Il passatismo è un tarlo da estirpare: persino il Natale nell’1 dopo Cristo non è stato più lo stesso. Però è così che va da sempre e il motociclismo non ne è esente, anche se i dati di fatto restano tali e possono pure essere oggetto di discussione. Ecco perché ci viene da dire che è vero che è finita l’era di Valentino Rossi, ma è finita pure quella di Marc Marquez: rivali oltre il limite della sportività, ma tremendamente identici nel talento, nella fame cieca di vittorie, nel modo di interpretare e intendere le corse in moto. Non significa che Marc Marquez non vincerà più. Anzi, avrà pure i suoi problemi fisici, avrà pure qualche intemperanza di troppo dovuta al non riuscire a fare quello che gli riusciva fino a qualche tempo fa, ma è in crescita continua e probabilmente l’anno prossimo, quando anche la Honda avrà dato una sistemata alle sue moto, lo rivedremo a bagarrare con i primi. In barba alla teoria che dopo i 30 anni nessuno ha mai vinto un mondiale e pure in barba al pessimismo cosmico che sembra aver travolto anche i suoi stessi tifosi. Vincerà ancora, speriamo, ma non sarà più la sua era. S’è capito anche domenica, quando ha messo la voglia di andare a restituire una sportellata davanti a quella di tagliare il traguardo, come facevano i piloti di una volta.
Ha sbagliato? Certo, come sbagliavano i piloti di una volta, ma al fuoco che sale dallo stomaco non si può comandare. Non si giustifica, ma si dovrebbe comprendere. Soprattutto quando ti chiami Marc Marquez, così come quando ti chiami Valentino Rossi. Di nomi se ne potrebbero fare una infinità e pure di episodi simili accaduti nel passato, però ne citiamo solo uno: Lawson e Schwantz che finiscono nel fiume dopo essersi stesi a Assen e che continuano nei box con tanto di capocciate. Dovrà imparare a darsi una regolata anche Marc Marquez, perché ormai cose così non si possono fare più e perché ormai si invocano regolamenti e sanzioni per ogni minimo gesto un po’ sopra le righe. E’ vero che a lui ne hanno perdonate tante e è vero pure che non si potrà andare avanti all’infinito, ma semplicemente perché adesso, con Valentino Rossi che dice basta, si chiude davvero una pagina di storia. Con Marc Marquez nei panni dell’anello di congiunzione, di quello che c’era prima e che, pur mantenendo la mentalità di prima, dovrà imparare ad esserci anche dopo. Almeno fino a quando le nuove leve non saranno del tutto mature, con il loro talento e anche con questo nuovo moto, tutto toni buoni e diplomazia, di essere piloti.
Ci ha pure provato Marquez, subito dopo la gara, quando ha spiegato che l’errore è stato suo, che si scusava e che era dispiaciuto. Dicendo, però, che è stato il mancato inserimento della terza marcia a mandarlo largo quando ormai il sorpasso su Jorge Martin era compiuto e trovandosi, quindi, nelle condizioni di dover negare ciò che è successo davvero. Non perché è bugiardo, ma perché ormai non si può più. E dirlo è più vietato che farlo. Forse la grande difficoltà per Marc Marquez sarà davvero questa, al di là della sua spalla, al di là di un feeling con le Michelen che lui stesso (come tutti gli altri) fa fatica a trovare, al di là di una Honda che non sembra più in grado di cucirgli la moto addosso, sbacchettante e nervosa come la vuole lui (e come la volevano i piloti di una volta). Che è finita pure l’era di Marc Marquez lo ha detto, senza volerlo, anche Valentino Rossi e lo ha fatto nella stessa, recentissima, intervista in cui gli ha tirato una stoccata, affermando che non riuscirebbe a ricucire i rapporti con lo spagnolo prima di altri venti o trent’anni. In quella videointervista, Valentino Rossi ha parlato anche dei piloti della sua Academy, che poi sono i protagonisti del futuro e della nuova era, definendoli “veri atleti, per come si allenano, per come mangiano, per il tipo di vita che conducono”. Atleti, appunto, adesso che lui, il pilota, ha detto che scenderà dalle moto, lasciando l’unico altro pilota rimasto, Marc Marquez, nel difficile ruolo di rappresentare il passato.