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Ok ma com’è Mig Babol, il podcast di Andrea Migno sulla MotoGP? Dopo l'esordio con Franco Morbidelli manca solo una cosa [VIDEO]

  • di Cosimo Curatola Cosimo Curatola

3 maggio 2024

Quello che manca: la prova con uno sconosciuto, che potrebbe andare addirittura meglio di quest’ora con Franco Morbidelli, primo ospite del Racing Podcast di Andrea Migno, Mig Babol. Il nuovo progetto dell’ex pilota Moto3 ha un luogo (il circuito di Misano), una sigla, dei social e un co-host. Più di ogni altra cosa però, ha quella maniera di raccontarti le storie come vorresti sentirle

di Cosimo Curatola Cosimo Curatola

Mig Babol è la bolla del Mig, di Andrea Migno. Il claim: Racing Podcast. A Jerez de la Frontera, dopo aver intervistato Marco Bezzecchi, ci siamo fermati a fare due chiacchiere con Andrea, che stava lì a tagliarsi le unghie in un bidone della VR46. Tonico, in forma. Mostra un Casio G-Shock: “L’ho preso a Roma l’anno scorso perché arrivavo da Valencia senza bagaglio e mi ci sono affezionato, novanta euro”. Il suo amico, Marco, ha appena finito di dirci che il podcast in parte gliel’ha finanziato in parte lui, aggiungendo che l’ha fatto per primo e senza sapere niente. Andrea Migno parla del podcast come di una fatica enorme: trova il set, l’attrezzatura, chi ti cura l’immagine sui social: “È un gran casino anche quello, perché se vuoi farlo bene devi lavorare come un matto e se lo fai male tanto vale lasciare perdere. E poi sai cosa? pensavo ci avremmo messo di meno”. Ha ragione, solo che queste cose nessuno le sa, nessuno ne parla.

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Comunque sembra soddisfatto, sia del prodotto che ne è uscito che del format: “Non vogliamo fare una cosa alla Jorge Lorenzo, dove un po’ fai fatica a ritrovare gli episodi perché le copertine si assomigliano tutte. Qui magari vuoi far sentire una frase di Franco (Morbidelli, ndr.) a un tuo amico e la trovi subito”. Passano un paio di giorni, la gente torna a casa dal GP di Spagna ed esce il primo episodio del podcast: “TIME OUT con Franco Morbidelli”, che trovate in apertura. Il riferimento è al casco che Franco ha indossato a Misano nel 2021. A intervistare Morbidelli assieme a Migno c’è il co-host, Filippo Carloni, grande amico di entrambi.

Il punto di questa roba è che è è tutto fatto in casa, solo che funziona perché è la casa delle corse: chiedi un angolo a un amico, però quell’amico è Mattia Pasini e così vai a registrare a Misano tra i simulatori della Res-Tech. Poi chiedi una mano per comprare un po’ di attrezzatura, te la dà Marco Bezzecchi. Hai un amico che è bravo a disegnare, perché serve un logo? C’è Aldo Drudi. E poi, quando chiedi a un altro dei tuoi di raccontarti qualcosa per fare del contenuto, hai a disposizione Franco Morbidelli. Nello specifico Franco racconta di quando è andato a casa di Kevin Schwantz, del fatto che Kevin è il motociclista dopo Valentino Rossi. Dice di essere “Un ragazzino da internet point”, perché sua madre se lo portava dietro per telefonare in Brasile. L'atmosfera è rilassata, i tempi funzionano. C'è da capire un po' meglio come funziona il mixer.

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Intanto Morbidelli racconta della favela di Iputinga fuori Recife, dove abita quella parte della sua famiglia: “Non ho rivisto i miei amici di quando c’avevo 10 anni, perché quelli che sono rimasti vivi… o sono andati da qualche parte in villeggiatura o magari sono andati in campagna. Uno di cui mi ricordavo molto bene che mi aspettavo di vedere - ed è rimasto vivo - purtroppo era in campagna. Però mi sono fatto degli amici nuovi, un’amicizia di un’intensità che mi porto dentro”.

La conversazione è piacevole perché nessuno ti dà l’impressione di dover performare, è tutto molto spontaneo, immediato. Migno: “In Yamaha… Non è che giocavi a Fifa col Real Madrid”. E poi ancora, quando gli chiedono della prima 125 che ha guidato: “Mio padre - racconta Franco - era matto abbastanza da aver avuto l’idea, che magari adesso è normale, di mettermi su di una 125 GP a 11 anni. Dov’era possibile? In Sardegna, a Mores. Una pista molto bella, però piccolina. Con me c’era Guido Mancini, mi teneva al sicuro e mi insegnava la disciplina del motociclismo”.

Mentre passano i minuti ci rendiamo conto che Mig Babol è una sequela di storie da paddock, roba autentica, raccontata con quella densità che ti aspetteresti da un ottimo giornalista in pensione. La differenza è che questi non hanno nemmeno 30 anni ed è tutto più rilassato, niente da dimostrare, nessuno ha bisogno di far sapere perché è lì.

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Te ne accorgi soprattutto quando Morbidelli racconta di come è entrato a far parte della VR46, di fatto la sua seconda famiglia: “La svolta è stata quando mio padre Livio ha chiesto a Graziano Rossi di andarmi a far girare alla cava. Da lì Graziano mai ha preso sotto la sua ala, dandomi una mano a fare tutto. Poi hanno chiesto a Carlo se mi potevo allenare con lui e con Vale, c’era anche il Sic. Era il 2008, 2009. Poi è successa la cosa che è successa con Livio. Da lì Vale, Graziano, Carlo, Albi e tutta la VR46 mi hanno preso ancora di più sotto la loro ala, mi hanno abbracciato in un momento sicuramente difficile. Hanno cercato in tutti i modo di non farmi sentire la difficoltà di questo momento e io non l’ho sentita”.

Da raccontare tutta c’è troppa roba: la festa per il mondiale nel 2017 (“Prima alla Cueva di Montelabbate, poi al Twenties di Urbino”), l’immagine di Ayrton Senna (“il mio letto deve avere il suo poster sopra”) e il casco di Misano dedicato a un film di Spyke Lee in cui Franco si trasforma in Samuel L. Jackson. E i capitoli in cui è divisa l’intervista, belli da leggere e da ascoltare, che toccano l’apice con “Franco passione due settimane”. Qui Migno racconta l'amico, più che il pilota: “C’è Vegan Franco, Pokemon Franco, Surfista Franco a Portoverde”. Al che lui risponde con una risata: “Devo dire di essere abbastanza concentrato sulla mia passione base, le moto. Però mi sto guardando la Divina Commedia spiegata da Benigni”. 

La domanda per chiudere ad effetto: cosa diresti a un ragazzo che come te insegue un sogno?

La risposta di Franco Morbidelli: “La cosa più ovvia, ma anche la più vera e importante: non mollare. Mollare o rallentare è la castrazione di un sogno. Ed è una cosa brutta da fare a sé stessi e in generale. Se uno ha un sogno, è vero e ci crede veramente che lo insegua fino a dove questo sogno lo porta”.

Mig Babol funziona bene, sembra di essere lì con loro. Sarà interessante vedere cosa uscirà quando, invece degli amici di una vita, si troveranno a intervistare degli sconosciuti, o comunque qualcuno che non sia l'amico di sempre. L'idea però c'è già: "Quando verrà Kevin Schwantz", dice a un certo punto Andrea Migno, "lo faremo parlare di Franco Morbidelli". 

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