La MotoGP è un prototipo raffinato e per guidarlo non bastano i soldi che costa, perché poi serve un gruppetto di persone altamente specializzate che lo faccia funzionare. Così la frenata con dischi in carbonio la puoi immaginare, esattamente come i controlli elettronici e i circa 270 cavalli sviluppati dal motore. Al contrario di buona parte delle moto esistenti però, sarà molto difficile che tu riesca davvero a metterci le mani sopra. Nella maggior parte dei casi poi, farsi spiegare da un pilota in attività le sensazioni di una MotoGP è come chiedere a un pesce come si nuota: non solo per lui è la cosa più naturale del mondo, ma non sa nemmeno parlare e tu rischi di sentirti un completo idiota mentre vedi la sua bocca muoversi producendo versi incomprensibili. Ecco perché, quando sulla MotoGP ci sale un essere umano, quella domanda, chissà come va, torna prepotente.
L'occasione è capitata durante il GP d'Austria, quando KTM ha invitato i commentatori tecnici di cinque diverse televisioni a guidare la RC16 con cui Miguel Oliveira ha vinto i GP di Indonesia e Tailandia nel 2022. La lettera arancione con quell’invito lì è arrivata anche in Italia a Sky, nello specifico sulla scrivania di Mauro Sanchini che, prima di commentare la MotoGP, ha corso diverse stagioni nel mondiale SBK e vinto il CIV in categoria Superbike. Non esattamente uno che passa con la levigatrice su saponette e gomma prima di andare al bar. Ci siamo fatti raccontare di quei dieci minuti lì, che per uno a cui piacciono le moto valgono almeno una falange del mignolo. “Mi ha sorpreso perché solitamente ti danno qualcosa in meno, magari con gomme slick che si trovano in commercio o con freni in acciaio, invece in questo caso abbiamo provato una vera MotoGP, la factory del 2022”, comincia a raccontare Sanchini, che è sceso dalla moto da un giorno ma è ancora lì con la testa.
È un bel momento perché a parlare è un appassionato, uno che ha goduto veramente a girare con quella moto, probabilmente una delle ultime evoluzioni tecniche della categoria prima del passo indietro in termini di prestazioni atteso nel 2027. Sanchini non si vergogna di dire che un po’ di paura c’era, una paura che da una parte ti fa dubitare di essere all’altezza e dall’altra ti fa pregare di non rovinare tutto. La stessa sensazione che provi prima di certi appuntamenti.
Partiamo dalle cose semplici: in quanti eravate?
“In cinque, è stata un’enorme fortuna. C’erano Neil Hodgson, Alex Hoffman, Simon Crafar, Randy De Puniet e io. Già è stata una soddisfazione scendere in pista con loro…”.
Sembra l’inizio di una storia da bar: "Eravamo io...". E invece in KTM dicono anche che sei andato forte, addirittura meglio di altri.
Mauro Sanchini ride, scuote la testa.
“Sono andato molto bene, sì. Mentre aspettavo il mio turno è venuto Jack Miller a scherzare un po’ e mi ha detto di frenare più avanti di Hoffman, mi ha detto che sul rettilineo mi sarei dovuto attaccare ai freni dove inizia il cordolo e io l’ho guardato come se fosse matto. Poi però ha insistito e mi è presa la carogna… a fine giornata è venuto a farmi i complimenti perché ha guardato i dati e si è accorto che avevo veramente frenato dove diceva lui. Però sai: vai dentro, fai quattro giri in cui devi parlare… non devi far raffreddare i freni in carbonio, tenere in temperatura le gomme, gestire la moto, l’abbassatore e soprattutto ricordarti che la moto non devi buttarla per terra. Se c’è una cosa che ho capito in tutti questi anni di test tra giornalisti e simili è che nessuno si ricorda mai il tempo che fai, tutti però si ricordano per anni di quello che l’ha lanciata in terra. A me quella roba dà un fastidio incredibile, quindi devi trovare l'equilibrio tra spingere e stare attento”.
In cinque, con una moto non tua, le telecamere addosso, gomme e freni che non conosci: hai ritrovato la tensione che vivevi prima delle gare?
“Un po' è vero, sì! Ma poi con gli altri cinque… non volevo neanche fare la figura da salame! Eppure devo dire che un’altra decina di giri li avrei fatti”.
A proposito: un turno in pista per un amatore è massacrante, quattro giri su questa MotoGP non lo sono di più?
“In realtà no, perché sono andato a provare una moto senza portarla al limite, né lei né tantomeno le gomme. La MotoGP di per sé è maneggevole, facile, il peso (poco più di 150 Kg, ndr.) è contenuto… diventa tutto facile. È chiaro che se vuoi fare il tempo come i piloti del mondiale diventa una fatica fisica spaventosa, dovuta soprattutto al fatto che i freni lavorano tantissimo e ti richiedono di staccare all’ultimo. In quei momenti tutto il corpo viene sottoposto a un carico incredibile, soprattutto su spalle e braccia. E poi alla staccata dopo arrivi in un attimo, è tutto ravvicinato. Stessa cosa con le gomme Michelin, che ti permettono pieghe incredibili: stai tanto giù e lavori col fisico. Se giri due secondi più piano già diventa tutto facile e la moto è piacevole, poi ammetto anche che io amo andare in bicicletta, ci faccio 18.000 chilometri all’anno e sono abbastanza allenato”.
La novità esclusiva, oltre a tutto il di più che ha una moto come questa, è l’abbassatore. Che sensazioni trasmette quel sistema?
“Ecco, togliendo i piloti del mondiale posso dire di essere uno dei pochi al mondo ad averlo provato, bellisimo! Ma poi mi ha proprio meravigliato, per uno che non è abituato è una fiiigata pazzesca”.
Mauro Sanchini è carico, parla svelto, è come se fosse tornato sulla moto.
“Allora: premetto che tutti i motociclisti dovrebbero avere la fortuna di farci almeno un giro, perché ti rendi conto che ai piloti non basta più il talento ma serve una lucidità mostruosa. Quando esci da una curva il motore esplode, si mangia i rettilinei come quando su Star Trek vanno a velocità curvatura. E nel frattempo devi ricordarti l’abbassatore, vedere dov’è il tuo avversario, come vanno le gomme, scegliere la mappa, controllare la benzina… per tenere tutto sotto controllo devi essere veramente un computer. Ecco, se la gente potesse provare queste moto si renderebbe conto di quanto sono complicate, di quanto è difficile andarci forte. Tornando all’abbassatore, è stato Miller a spiegarmi come fare: lo prenoti prima di entrare in curva, inserisci la moto come se niente fosse, apri il gas per uscire e quando cominci ad accelerare la forcella si estende e la moto si abbassa. Io arrivo, prenoto l’abbassatore, esco dalla curva, giro il gas e vedo che non succede niente. Mi dico o sono un salame, oppure non si sente abbastanza. A una certa invece il posteriore comincia a scendere di brutto, il cupolino si alza e vedo sempre meno, cerco di alzare la testa mentre sento questa sensazione stranissima, come se la ruota dietro si stesse sgonfiando. Una roba incredibile, però bella. Il giro dopo in uscita da curva tre me la sono anche goduta: la moto si schiaccia, diventa un dragster, è incredibile”.
E in frenata come si sgancia?
“Ecco, la cosa bella è che lì ti aiuta veramente. Quando cominci a frenare non hai già la moto piantata sulla forcella e puoi sfruttare un bel trasferimento di carico in cui lei rimane ben attaccata a terra senza che il posteriore si alzi. È favoloso… e via, a prenotare di nuovo ‘sto abbassatore. Una vera goduria, è stato un peccato fare così pochi giri”.
Pensi che avrebbe senso montare un’abbassatore sulle supersportive di oggi, magari in una versione dedicata alla pista?
“Avrebbe senso, sì. Mi dispiace che siano stati vietati dal nuovo regolamento, avrebbero potuto concederli con un’attuazione elettronica, perché la struttura dei sistemi impiegati adesso (meccanici, ndr) costa una follia. Considera che è un gioco complicatissimo di pressioni tra l’anteriore e il posteriore, passaggi di olio, aperture… invece l’abbassatore andrebbe integrato con le sospensioni elettroniche che tutte le moto ormai cominciano ad avere. A quel punto sarebbe divertente anche per strada: immagina di uscire da un curvone in montagna con la moto che si abbassa di qualche centimetro… magari meno di una MotoGP, però te ne accorgi comunque ed è figo. Per questo mi sarei aspettato di vederlo nel nuovo regolamento, è uno sviluppo che può davvero interessare il mercato, mentre un abbassatore meccanico non lo vedremo mai su moto di produzione in quanto troppo costoso”.
Quindi questi quattro giri ti hanno fatto un po’ rivalutare la MotoGP moderna piena di aerodinamica, device e tutto il resto?
“Ah, io sono stato uno dei quelli che non voleva vedere le ali, la moto per me doveva essere liscia. Poi con calma ho cominciato a ricredermi perché i tempi cambiano. Se vedi una MotoGP di 10 anni fa ti sembra in bianco e nero, poi c’è da dire un’altra cosa: quando arrivano in griglia di partenza alla fine del giro di ricognizione, che si abbassano tutti quanti così… sembrano una squadra di pantere pronte ad assalire qualcuno. E quella ogni volta è una scena incredibile”.
Un po’ come quella volta che hanno chiesto a Valentino Rossi se è più gustosa la 500 o la MotoGP e lui ha detto che la prima è bellissima, ma l’altra va più forte. E per un pilota, di norma, andare forte viene prima di tutto il resto...
“È così. Io sono un grande amante del due tempi, anzi lo vorrei in MotoGP perché con la tecnologia che c’è adesso inquinerebbe molto meno e la moto sarebbe più leggera, andrebbe fortissimo. Però quello è il passato e non c’è niente da fare: guarda la Formula 1 di Ayrton Senna o quella con cui corre adesso Max Verstappen. Bella quella degli anni Novanta, ma se le metti una vicino all'altra la gente sale su quella nuova, vuole provare quella lì. È il progresso”.