Cinquanta giri, otto posizioni guadagnate e la concorrenza avvertita: Lewis Hamilton è ancora lo stesso di sempre, nonostante un feeling mai sbocciato con la sua W15, imprevedibile e capricciosa, che spesso lo ha portato ad andare oltre il limite incappando in errori pur di sopperire alla mancanza di prestazioni. Un leone che non è mai andato via, che ritrovate le sensazioni giuste, si è reso protagonista di una gara capolavoro, non priva di rimpianti. Tra le luci e il freddo di Las Vegas, Lewis era apparso come il favorito alla vittoria: prima un venerdì dominato che sa di “good old days”, poi l’errore del sabato, che riporta la mente a questa stagione, in cui più volte, specie in qualifica, l’inglese non è riuscito ad esprimersi al meglio, come spesso in passato ha saputo fare. È bastata una staccata calcolata male a cancellare quanto di buono fatto e a complicare le cose, rendendo dannatamente in salita la gara del giorno successivo.
Per anni però la domenica è stata il giorno di Lewis, quello delle grandi imprese, dei domini e dei record sgretolati che lo hanno annoverato come il più grande nella storia, e anche questa volta è stato così: una partenza intelligente, senza prendersi rischi, poi il capolavoro; un sorpasso dopo l’altro con un ritmo devastante, tanto da segnare ben 12 volte il giro più veloce della gara. “Se avessi fatto il mio lavoro ieri, oggi sarebbe stato un gioco da ragazzi, ma va bene così", ha commentato nel post gara. “Mi sono divertito a partire dalle retrovie, dalla decima posizione e la squadra ha fatto un lavoro fantastico. Non sappiamo perché siamo stati così veloci questo fine settimana, ma la nostra macchina non è mai stata così veloce. Sono grato di aver contribuito a farla arrivare a questo livello”.
C’è poi un dato che parla chiaro: ogni qual volta la W15 ha corso con temperature molto basse, ecco che Hamilton è tornato a brillare: in Inghilterra, nella sua Silverstone, ha dominato, un premio dopo i due anni passati a lottare contro le prestazioni della propria vettura; a Spa solo la scommessa di George Russel gli ha negato una vittoria che aveva costruito alla perfezione, salvo poi ereditarla a causa della squalifica dello stesso George, giunto al traguardo “sottopeso” di un chilo e mezzo; poi Las Vegas, dove nonostante non sia arrivata la vittoria, la prestazione messa in atto ha riportato indietro la mente agli anni del suo dominio, quelli delle grandi imprese. Da un lato i sorpassi, tra cui quello ai danni del campione del mondo Max Verstappen e l’altro su Lando Norris; dall’altro il ritmo che ha permesso alla squadra di mettere in atto una strategia vincente, tanto da sopravanzare le due Ferrari grazie a un “undercut” eseguito alla perfezione. Nell’ultima parte di gara poi, guadagnata la seconda posizione, Lewis è ritornato in modalità “Hammer time”: quasi dieci secondi guadagnati sul compagno di squadra, a testimonianza della fame dell’inglese, consapevole, nonostante i rimpianti, di aver dato il massimo.
Una gara che lancia un segnale forte in vista del 2025, l’anno in cui le strade tra Hamilton e la Ferrari si incroceranno, realizzando il sogno di quel bambino inglese di vestire la tuta più ambita nella storia della F1. Lewis ha fame di vittorie, di nuovi record da raggiungere, di riconquistare quella corona sfuggita nel 2021, da allora rincorsa instancabilmente e forse, anche di riuscire laddove un destino beffardo ha negato al suo idolo, Ayrton Senna, di fare ulteriormente la storia.
Da una parte la sfida è lanciata a Verstappen, il “nemico” che nonostante gli attriti passati, con la grande sportività che da sempre lo contraddistingue ha saputo lodare, riconoscendone il talento smisurato. Dall’altra a Charles Leclerc, il padrone di casa che in questi anni ha portato in alto il cavallino nonostante le mille difficoltà e una vettura mai veramente all’altezza del suo talento. Quello di Lewis sarà un altro anno zero, una sfida degna dei più grandi campioni, quelli che, nonostante tutto ciò che hanno conquistato, non smettono di avere fame e di rincorrere i propri sogni.