Colazione, giornali aperti davanti e, ovviamente, Jannik Sinner ovunque, praticamente su ogni pagina all’indomani dell’ennesimo successo del fenomeno italiano del tennis. L’associazione, in quel momento lì del mattino in cui un discorso tocca pur farlo ma il sonno comanda ancora ogni pensiero, è venuta quasi naturale: “questo è un fenomeno e basta, come Marc Marquez. E’ nato con la racchetta in mano come Marquez è nato coi mezzi manubri già attaccati”. Una frase lasciata senza risposta, ma che è bastata, nel viaggio successivo verso la redazione, a fissarsi in testa come quei pensieri che magari non hanno senso, non sono importanti o determinanti e non aiutano nell’organizzazione della giornata. E che però comandano lo stesso e si prendono ogni spazio. Fino a diventare un inevitabile titolo alla MOW: ok, ma se Jannik Sinner fosse un pilota della MotoGP chi sarebbe?
Ecco, la prima risposta, che poi è la risposta anche a quella prima considerazione del mattino, è questa qua: no, non sarebbe Marc Marquez. Perché non c’entra niente nello stile, ammesso che si possano paragonare i modi di stare nei rispettivi campi di un tennista e di un pilota di motociclette. E perché non c’entra niente nemmeno in tutto ciò che è extra vocazione, visto che Marc Marquez è uno sempre spigliato e Sinner (se si può dire) ha quella particolare timidezza che lo fa risultare sempre un po’ goffo. E magari pure altezzoso senza esserlo. Caratteristiche, queste, che aiutano a sgomberare definitivamente il campo anche dall’altro grande fenomeno delle corse in moto: Valentino Rossi. No, non c’entra niente neanche con lui.
E con quelli di adesso? Nemmeno! Tutti troppo istrionici o non abbastanza (ancora) campioni. Anzi, forse uno ce ne è, ma per una piccola percentuale che riguarda più l’umanità che i modi di essere pilota: Pecco Bagnaia. Ecco, se in MotoGP c’è uno che non avrebbe problemi a chiedere quasi scusa a un avversario appena battuto e a andare a abbracciarselo per consolarlo come ha fatto ieri Sinner, quel pilota è Pecco Bagnaia. Un po’, ma solo un po’, si somigliano: famiglie che hanno potuto scommettere su di loro, modi eleganti, idee chiare sin da ragazzini su cosa avrebbero voluto diventare e capacità di passare con una facilità impressionante dagli animali feroci e famelici che sono sui rispettivi “terreni di gioco” ai pezzi di pane che dimostrano di essere poi in abiti civili. Quindi ci accontentiamo di dire che se Jannik Sinner fosse stato un pilota della MotoGP sarebbe stato Pecco Bagnaia? No, troppo facile. E neanche abbastanza vero perché qualche similitudine non può bastare e la storia delle corse è fin troppo piena di personaggi da dovercene essere per forza uno che gli somiglia di più e in più caratteristiche. E in effetti, a pensarci bene proprio, c’è: Jorge Lorenzo.
Ok, non corre più, ma ha scritto la storia come la sta scrivendo Sinner. E pure con gli stessi modi, tanto che s’era guadagnato l’appellativo di “martello” in pista (per poi risultare sempre un po’ timido e quasi impacciato fuori). Per quel modo lì di volersi imporre sin dal minuto zero e con l’atteggiamento di uno programmato per vincere. Non col sangue sugli occhi, ma con la mente come punto di forza: zero timori reverenziali, piena consapevolezza di poter battere chiunque e pure un carattere decisamente “strano”. Sì, Jorge Lorenzo era un altro che, proprio come Sinner, sembrava aver paura solo di se stesso. E poi entrambi sono nati con una missione già sulla schiena: diventare campioni. Sinner, in verità, avrebbe dovuto esserlo di sci, iscritto da subito alle migliori scuole e cresciuto sulle piste, prima di innamorarsi definitivamente del tennis. Un innamoramento che, però, proprio alla maniera di Jorge Lorenzo, non è stato figlio della passione che spinge, ma del ragionamento: sullo sci bisognava allenarsi troppo per pochi secondi di gara e in quei pochi secondi ci si gioca pure la possibilità di recuperare da un errore. Un ragionamento, questo, che avrebbe potuto firmarlo anche Jorge Lorenzo, messo sopra le motociclette quando era piccolissimo e cresciuto quasi con l’ossessione di dover salire sul tetto del mondo, con scelte anche difficili sempre dettate solo e esclusivamente da quella missione lì: vincere. Compreso il lasciare la scuola (un conto che poi Sinner ha sistemato da privatista) e la famiglia per trasferirsi lontano seguendo una rotta che non è mai stata dettata dagli eventi, ma studiata. Quindi sì: se Jannik Sinner fosse stato un pilota della MotoGP sarebbe stato Jorge Lorenzo, ma con spunti di umanità alla Pecco Bagnaia. Totale? Otto titoli mondiali (5+3), come Marc Marquez e quasi come Valentino Rossi.