Montecarlo attende i soliti noti, Musetti, Berrettini e il sempreverde Fognini (wild card per meriti storici), ma nel frattempo da Bucarest e Marrakech è arrivato un segnale chiaro: il tennis italiano non si ferma con Sinner ai box. Si rigenera. Lo fa grazie a due ragazzi del 2002, Flavio Cobolli e Luciano Darderi, che domenica 6 aprile hanno firmato una delle giornate più sorprendenti della storia recente del nostro sport. Cobolli ha vinto il suo primo titolo Atp a Bucarest battendo l’argentino Sebastián Báez, uno che sulla terra è un osso durissimo, in due set netti. Darderi, quasi in contemporanea, ha trionfato a Marrakech contro l’olandese Griekspoor, specialista del veloce che ha però dovuto inchinarsi ai colpi chirurgici del ragazzo di origini italo-argentine. È la quarta doppietta nella storia del tennis italiano maschile, dopo quelle firmate da Bertolucci e Barazzutti nel 1977, Lorenzi e Fognini nel 2016, Fognini e Cecchinato nel 2018. Cobolli ha portato a 100 i titoli Atp vinti dagli italiani, Darderi ha immediatamente aggiornato la cifra a 101.

Ma la vera notizia è che entrambi arrivavano da periodi complicati. Cobolli, dopo un inizio 2024 esaltante, si era perso: sette eliminazioni al primo turno tra gennaio e fine marzo. Darderi non stava meglio: otto sconfitte su dieci partite Atp giocate. E invece, quando nessuno ci credeva più, o quasi, hanno ritrovato la strada. “È un sogno diventato realtà”, ha detto Flavio dopo il trionfo in Romania. “Venivo da un periodo nero, qualcosa è cambiato. Non è facile giocare contro Báez sulla terra, lui ha vinto tanto su questa superficie. È stata una battaglia. Ringrazio il mio team: so che è difficile lavorare con me, prometto di migliorare ancora la mia attitudine sul campo”. Darderi ha ammesso che ha “avuto mesi difficili ma ho lottato ogni giorno per arrivare a una domenica così”. Risultato: Darderi sale al numero 48 del mondo, Cobolli raggiunge il numero 36, vicino al suo best ranking (30 a settembre 2023). E mentre volano verso Montecarlo, dove Cobolli debutterà contro il serbo Lajovic, finalista qui nel 2019, il tennis italiano applaude. Ma non solo per i titoli. Per il percorso.

Lo dice bene Filippo Volandri, che di percorsi se ne intende, intervistato da Radio Anch’io Sport su Rai Radio 1: “Un’altra bella pagina per il tennis italiano. Due successi a distanza di poche ore. Ricordiamo che sia Cobolli che Darderi sono classe 2002. Entrambi sono molto giovani, vengono da un percorso importante, anche se molto diverso tra loro. Anche quando il nostro Sinner è ai box, il movimento del tennis italiano ci dà sempre delle buone notizie”. Poi aggiunge un’altra riflessione: “Negli ultimi dieci anni è cambiato tantissimo. In agenda ho uno schema che ricorda i nostri risultati di dieci anni fa e quelli di oggi. Dalla finale di Berrettini a Wimbledon abbiamo inanellato tanti, tantissimi successi. I segreti sono tanti: un sistema nuovo italiano che funziona, una federazione in salute che investe nel settore tecnico, la nostra voglia non più di accentrare i giovani talenti in giro per l’Italia, ma di essere proprio noi come federazione, con le nostre competenze ed esperienze, al servizio dei ragazzi e dei loro allenatori. C'è stato un cambio di visione iniziato dieci anni fa e che oggi sta continuando a dare frutti”. Tradotto: non è un caso, è un metodo. E Cobolli e Darderi sono la prova che il metodo funziona anche quando i riflettori sono puntati altrove. Anche quando c’è da sporcare la maglia e resistere ai mesi in cui perdi più che vinci. Montecarlo resta il grande palcoscenico. Ma per arrivarci bisogna passare da giornate come queste. E adesso l’Italia del tennis non è più solo quella dei numeri uno. È anche quella dei numeri 48 e 36, che non hanno mai smesso di crederci.