Ha vinto nel cross femminile tutto quello che un'essere umano (l'apostrofo non è un errore, ndr) puù vincere e è a tutti gli effetti, insieme a Antonio Cairoli e Valentino Rossi, una leggenda italiana del motociclismo. Per questo le parole che Kiara Fontanesi ha affidato ai suoi profili social dopo essere stata insieme alla famiglia all’ultimo GP di San Marino a Misano Adriatico sta facendo un gran clamore. E rimbalza da giorni soprattutto sui social dentro il solito dibattito: Misano quest’anno ha esagerato o no contro Marc Marquez? La risposta probabilmente è una sola: qualche idiota c’è stato, ma sono stati molti meno rispetto al passato. Uno di questi, però, deve averlo incontrato proprio la Fontanesi, visto il suo sfogo.

"A distanza di 7 anni – scrive la pluricampionessa del mondo che, lo ricordiamo, conosce molto bene l'ambiente della MotoGP per averlo frequentato negli anni della sua relazione con Maverick Vinales - sabato mi sono ritrovata sulle tribune a vedere una gara della MotoGP in Italia e penso che la prossima gara che andrò a vedere sarà in un posto lontano, perché se avessi dovuto restare anche domenica probabilmente avrei fatto a botte con qualcuno. In queste circostanze provo disgusto ad essere italiana e mi chiedo come tale ignoranza possa ancora circolare liberamente. Alla caduta di Marc Marquez, un padre ha detto a suo figlio piccolo che sperava cadesse anche il fratello. Un insegnamento di vita fantastico, un padre da invidiare direi! Povero bambino... poi ci chiediamo perché i giovani sono difficoltosi. Forse la mela non cade mai lontano dall'albero".
Il racconto di un episodio e uno sfogo, quindi, che ha presto fatto il giro dei social, con lo stesso Marc Marquez che ha lasciato un commento, fatto di soli cuori, sul profilo della campionessa. Che è donna di sport e che oggi è anche madre e, a maggior ragione, vorrebbe vedere insegnamenti dentro quello che è stato anche il suo mondo, anche se con moto diverse, nessun asfalto e tasselli sulle ruote.
E è, tutto sommato, anche ciò che vorremmo tutti, affrontando però la deriva con serietà, magari senza "fare a botte" e non con il piccolo cabotaggio di lungo costa, riducendo tutto a una mera contrapposizioni tra i tifosi di uno o di quell’altro. E’, semmai, una questione culturale. Ecco perché il reset bisognerebbe farlo con la promessa di ripartire dal sottolineare i comportamenti giusti, piuttosto che quelli sbagliati.