Nel calcio si sente parlare spesso di “fallo da frustrazione”. E’, in estrema sintesi, l’azione o il gesto scomposto di un calciatore che in quel momento è un po’ in balia delle emozioni e, magri, di una qualche delusione per una occasione fallita, una sconfitta che sta maturando o un copione che si sta svolgendo in maniera diversa rispetto a quanto immaginato. Ecco, prendendo in prestito la terminologia calcistica, è di “fallo da frustrazione” che si può parlare per rispondere alla domanda su cosa sta succedendo dentro il Team Pertamina Enduro VR46. Sì, a Mandalika Fabio Di Giannantonio e Franco Morbidelli si sono spizzicati, non tanto in pista (che ci sta) quanto nelle dichiarazioni del post gara, ma attenzione: non è il segno di rapporti che si rompono o di un clima difficile, anzi. E’, piuttosto, il segno della consapevolezza comune che si può fare di più e meglio, magari cominciando anche dal non darsi fastidio per non assecondare la sfiga che nelle corse c’è di mezzo un po’ sempre.

“Purtroppo – ha detto Di Giannantonio a caldo, dopo la Sprint di Mandalika - il mio compagno di squadra ha rovinato ancora una volta la mia gara con sorpassi stupidi”. Una frase che non lascia spazio a dubbi e che effettivamente può prestarsi a qualche interpretazione che vada un po’ più oltre del semplice “già detto”. Ma è anche una frase che andrebbe contestualizzata, rendendosi conto che a parlare è un pilota che nell’inferno di Lombok ha appena chiuso nono, dopo una intera settimana passata tra un evento promozionale e l’altro proprio in Indonesia, caricando se stesso e gli appassionati di aspettative e che, poi, s’è ritrovato a lottare nella mischia, per di più con chi veste i suoi stessi colori. Il Diggia, però, è il primo a essere consapevole che nessuno è in MotoGP per dire a un avversario, fosse anche della stessa squadra, “prego, passa pure”. E che a parti invertite avrebbe probabilmente fatto la stessa cosa anche lui. Il discorso, semmai, è sull’opportunità in un momento della gara in cui, forse, avrebbe fatto più gioco a entrambi di andare insieme a riprendere quelli davanti. “Penso – ha infatti aggiunto il 49 - che avessimo il ritmo giusto per essere un po’ più avanti in termini di posizione”.
Il problema, però, è che in questa MotoGP ormai c’è una regola non scritta: per stare davvero con quelli davanti, bisogna partire insieme a quelli davanti e in VR46, troppo spesso, è mancata proprio questa capacità. Con il risultato di Sprint e GP lunghi condizionati già dall’inizio. Che, poi, è esattamente quello che ha detto anche Franco Morbidelli nella sua risposta al compagno di squadra. “Sì, sono un pilota aggressivo, che cerca di ritardare la frenata e prova a stare davanti nei duelli – ha spiegato Morbidelli – ma penso di essere anche un pilota corretto. Quest’anno ho pagato speso delle penalità e ho parlato molto con Simon Crafar che è il nostro arbitro, il giudizio che conta è il suo, quindi credo ci sia poco da lamentarsi: io cerco di essere nel suo giudizio pur restando aggressivo. Poi, per carità, l’errore può esserci per me come per tutti”.
Non una risposta diretta e meno che mai una vera replica, quindi, tra due ragazzi che probabilmente avranno anche già avuto modo di chiarirsi. Nessuno, neanche quando si fa parte della squadra più orientata al “tutti amici” della MotoGP, è mai amico fino in fondo quando ci si gioca lo stesso traguardo. E no, non c’è nessuna ariaccia, quindi, in VR46. Ma solo, ammesso che sia giusto scomodare un termine così, un po’ di “frustrazione”. “Il team ci farà parlare al cento per cento – aveva infatti detto Di Giannantonio sempre nella sala stampa di Lombok, anche se questa seconda parte l’hanno riportata in pochi – Siamo pure sempre compagni di squadra”. E, viene da aggiungere, compagni di squadra con la stessa cosa in testa: crescere per regalare anche alla squadra i risultati a cui ambisce e dimostrare a Ducati di poter essere spalla perfetta in MotoGP. “La verità – ha detto sempre Fabio Di Giannantonio – è che dobbiamo essere anche un po’ contenti, perché il potenziale per fare bene c’è”.