Dicono che fortune e sfighe nel percorso di una vita finiscono sempre per bilanciarsi e, se è vero, le prossime estrazioni del SuperEnalotto deve vincerle tutte Danilo Petrucci e senza neanche fare lo sforzo di andare a giocarsi i numeri, ma trovando i biglietti per terra. Perché il Danilone nazionale sta in credito di brutto con la sorte, almeno per quanto riguarda la sua carriera. Anche perchè la sua è una storia di quelle che andrebbe raccontata nelle scuole, per far capire ai ragazzi che i limiti sono davvero solo nella testa di chi pensa di avere limiti. Sono un paio di anni, infatti, che non gliene va dritta una e a fare l’elenco viene da incazzarsi per lui. Nel 2020, quando la KTM in MotoGP era stata la rivelazione assoluta, viene messo alla porta dalla Ducati e trova una sella proprio nel team satellite del marchio austriaco. Ma la Rc16 in un anno perde un sacco di colpi e da moto ultracompetitiva si trasforma in moto ultraproblematica, con Danilo Petrucci che arranca per tutta la stagione fino a ritrovarsi messo alla porta anche dalla KTM. Che, tradotto in termini freddi, significa anche fuori dalla MotoGP.
Il ragazzone di Terni, però, s’è fatto voler bene dai vertici dell’azienda che, sapendo del suo sogno di correre una Dakar, gli garantiscono una moto per partecipare al rally più famoso del mondo. Lui si mette giù di grinta, finisce la stagione in MotoGP e nel frattempo impara a districarsi tra mappe, segreti dell’orientamento e pure un po’ di meccanica perché alla Dakar devi saper risolvere eventuali piccoli guasti tecnici. Passa pure qualche treno per tornare subito alla velocità, non nel motomondiale, ma nell’Ama Superbike, solo che Danilo rimanda ogni decisione perché in testa ha solo la Dakar. E anche la Dakar, piano piano, si innamora di lui, tanto che la storia del pilota che andava a 350 all’ora e che si prepara a sfidare il deserto fa il giro del mondo. E fa pure riaccendere un bel po’ di interesse su una competizione che sarà pure gloriosa, ma che da un sacco di tempo non era la più la Dakar di una volta.
Poi arriva il momento di partire per il deserto, ma in allenamento Danilo Petrucci si frattura un osso della caviglia dal nome impronunciabile: astragalo. Chi c’è passato è ben consapevole che non è una frattura che ti invalida totalmente, ma che ti fa fare i conti con un dolore della marianna quando appoggi il piede in un certo modo. E Danilo Petrucci che fa? Niente, fa finta di niente e parte lo stesso alla volta del deserto, dove, però, risulta lievemente positivo al Covid. Chiunque avrebbe fatto sgorgare l’acqua l’acqua dalla sabbia a suon di imprecazioni, invece Petrucci se l’è presa con filosofia e ha atteso un controtampone. Le cose sembrano cominciare a mettersi bene, perché la carica virale è bassissima e l’organizzazione gli da l’ok per partire. E Danilo Petrucci parte, mezzo accovidato, mezzo azzoppato, ma gasato come pochi. Tanto da entusiasmare anche chi della Dakar non sapeva più niente, arrivando a essere uno dei nomi in trend su Google per quanto riguarda il Motorsport e raccontando la sua avventura sui social con un seguito sempre maggiore.
Nel prologo va subito forte e chiude al 23esimo posto: un risultato incredibile per un esordiente. Il giorno dopo, nella prima vera tappa, fa ancora meglio e chiude 13esimo, quando la metà dei nomi più noti e dei piloti più esperti della Dakar è finita per perdersi lungo il percorso. Racconta di aver sofferto di brutto, ma anche di essersi divertito da matti e la diretta Instagram dalla tenda, tra inflessione ternana e inglese, racing level, nella notte del deserto, è uno spaccato di passione e genuinità che tiene incollato allo smartphone più di un migliaio di persone: roba da influencer navigato. Ma di ancora più navigata c’era la sfiga cosmica che da qualche tempo lo insegue e questa mattina, quando era al quarto posto, lo ripetiamo quarto posto, assoluto della terza tappa, la sua moto si rompe. Danilone scende, prova a vestire i panni del meccanico, ma capisce subito che non è uno di quei guasti che ripari in corsa. Però ci prova ancora e alla fine, dopo mezz’ora, si arrende, chiedendo l’intervento dell’elicottero. Dakar finita, almeno nella competizione principale, con la KTM 450 che vola via insieme a un elicottero mentre Danilo Petrucci resta lì, seduto sul deserto.
Commenti da fare non ce ne sono, o almeno non ce ne sono senza scomodare tutte le parolacce del vocabolario delle parolacce. Però c’è una considerazione: uno che si fa voler bene così vince sempre, anche quando non vince e la fortuna decide di non dargli nemmeno l’opportunità di provarci. Adesso per Petrucci ci sarà di nuovo la Ducati, nel Motoamerica, ma noi non ci sentiamo di consigliargli un esorcista. Anzi, gli consigliamo di continuare ad essere Danilo Petrucci, perché se è vero che fortune e sfighe finiscono sempre per bilanciarsi, per lui deve davvero stare per arrivare una gioia di quelle indimenticabili.