È quello che si aspetterebbe chi non guarda le gare con la stessa attenzione di chi conta pile di soldi in contanti. È una possibilità per chi non ha capito che il motociclismo è dominato ancora dagli uomini e non dalle macchine, come invece succede in Formula 1, in altri sport, sul lavoro. Eppure no, Gigi Dall’Igna non chiederà a Marc Marquez di aiutare Francesco Bagnaia nella lotta al titolo contro Jorge Martín. Perché sia l’uomo che il pilota di questo paddock sono dominati istinto e cuore, ed è questo che rimane.
Il motociclismo da corsa ha dato vita a una società di squilibrati, ben diversa rispetto a quella incentrata sulle prestazioni che viviamo ogni giorno. Da noi, nel nostro mondo fatto di piccoli sgambetti, promozioni, favoritismi, nepotismo e amichettismo, Gigi Dall’Igna avrebbe staccato i cavi a Pramac verso fine stagione. Oppure, per salvare la faccia, avrebbe telefonato a Marc Marquez chiedendogli aiuto. La telefonata sarebbe stata breve: “Marc, ho bisogno di un favore. Bagnaia deve vincere questo mondiale prima del tuo arrivo, è importante”. A questo punto Marc avrebbe risposto di sì, che tanto lui non si sta giocando niente e che quand’è così può anche aiutare un altro, qualcuno potrebbe addirittura aggiungere che non sarebbe nemmeno la prima volta.
Poi c’è la Malesia, che già nel 2015 aveva cambiato l’esito di un mondiale. E, in seguito, Valencia. Al netto del fatto che per Marc Marquez “aiutare” significherebbe provare a far arrivare secondo qualcun altro, perché il primo posto sceglierà sempre di tenerlo per sé, ci sarebbero diverse considerazioni da fare.
In termini aziendali è la decisione giusta: un titolo mondiale vinto dalla coppia Martín/Pramac, entrambi cacciati dalla Ducati, sarebbe l’errore più grosso di un costruttore dai tempi in cui la Honda mandò via Valentino Rossi convinta che il mezzo sarebbe stato comunque superiore all’uomo. Valentino passò alla Yamaha e vinse anche con quella, a ripetizione. L’anno prossimo invece, potremmo vedere il campione del mondo sull’Aprilia e il Team che l’ha fatto arrivare lì con una Yamaha. Una stortura che fa imbestialire gli investitori Ducati in MotoGP e sorridere tutti gli altri.
Chi finanzia Ducati Corse deve aver capito, in questi anni, che così sono le corse. Che sono dominate dall’uomo sulla macchina e che l’uomo, tanto nel caso di Gigi Dall’Igna che in quello di Marc Marquez, scommette sempre su sé stesso.
Per Dall’Igna il mondiale a Pramac non è un dramma, per Marc Marquez nemmeno
Il motociclismo è dominato dall’uomo. E l’uomo, nel caso di Gigi Dall’Igna, vuole vedere il suo lavoro imporsi e trionfare su tutto il resto. Il Direttore Generale di Ducati Corse può dire di aver vinto due titoli consecutivi, e in contemporanea, tra MotoGP e Superbike. Può dire di aver riportato un fuoriclasse come Marc Marquez a vincere. E può dire, se il mondiale 2024 dovesse finire nelle mani di Jorge Martín, di aver costruito un mezzo tecnico così superiore - e così apprezzabile per i clienti - da garantire il successo anche a una squadra privata. Il grand chelem dell’ingegneria, roba mai fatta da nessuno.
Per Marc Marquez il discorso è ancora più semplice. Quando lo spagnolo è stato scelto per prendere il posto di Enea Bastianini in Ducati, la squadra si è spaccata in due. Paolo Ciabatti, ex Direttore Sportivo Ducati Corse e ora responsabile del progetto motocross, ha addirittura abbandonato il progetto. Ora, se Marc Marquez dovesse trovarsi dall’altro lato del box un quattro volte campione del mondo - che tre titoli li ha vinti in fila - si troverebbe in qualche modo costretto a dimostrare la sua utilità: vinciamo da tre anni di fila, non ci servi tu per farlo ancora. Discorso diverso, chiaramente, se Pecco Bagnaia e Ducati ne uscissero con le ossa rotte: tranquilli, ora sistemo tutto io che di mondiali ne ho già vinti otto. Marquez, se dovesse vincere Martín, entrerebbe in Ducati come il nuovo salvatore, cosa che gli farebbe certamente piacere.
Ecco che sia Dall’Igna che Marquez hanno ragioni sportive, aziendali e personali per ognuna delle due situazioni. E se fossimo in Formula 1, in politica, in un concorso pubblico o in fila alle poste la risposta sarebbe scontata: la legge viene prima delle persone, la legge dice che deve vincere Bagnaia perché in MotoGP c’è la monarchia. Questo però è il motociclismo, un mondo sregolato dominato dalla passione dell’uomo: ognuno alla fine seguirà il cuore, lasciando i carteggi sul tavolino e facendo sì che i piloti possano lottare con tutto quello che hanno per quell’unico posto nella storia.