula1 c’è poco più di niente da spremere sul piano delle emozioni.
In MotoGP, invece, in un solo fine settimana s’è fatto il pieno. Perché le corse, lì, sono ancora muscoli e sangue, nervi e tenerezze. Ragazzi che non sono ancora stati costretti a diventare macchine per dominare a loro volta delle macchine inevitabilmente più perfette. Sì, ok, un tempo il pilota contava ancora di più. Ma “di un tempo si parla al passato” e pure remoto. A contare è l’adesso e in questo adesso della MotoGP ci sono le lacrime di Maverick Vinales che non sa più come dire grazie a Aprilia per aver creduto in lui quando non ci credeva più nessuno. C’è un ragazzino, Pedro Acosta, che ha l’aurea del predestinato, ma che prima e dopo le gare, persino in diretta TV, corre a vomitare per la tensione che ha accumulato. C’è un Marc Marquez che ha scelto di finire in un team privato perché intorno vuole una famiglia con la moto migliore invece di un colosso industriale con la moto peggiore e che, insieme ai colori di quella famiglia, ritrova il gusto per il talento che ha e finisce per fare il Marc Marquez che chiede troppo e che poi, una volta in sala stampa, è comunque contento per tutte le certezze che ritrova ogni volta che sale su quella moto.
Basta qui? No, non basta. Perché c’è pure la storia di un Enea Bastianini che tutti vogliono accostare al mercato e che, invece, difende il suo amore, la Ducati tutta rossa, con una tigna da fare paura e che poi, nel retro podio, fingendo di non sapere niente, se ne è esce con un “Ma Marc Marquez che ha fatto? E’ caduto?”. Oppure c’è un Pecco che è due volte campione del mondo e che oggi potrebbe pure fare l’incazzato con il mondo e invece sta lì a predicare calma, con la certezza in tasca che non c’è niente da inventarsi e basterà lavorare.
Una certezza, questa, che dopo il GP delle Americhe avranno pure quelli di Liberty Media. Che, adesso possiamo pure dirlo, hanno fatto un gran bell’affarone a mettere le mani su questo motomondiale e con questi protagonisti. E non dovranno ricorrere a stravaganze di sorta per renderla attraente, potendo limitarsi solo a promuoverla e farla conoscere. La Formula1 è un’altra cosa e nessuno copierà nessuno.