Lui si fa chiamare el tiburòn, lo squalo, perché viene da una famiglia di pescatori. Suo padre e suo nonno si chiamano Pedro Acosta come lui, ma il talento per la moto non lo avevano. A sentire chi lo ha visto crescere, comunque, non lo aveva nemmeno lui, che in Moto3 ci è arrivato esclusivamente perché KTM doveva onorare i patti in seguito al titolo conquistato nella Rookies Cup: sei vittorie su dieci gare in programma.
L’anno scorso, ancora sedicenne, ha vinto partendo dalla pitlane, ha finito una gara frenando con lo stivale, si è conquistato il titolo in una Moto3 in cui la velocità viene solo dopo la tecnica: ci sono le scie, moto tutte simili, i veterani della categoria. Pedro Acosta ha vinto all’esordio e lo ha fatto a Portimaõ con una gara d’anticipo. Sul podio dietro a Dennis Foggia, in America, ci era salito col broncio e quando hanno provato a punzecchiarlo per questo lui ha risposto con naturalezza: “qui ridi solo se vinci”. Jorge Lorenzo dice che ha la fame dei migliori, Marc Marquez non gli dà troppa confidenza.
Vincente all’esordio, Pedro Acosta è passato in Moto2 salendo sulla sella lasciata libera da Raul Fernandez nel Team di Aki Ajo, lo stesso con cui ha corso (e vinto) l’anno precedente. La risposta nei tre giorni di test a Portimaõ è stata lapidaria: Acosta ha limato di mezzo secondo il record di Fernandez e si è messo davanti a tutti in 1:41.552. Il compagno di squadra Augusto Fernandez ha chiuso a circa un decimo, Aron Canet si è dovuto accontentare del terzo posto. Per trovare gli altri esordienti bisogna scendere a quasi tre secondi da Acosta.
Pedro Acosta è un fenomeno vero e in Spagna lo stanno già celebrando come il prossimo messia. Valentino Rossi ci mise due anni a vincere il suo primo mondiale e altrettanti a ripetersi nella classe di mezzo. Cadeva tanto, ma aveva talento e voglia di divertirsi. Oggi i piloti arrivano più arrabbiati, fanno già un lavoro: Acosta non perde tempo a vestirsi da Robin Hood, pensa solo a vincere. Lo faceva anche Marc Marquez, che però ha avuto bisogno (anche a causa della diplopia del 2011) di quattro anni per conquistare i primi due titoli.
Se è vero che i test non sono gare, i tempi di Acosta (velocissimo per tutti e tre i giorni) sono una bruttissima notizia per gli altri piloti. Gli esordienti dovranno confrontarsi con un fenomeno, chi corre da più anni si è sentito incapace. Tra dieci giorni, in Qatar, più di qualcuno partirà con l’idea che Pedro Acosta non lo puoi battere perché è semplicemente più bravo. E guidare pensando che il secondo non è il primo dei perdenti ma soltanto il primo dopo Acosta non fa bene al morale.
L’effetto Acosta arriva anche in MotoGP, dove i piloti - a partire dai quattro di KTM - dovranno fare qualcosa di straordinario per convincere i dirigenti a riservare loro una sella per il 2022. Anche perché gli altri costruttori, Honda in primis, bussano forte alla porta di Pedro, il quale però vorrebbe passare nella classe di mezzo almeno due anni. Se a Valencia 2021 avrà vinto un altro mondiale lo avrà fatto a 18 anni compiuti. Valentino Rossi ci arrivò nel 1999, a 20 anni, Marc Marquez invece nel 2012 quando ne aveva 19: sarebbe già record, nonché la conferma che un pilota con questi numeri nasce ogni 10 anni.