Cal Crutchlow lo dice alla sua maniera: “Per anni ho visto i suoi dati e se avessi potuto replicare quello che faceva ci avrei provato. Ma è impossibile anche solo provarci”. Questa dichiarazione, rilasciata a TNT Sports, dall’ex pilota e oggi collaudatore della Yamaha, racchiude la definizione ultima di di Marc Márquez: l’uomo che ha riscritto le regole della MotoGP con un’abilità tanto unica quanto irraggiungibile. In un mondo dove la telemetria svela ogni segreto, il controllo del freno anteriore dello spagnolo rimane, secondo l’inglese, un mistero insondabile, un’arte che nessuno — nemmeno chi ha accesso agli stessi strumenti — riesce a replicare. “Quando frena – ha raccontato – la sua pinza anteriore si blocca. Lui gioca con la leva mentre entra in curva. Marc ha capito che più inclini la moto in entrata, più decelerazione ottieni. È vero, ma se blocchi la ruota anteriore, l’istinto è raddrizzare la moto. Lui fa il contrario: inclina ancora di più. Nessun altro può farlo”.

Quella di Crutchlow non è una semplice testimonianza, ma l’ammissione di un limite collettivo. Anche Neil Hodgson, commentatore tecnico, nello stesso servizio aggiunge un dettaglio al ritratto del campione: “È in grado di far slittare anche la ruota anteriore. Tanti campioni del passato erano fenomeni nel controllo della ruota posteriore, ma controllare così entrambe le ruote contemporaneamente è qualcosa che così tanto riesce solo a Marc.Questione di natura e di talento, insomma, poi perfezionato in anni di sfide. “Il venerdì – aggiunge l’inglese - quando la pista è sporca e tutti faticano, lui è un secondo più veloce. Con la Honda non sempre ha avuto la moto migliore, ma faceva la differenza. Ora che ha la Ducati ufficiale è impossibile stargli vicino”.

Eppure, secondo Crutchlow, il Márquez di oggi non è nemmeno la versione più temibile. “Quell’infortunio al braccio nel 2020? Ancora non credo che stia guidando al 100% - rivela Crutchlow - Se il Marc degli anni tra il 2015 e il 2019 fosse stato nelle condizioni in cui è oggi, gli altri gli resterebbero a mezzo giro”. Il paradosso è che proprio l’accesso ai dati, di solito livellatore di differenze, finisce per amplificare il divario. Crutchlow, pur avendo studiato ogni movimento del compagno, ammette l’impossibilità di emularlo. “Il modo in cui guida, i riflessi felini, la mentalità – dice - tutto in Marc funziona insieme. Quello che ha fatto in così tanto tempo è incredibile”.
Provare a copiare quello che fa, magari guardando i suoi dati, porta i rivali in una sorta di vortice emotivo che paradossalmente li indebolisce ancora di più. “Fino quasi a arrendersi – conclude – dicendosi a loro volta ‘in fondo è contro Marc Marquez che corriamo’. E' così". Quasi un modo per dire che il vero campione non è colui che vince, ma chi, oltre a vincere, costringe gli altri a chiedersi come abbia fatto o come sia possibile.