“Non ci siamo ancora sentiti. Credo sia arrivato in Italia da qualche minuto, ma conosco le sue abitudini e di sicuro appena messo piede a casa è uscito per andare in palestra, da Carlo. Pecco ha tutti i suoi schemi e le sue abitudini, quindi ci sentiremo di sicuro più tardi”. Pietro Bagnaia, il babbo di Pecco, è ormai la chiacchierata fissa del 18 marzo, da qualche anno, per noi di MOW: “l’intervista in occasione della festa del papà” è diventata una mezza tradizione. E se le tradizioni sono una cosa seria per noi che siamo dei gran cazzoni che si dimenticano pure come si chiamano, figuriamoci se uno con l’anima disponibile si tirava indietro. Nonostante questa volta non è un 19 marzo tutto sorrisi. “In verità – ha detto in proposito – è un 19 marzo quasi come tutti gli altri: Pecco non è mai partito benissimo e c’è stato di peggio di tre podi e un quarto posto in quattro gare”.

In effetti ci si ostina a narrare un momentaccio, ma probabilmente non è così…
Ma no che non lo è. C’è solo da stare calmi, lavorare e non stare troppo a leggere o sentire, ma a Pecco questo non serve neanche dirlo perché lo sa benissimo. In questo momento c’è un pilota, non uno qualsiasi ma un otto volte campione del mondo che risponde al nome di Marc Marquez, che riesce oggettivamente a andare più forte e che, come tutti quelli che vanno più forte, vince. Da qui a costruirci sopra chissà che cosa ce ne vuole però e mancano quaranta gare tra Sprint e GP lunghi.
Però è innegabile che Pecco non è contento. O no?
Certo che non è contento: è un pilota, è un campione e vuole vincere
Cosa manca?
Adesso va di moda la parola flow, ma non so se rende abbastanza l’idea. Manca sicuramente un qualcosa, che è poco, ma che non gli permette di avere nel polso quei due decimi in più che servono. Non secondi, ma decimi. Non so se è una questione di adattamento alla moto, di fiducia, qualcosa di tecnico o più semplicemente di guida. Può anche starci che sia un insieme di un po’ tutte queste cose. Mettiamola così: non è ancora entrato nella bolla. Nello sport, non solo nel motorsport, i campioni raccontano spesso di entrare in una sorta di dimensione differente in cui avvertono quella sensazione che li fa spingere un pochino oltre con la certezza che andrà bene. Per raggiungere quella bolla, però, c’è bisogno di avere tutto perfettamente tra le mani e sotto controllo. Pecco e Ducati stanno lavorando sodo per arrivare prima possibile a quelle sensazioni.
Anche Ducati?
Ma certo che anche Ducati
Va be’, era una provocazione, però in giro si legge e si dice altro, soprattutto sui social…
Se stiamo dietro a quello che si legge o si scrive sui social siamo finiti tutti. Quando fantasie e veleni si mescolano escono dei mix allucinanti, alcuni, devo dirlo, fanno anche ridere oltre che cascare le braccia. Io ho sempre una gran fiducia nell’umanità, quindi mi capita spesso di restarci male. Pecco è la storia della Ducati, ma davvero c’è chi pensa che Dall’Igna o la squadra, ormai invaghiti di Marc Marquez, lo abbiano abbandonato? Oppure chi crede che uno come Pecco sia ormai arreso a un compagno di squadra ingombrante e fortissimo? La verità su Pecco e Marc è che Pecco è grato di avere un campione così vicino nel box, uno da provare a battere e dal quale, comunque, imparare. E’ uno dei piloti più forti di tutti i tempi e mio figlio sa benissimo della fortuna che ha avuto a condividere la sua carriera con quelli che sicuramente sono stati i due più grandi dell’era moderna.

Il riferimento, immagino, è a Valentino Rossi?
Sì. Un grandissimo, probabilmente il più grande, e, per Pecco, anche un amico e una figura fondamentale. Ha potuto correre con Vale, è cresciuto con Vale, si allena con Vale e condivide il box con Marc. Ecco, credo che quando Pecco pensa a Marc e Vale pensi alla fortuna che ha avuto a averli così vicini entrambi, non certo alla rivalità o alle follie che leggo in giro. Deve essere grato e è sicuramente così. Il problema di una fetta di appassionati è che non ha mai riconosciuto a Bagnaia di essere Bagnaia, come succede un po’ anche agli altri piloti dell’Academy.
Cioè?
E’ come se una parte di quella fetta lo amasse perché lo identifica con Vale e un’altra fetta lo odiasse perché lo identifica con Vale, senza neanche volersi rendere conto che Pecco è Pecco, ha una sua storia, una sua personalità, uno suo modo di essere pilota. Ma siamo ai soliti discorsi di sempre e non vale la pena neanche stare a farli perché significherebbe dare peso a quelli che godono quando Pecco vince perché è come se avesse vinto Vale e a quelli che godono quando Pecco perde perché è come se avesse perso Vale. La verità è che nel famoso 2015 Pecco era piccolo e magari nemmeno la ricorda quella storia se non come se la ricorda uno che era un bambino e quindi con le sensazioni di un bambino. L’avrà vissuta e rivissuta dopo, sicuramente facendosi la sua idea e giungendo alle sue conclusioni, ma Pecco oggi, esattamente come Marc, è un pilota del 2025. Sono passati dieci anni.
Nel senso che non è condizionante?
Sta scrivendo la sua storia su un foglio bianco e a Tavullia c’è massima libertà di essere teste pensanti, al contrario di quanto in molti vorrebbero far credere. Eppure basterebbe guardare proprio Pecco quando è vestito da pilota per rendersi conto che ha un casco di un marchio diverso da quello storico usato a Tavullia e pure una tuta di un marchio diverso. Questo è solo un esempio, ma anche da queste piccole cose si dovrebbe capire che appartenere a un ambiente come quello non significa essere soldati che devono eseguire ordini.
Ma Marquez è ancora Marquez e, al di là dei più esagitati, ci sta che un minimo di associazione con quella rivalità sia tirata fuori. O no?
Per me no. E’ proprio una roba senza senso e che toglie valore allo sport, perché sposta tutto su un piano che oggettivamente non esiste. Pecco e Marc sono due compagni di squadra, due rivali che vogliono battersi, al di là di cosa sono e chi sono o chi sono stati fuori dal box che condividono oggi. Ok tutto, ma Marc è un patrimonio dello sport e il fatto che Pecco possa avere un confronto con uno così è solo un stimolo, un qualcosa di positivo. In giro invece si legge veramente roba assurda, anche su Gigi Dall’Igna e mi dispiace. Gigi ha semplicemente fatto quello che vorrebbero fare tutti: mettere insieme una squadra potentissima. E non lascia indietro proprio nessuno. Poi se vogliamo discutere su uno più esuberante e l’altro meno possiamo pure discutere, ma a che serve? Sono semplicemente due modi di essere piloti e personaggi.
Danilo Petrucci, in una recente intervista proprio su MOW, ha detto che i tifosi di Pecco oggi dovrebbero solo spingerlo senza stare a tirare in ballo altri e altre questioni e che lui dovrà, però, riuscire a isolarsi…
Concordo sulla prima parte e lo dico da sempre per qualunque pilota, perché questa cosa che se spingi uno devi screditare l’altro è solo italiana e è brutta davvero. Sul fatto di isolarsi non lo so, Pecco è abbastanza grande e abbastanza campione da sapere quello che deve fare e credo che adesso abbia in testa una cosa sola: ritrovare il feeling con la sua moto. E’ la sua moto. La conosce meglio di chiunque altro, ma adesso è come se un minimo cambiamento li ha messi nelle condizioni di doversi riscoprire fino in fondo di nuovo. Credo, però, che succederà presto e sono sicuro che torneremo a vedere la competizione vera. E pure che ci divertiremo.
Secondo te quale è il problema?
Probabilmente con Ducati si sono concentrati su alcune novità che devono essere ancora perfezionate. Non so bene, da un punto di vista tecnico, dove sta il problema o se, come ho detto prima, sia un insieme di cose, però non ho dubbi sul fatto che si sta lavorando, bene e tutti, per ritrovare quel feeling che ad esempio lo scorso anno, dopo un avvio di stagione più o meno simile a questo se non peggiore, gli ha permesso di vincere undici GP su venti. Tutto il resto, lo ripeto, appartiene alla sfera dei discorsi di quelli che io chiamo non sociopatici, ma social-patici e vale solo una scrollata di spalle. Credo che Pecco oggi dica ‘sono io che devo trovare il feeling e ritrovare la mia velocità’ e non è che sta a guardare altro. Quando poi troverà quel feeling e la sua velocità potrà competere e lì vedere se riuscirà a battere Marquez o l’avversario del momento. O se, uscendo battuto, dovrà provare a migliorare ancora. Uno sportivo ragiona cosi e ancora di più uno sportivo che è anche campione. Qualcuno dice che Pecco è un freddo, non è freddezza: è essere lucidi.

Forse, come ha detto Tardozzi a Pecco nel famoso documentario, sei troppo signore anche tu…
(Ride) Sai che quel passaggio nel documentario ha voluto proprio Pecco che ci fosse? Perché racconta come sono davvero le corse, racconta la tensione che c’è, i modi di motivarsi e di farsi forza a vicenda. Ecco, Pecco è uno che non nasconde niente, è così davvero. Se poi è troppo signore o meno non lo so: per me è perfetto così. Ma io sono il babbo (ride ancora)
E che consiglio gli daresti?
Uno solo, quello che si porta sempre addosso: GoFree!
Cioè?
Cioè ‘vai libero e fai quello che senti, per come lo senti, nella direzione che ritieni e con quella leggerezza che non è superficialità, ma capacità di agire senza zavorre’. E’ il consiglio di sempre, perchè mancano comunque quaranta gare e questo è semplicemente un inizio di stagione in cui a Pecco manca ancora di sistemare quel capello che gli permette di essere in palla piena mentre Marc, invece, è già in quella palla piena. DI diverso dal passato c’è solo questo. Marc oggi è in quella condizione che Pecco deve ancora trovare. Tutto qua. C’è niente dietro e niente da costruire sopra. Oggi Marc non ha nulla da perdere, ma nel senso che ha quella libertà di testa che se gli montassero la ruota dietro sul davanti probabilmente vincerebbe lo stesso. E’ uno stato di grazia che Pecco, come qualsiasi altro campione, conosce perché l’ha vissuto e deve trovare il passaporto per rientrarci. Non per battere sicuramente Marc, visto che queste certezze non può averle nessuno, ma per giocarsela alla pari.
Quindi Marc Marquez o chiunque altro sarebbe stato lo stesso?
Ma certo. A Pecco non importa chi è, ma il fatto di non essere nelle condizioni di primeggiare lui. Se poi si chiama Marc, Alex, Jorge o qualunque altro nome, per lui è la stessa cosa. L’obiettivo oggi non è battere l’avversario di turno, ma ritrovare quel feeling che serve per essere nelle condizioni di provare a battere chiunque.
Secondo te quanto ci vorrà?
Non lo so, ma ho la sensazione che ci siamo quasi. Già in Argentina ha detto che in via generale andava tutto un po’ meglio e che restava da concentrarsi sui dettagli. Quindi, più come mia speranza che come pronostico, mi viene da dirti che Austin potrà essere un ottimo banco di prova per quelle limature che servono e poi dal Qatar, forse, tutto filerà più liscio. Ci spero anche perché ci sarò. Al di là di questo, però, non credo oggettivamente che ci vorrà molto, perché comunque quella è la sua moto, quella è la sua squadra, ha la stima e la fiducia incondizionata di tutti così come lui stima e ripone fiducia incondizionata in tutti. Non è che ha cambiato moto o squadra e che quindi c’è un tempo d’attesa fiosiologico di ambientamento che potrebbe essere più lungo.
Non hai ancora visto gare quest’anno?
No, sono stato ai test, ma nessun week end di gara. Ho anche dovuto fare un piccolo intervento chirurgico, niente di grave e roba di assoluta routine, ma devo stare fermo e riparato per tre settimane e quindi ho programmato tutto, calendario alla mano, per esserci in Qatar.
Diciamo che il regalo per la festa del papà, allora, vuoi scartarlo un po’ in ritardo e a Losail?
Pecco – il mio Pecchino, anche se ora mi rimprovererà per averlo appellato così - è un regalo tutti i giorni per me che sono suo papà. Per il bambino che è stato, il ragazzo che è diventato e l’uomo che sta costruendo, a prescindere da come vanno le corse.
