“Dice che i piloti in lotta per il titolo devono essere lasciati stare dagli altri piloti? Non si ricorda il 2019”. Alvaro Bautista le ha cantate così a Toprak Razgatlioglu dopo l’ennesima excusatio in sala stampa arrivata, manco a dirlo, a commento della sconfitta rimediata in Gara2 all’Estoril. Toprak è così: è un fenomeno senza tempo, e questo è indiscutibile, ma ha sempre quel modo lì di cercare un motivo terzo ogni volta che le prende. Una volta è la moto, un’altra volta sono i regolamenti e questa volta sarebbe stato Andrea Iannone. “Con Bulega non avrebbe fatto la stessa manovra che ha fatto con me perché lui è della famiglia Ducati” – ha detto. Senza tenere conto che Iannone, di fatto, potrebbe più avercela con Ducati che sentirsi un pezzo di quella famiglia, visto che a Borgo Panigale gli hanno preferito Iker Lecuona e che, dopo due stagioni in GoEleven, il suo nome non è stato preso in considerazione per qualche altra Panigale competitiva. La solita uscita, quella di Toprak, che c’entra poco con la realtà che s’è vista all’Estoril e che fa il paio con le dichiarazioni sulla superiorità di Ducati, quando invece la pista ha dimostrato che il vero missile della SBK è la BMW.

Ennesima uscita un po’ così di Toprak a parte, però, a finirci negli occhi e nelle orecchie è stato altro. Perché ok tutto, ma sembra che dentro la Superbike sia nato uno sport nello sport: rompere il ca*zo a Andrea Iannone. Sì, il pilota abruzzese non sarà l’uomo più simpatico di questo mondo e avrà pure quell’aria da tipo che se la tira (anche con noi giornalisti), però è pur sempre un ragazzo che fa esattamente tutto quello che fanno gli altri in pista con, però, il triplo dello stigma ogni volta. E quest’anno non c’è stato fine settimana in cui qualcuno non se l’è presa con Iannone per qualche cosa, anche quando lui stesso s’era premurato di chiedere scusa.
Ok, Andrea Iannone non ha bisogno di avvocati, ma la faccenda sta diventando un po’ stucchevole. Anche all’Estoril, che ne dica Razgatlioglu, ha semplicemente risposto con un attacco a un attacco e quando, effettivamente, si è reso conto dal dashboard che nel frattempo era stato raggiunto da una penalità per partenza anticipata, è andato a farsi i suoi long lap togliendosi dalla mischia. “Toprak è un pilota davvero talentuoso, intelligente e fortissimo, perciò ho grande rispetto per lui e il suo team – ha detto proprio Iannone dopo aver saputo dell’uscita in sala stampa del turco – Io, proprio come lui, scendo in pista sempre e soltanto per vincere e dare il massimo. Non inizierei mai una corsa con l'obiettivo di aiutare qualcun altro rovinando però la mia gara. Quando ho inserito la marcia la moto si è mossa, non è la prima volta che accade. In ogni caso tra me e Toprak c'è stato soltanto un incrocio di traiettorie, non esiste una famiglia Ducati, qui si corre per vincere”. Niente di più e niente di meno di ciò che avrebbe fatto chiunque altro, col sangue caldo della corsa appena cominciata e pure un po’ di quella frustrazione che è tipica di chi deve sempre dimostrare qualcosa di più dopo aver già dimostrato tanto.
Sbaglia come gli altri, chiede scusa come gli altri, ma con lui la si tira per le lunghe sempre di più. Quasi a non voler considerare la storia che si porta sulle spalle. Ha avuto le sue colpe? Forse no, come dice lui, o forse sì, come hanno detto i giudici che lo hanno condannato, ma ha pagato tutto (e forse pure un po’ di più proprio per la tigna di voler andare fino in fondo) quello che c’era da pagare e adesso meriterebbe non un grammo di più o di meno dello stigma che generalmente si riserva a tutti gli altri. Oppure, davvero, la Superbike è diventata uno sport in cui, oltre ai temi strettamente sportivi e delle performance, ogni round del calendario deve trasformarsi pure in una udienza di un lunghissimo e infinito processo alla fame sportiva? Le storie delle persone contano, le storie che ribolliscono dentro le persone andrebbero considerate. Sì, anche in Superbike e anche quando c’è di mezzo Andrea Iannone.
