La MotoGP è pura sofisticazione messa al servizio dell’istinto, una cosa che succede quasi unicamente nel motorsport. Costruire un prototipo competitivo richiede enormi quantità di denaro e, tra le altre cose, il lavoro di centinaia di persone altamente specializzate. Disegni, studi, prove e intuizioni si mescolano per comporre un oggetto raffinatissimo per un utilizzo estremamente specifico. La fregatura è che per farlo funzionare al meglio è necessario mettersi nelle mani di un pazzo che viaggia a proprio agio in una tutina aderente a 360 Km/h. Ecco perché il motorsport funziona. Ne abbiamo parlato con Elena De Cia, Responsabile delle strategie e dei metodi di analisi dati per Aprilia in MotoGP. Elena è una trentenne allegra, innamorata del motociclismo, una che ha due moto per andare in giro e altrettante per la pista, che a dirlo così potrebbe sembrare un messaggio opulento ma è soltanto un segno del suo enorme entusiasmo per questo sport. Elena ride spesso, vive nel paddock da una decina d’anni e dei piloti sa tutto, come un buon avvocato col suo cliente o il parroco di paese dopo un giro di confessioni: i peccati, le virtù e i segreti dei piloti di cui legge la telemetria sono nella sua testa. Quando le chiediamo quali siano i piloti più strani con cui le è capitato di lavorare, lei risponde così: “Sono tutti particolari, altrimenti non sarebbero qua. Ma questo vale anche per tutti noi che ci lavoriamo”. Difficile darle torto.
Elena, sei responsabile delle strategie e dei metodi di analisi dati per Aprilia MotoGP. Cosa vuol dire? Cos’è la strategia in MotoGP?
“La strategia è la gestione di tutti i parametri che finiscono nella centralina. Per noi le strategie sono strategie elettroniche, non di gara. È la raccolta di informazioni di ogni dipartimento: taratura del motore, elettronica, dinamica del veicolo… e poi le strategie elettroniche gestite dal pilota come traction control e freno motore”.
A portarti qui è stato l’amore per la matematica. Come è successo?
“Penso sia stato tra la prima e la seconda elementare, la maestra mi ha entusiasmato e da lì ho avuto sempre la grandissima fortuna di avere docenti di matematica che hanno cercato di farmi vedere le applicazioni della materia, sono riusciti a farmela piacere. E io già alle elementari avevo deciso che avrei fatto la maestra di matematica, poi la professoressa. Sono arrivata all’università senza dubbi, ma lì ho scoperto la matematica applicata”.
Quindi per te era importante che la matematica si potesse toccare. È ancora questo che ti scalda?
“Quando ho scoperto che c'era la possibilità di lavorare con le moto, che sono la mia altra grande passione… non ci potevo credere. Quello che mi piace è vedere che un determinato commento del pilota trova riscontro in dei numeri e viceversa, quando vedo che dei numeri così asettici si trasformano in un comportamento specifico della moto”.
I tuoi colleghi ingegneri sono costantemente torturati dall’idea che il pilota che parla solo di feeling quando voi vedete numeri e dati. Non è frustrante?
“No, anzi: è la sfida, perché questa è la caratteristica che contraddistingue le moto. In altri ambienti è tutto più semplice, mentre per noi analisti la vera difficoltà è cercare di tradurre questa parola, feeling, in una componente tecnica. Devi imparare a capire i piloti e a interpretare i dati, anche perché se penso alle cose che guardavo dieci anni fa e a quelle che guardo adesso mi rendo conto che c’è stata un’evoluzione spaventosa”.
Prima parlavi della tua “altra grande passione”. Sei motociclista? Che moto hai?
“Certo, ho due moto! Una seicento col quattro cilindri in linea per andare fra virgolette forte e una cinquecento bicilindrica per passeggiare”.
Ma sei anche appassionata di corse.
“Sì, mi sono innamorata della MotoGP vedendo correre Casey Stoner. Per me l’idea di lavorare qui è sempre stata un sogno inimmaginabile, ricordo quando ho visto che Aprilia stava cercando un matematico: ci sarà un sacco di gente, saranno tutti ragazzi, figurati se prenderanno me. La terza volta che mi sono trovata davanti a quell’annuncio ho pensato che avrei dovuto provarci, nel peggiore dei casi mi avrebbero detto di no. Era il 2010, avevo appena fatto la tesi per la magistrale con Aprilia. E quando ho avuto l’opportunità du conoscere questo mondo dal vivo è stato quasi uno shock: da ragazza i piloti li vedevo in televisione, lì sul podio… adesso sono tutta professionale, faccio finta di niente!”.
Cosa vedi durante la gara? Immagino ti passino per la testa tutta una serie di cose che devono succedere, altre che succederanno… al punto che le moto quasi non si vedono più.
“Alle volte guardando la gara inizi a pensare a come starà evolvendo una situazione che hai immaginato, oppure se il pilota avrà fatto quello switch che gli avevi suggerito. Poi guardi la telemetria rivivi tutto, torni lì. Seguire la gara “al buio” ti regala quell’adrenalina che manca in Formula 1, dove invece al box arriva tutto in diretta”.
Perché, a te non piacerebbe vedere tutti i dati della moto così, mentre il pilota guida?
“Ti dirò… in quel momento mi piace sognare, immaginare un po’ le cose. Avere già tutto chiaro durante le sessioni ti darebbe un plus, al rientro del pilota ai box sapresti già un sacco di cose, mentre adesso quando arrivano si mettono la cuffia e cominciano a srotolare una cascata di commenti! Soprattutto però, quando la gara parte è tutto in mano al pilota, che sa cosa ha a disposizione e cerca di tirarne fuori il meglio. È bello che sia un momento più puro”.
Pensi che se un pilota avesse la tua testa, o meglio tutta la conoscenza scientifica e tecnica, andrebbe più forte in pista? O, magari, sarebbe più forte nella messa a punto?
“È la mia opinione eh, ma temo che un pilota troppo tecnico rischi di avere anche dei pregiudizi su tante cose. Certo è che ogni tanto… è importantissimo avere un dialogo costruttivo con il pilota, ma a volte si spingono talmente al limite... Anche a me capita di pensare troppo a quello che sto facendo sulla moto e lì mi incasino”.
Perché, vai anche in pista?
“Sì, ma questo significa andare molto piano! Ho una piccola 250… e una pitbike (ride, ndr). Però è bello perché in pista cerchi di fare sempre le stesse cose e cerchi di capire come ragionano i piloti. Ogni tanto penso che mi piacerebbe vedere il mio trend del gas, i dati insomma. Poi però mi rendo conto che è meglio evitare considerando il mio bassissimo livello! Preferisco ancora l’istinto, l’idea di essere veloce almeno nella mia testa!”.
Come gestisci il fatto che un pilota davanti a te non può mentire?
“Ormai loro sono abituati, anzi: alle volte ci sono delle cose di cui non si rendono conto e magari, quando gliele fai notare, loro sono contenti. Oppure il contrario: noi vediamo una cosa e pensiamo a cercare una soluzione, ma in realtà si tratta di un comportamento che il pilota cerca di proposito. Di base dipende molto dal tono che utilizzi: non c’è accusa, né da una parte né dall’altra, l’obiettivo è lo stesso per tutti ed è quello di andare il più forte possibile”.
Nel 2027 cambierà il regolamento della MotoGP: per come la vedi tu c’è stata qualche occasione mancata rispetto a quanto è stato deciso?
“Ah, io avrei tante idee… magari però me le tengo per me! Un cambiamento è sempre imparare qualcosa, specialmente in un mondo che non si ferma mai: pensa al software unico, che ci ha permesso di concentrarci moltissimo su quello che c’era a disposizione. Se dal 2027 ci sarà il GPS per esempio... penseremo a come sfruttarlo. Lo stesso vale per tutto il resto”.
Lavorate con l’Intelligenza artificiale? Pensi che in futuro cambierà l’approccio vostro e del pilota?
“Noi al momento ci lavoriamo, ma una mente pensante dietro a quello che viene elaborato dall’IA ci deve sempre essere. L’intelligenza artificiale può aiutarti in quello che fai già: acquisiamo tante di quelle informazioni che è impossibile che una persona si metta a guardare tutto, specialmente tra un turno di prova e l’altro. L’IA non è una bacchetta magica, non ti risolve i problemi e non è nulla di nuovo, il machine learning in matematica c’è da moltissimo tempo. Però ti aiuta molto, se sei un esperto, a dare significato alla grande mole di dati con cui lavori. Credo che non si possano chiudere gli occhi davanti a questo cambiamento, ma neanche perdere il proprio focus e delegare il proprio lavoro a un macchinario”.
Gli ingegneri Aprilia ci raccontavano che riescono a distinguere i piloti solo dal suono del motore. Tu vedendo una telemetria sai se è un giro di Maverick Vinales o di Aleix Espargarò?
“È così, alla fine è un po’ come quando vai in macchina con un tuo amico e vedi che il suo stile di guida corrisponde al suo carattere. Secondo me il bello è adattare una singola moto a stili molto diversi. Mentre per i piloti è molto interessante capire perché due lap time molto simili possono essere fatti in maniere estremamente differenti”.
Chi è il pilota più estremo con cui hai lavorato?
“I piloti sono tutti particolari, altrimenti non sarebbero qua. Ma questo vale anche per tutti noi che ci lavoriamo. Ora tutti e quattro i nostri piloti sono molto diversi tra loro, ma se dovessi dirti quello che mi impressiona di più, beh… è vederli correre sul bagnato”.
Cosa ti aspetti da Jorge Martín e Marco Bezzecchi, che correranno sulla vostra moto il prossimo anno?
“Sarà interessante. Ho qualche ipotesi, ma non voglio sbilanciarmi troppo. Guardando le gare… secondo me è una bella coppia, molto eterogenea”.