Gigi Dall’Igna ha parlato di “sistema” che “ha voluto che perdessimo sia Pramac che Jorge Martin”. Altri, soprattutto in Spagna, hanno parlato di una vera e propria infatuazione sportiva dello stesso Dall’Igna per Marc Marquez, con l’ingegnere italiano che è stato disposto a perdere davvero tanto pur di portare in rosso il 93. Le due cose possono coesistere? Sì e potrebbe avere ragione sia Dall’Igna che chi sostiene che la scelta fatta da Ducati sia figlia di un invaghimento. E a farle coesistere potrebbe, paradossalmente, essere stato proprio Marc Marquez con una mossa magari involontaria, ma sicuramente furbissima.
Il ragionamento è contorto e c’è da andare per ordine. Cominciando dalle recenti parole che il team manager della Gresini Racing, Michele Masini, ha affidato a Sky durante i test della MotoGP a Barcellona: “La verità è che noi abbiamo fatto di tutto per continuare a avere Marc con noi con una moto ufficiale”. Significa che non è vero che la squadra di Faenza non sarebbe stata interessata a avere almeno una GP25 nel box e che, anzi, c’hanno provato fino a che è stato possibile. Il problema, però, è che “il sistema” a cui ha fatto riferimento Dall’Igna – senza scomodare complottismi che non starebbero in piedi – aveva già stabilito che Ducati potesse avere un solo team di riferimento, con una o al massimo due moto ufficiali. Lo sapevano a Faenza, lo sapevano a Borgo Panigale e, probabilmente, lo sapeva anche Marc Marquez che, forse ben informato sugli scenari futuri di Ducati, ha saputo essere più furbo di quanto non lo sia stato Jorge Martin. Il pilota di Pramac, infatti, ha fissato un vero e proprio ultimatum: “o squadra ufficiale o me ne vado”. Marc Marquez, invece, se ne è guardato bene dal farlo, offrendo una opzione in più pur sapendo che non sarebbe stata percorribile: “O squadra ufficiale, oppure moto ufficiale ma solo e esclusivamente in Gresini”.
Sarà anche vero che Dall’Igna, come dicono in Spagna, avrebbe scelto Marc Marquez anche se il pilota da sacrificare fosse stato Pecco Bagnaia, ma è chiaro che “il sistema” ha giocato la sua parte e che le dinamiche dell’intera operazione hanno preso un indirizzo preciso dopo le parole di Marc Marquez. Parole che mai in Pramac avrebbero potuto accettare, visto che la prospettiva offerta da Ducati al 93 era quella di una moto identica alle ufficiali, ma nella squadra di Campinoti. Perché, parliamoci senza filtri, se Marc Marquez ha accettato di passare in Gresini da Honda, rinunciando anche a tutto il denaro a cui ha rinunciato, è perché qualcuno in Ducati gli aveva già garantito nel 2023 che la sua storia in Desmo non sarebbe mai e poi mai durata una sola stagione. Marc Marquez ha, di fatto, sempre avuto la certezza che sotto il suo sedere ci sarebbe stata una Desmosedici almeno fino al 2027. Dire “o moto rossa o Gresini”, quindi, è stato più “incastrante” di quanto non lo sia stato il “moto rossa o niente” di Martin. E’ paradossale, ma è così. Perché Ducati nel frattempo aveva già sottoscritto un preaccordo con la VR46 per stabilire che, laddove Pramac avesse ceduto a altre sirene, la squadra di Tavullia sarebbe diventata team supported da subito invece che, come previsto da quello stesso documento, dal 2027. Dopo il rifiuto pubblico e netto da parte di Marc Marquez a vestire i colori della squadra che oggi è campione del mondo, sarebbe stato impossibile fare qualunque altra mossa rispetto a quella che Ducati ha poi effettivamente fatto. Perché Pramac se ne sarebbe probabilmente andata lo stesso, visto che togliere un team a Ducati è qualcosa che tutti volevano e anche da tempo, perché comunque Marquez aveva una garanzia già in tasca da un anno almeno e perché in ogni caso le strategie già programmate non permettevano di “mandare” una Desmosedici GP25 nel box di Faenza, ma semmai nell’unico altro box in cui Marc Marquez non avrebbe mai messo piede (e probabilmente mai sarebbe anche stato accolto).
Al Mugello l’intreccio di veti e accordi già fatti è diventato inestricabile proprio dopo quell’uscita del 93 che recitava esattamente così: “Pramac non è una opzione per me”. Hanno provato a vedere se lo fosse ancora per Jorge Martin, ma chiaramente è servito solo a farlo infuriare ancora di più e a rispondere a quel telefono su cui ormai da giorni comparivano le chiamate di Massimo Rivola e Aprilia. Il resto è storia di una notte, di un contratto firmato in poche ore e di un numero 1 che dall’anno prossimo starà sul cupolino di una Aprilia invece che su quello di una Ducati. La vera, e iper provocatoria domanda da farsi, semmai, è un’altra: se Martin avesse detto, come ha fatto Marquez con Gresini, “o moto rossa o ufficiale con Pramac”, Ducati avrebbe messo sul piatto addirittura Bagnaia?