5 aprile 2009. Un bambino con i capelli rossi sulla pista di Sansicario vince lo slalom gigante categoria 2001. Ha sette anni e il suo nome, sul tabellone dei risultati, è storpiato, inesatto. Succederà molte volte, da quel giorno in poi, che gli altri scrivendo di lui useranno consonanti sbagliate, travisandone il suo nome, ma non importa: si chiama Jannik Sinner, e tutti - in ogni caso - si ricorderanno di lui. La gente lo indica: quel bambino con i capelli rossi, dicono, è un talento sugli sci. Lui che tra le montagne ci è cresciuto, figlio della neve con un pezzo di cuore che sempre apparterrà al Rifugio di Sesto Pusteria, di mamma Siglinde e papà Hanspeter. Avevano ragione, le persone che di lui dicevano già grandi cose, ma Jannik per il suo futuro aveva nella testa una storia diversa e per trovare il suo posto nel mondo sarà costretto a scendere un bel po' più in giù.
Dalle montagne al cemento blu del campo centrale di Miami, sotto al sole della California, dove per ben due volte Sinner ha scritto la sua storia. La prima, a quasi dodici anni esatti da quel 5 aprile 2009, è stata il 4 aprile 2021 con la sua prima finale di un Master 1000 a soli 19 anni. Ha dovuto scegliere, lo sci o il tennis, e ha seguito il cuore, più che le origini. "Il tennis è lo sport più solitario del mondo" diceva John McEnroe. L'avversario è troppo lontano per provare a capirlo, a sentirlo, a ricordarti che anche lui ha le tue stesse paure. E poi è uno sport che ti prende ancora bambino e ti porta lontano da tutto, a viaggiare spesso, a imparare che sul piatto delle vittorie deve esserci spazio anche per i sacrifici. Quelli necessari per vedere il tuo nome a caratteri cubitali su un tabellone, anche nei giorni in cui le sconfitte bruciano di più. A Miami lì, per quella prima finale nel 2021, la sconfitta con Hurkacz in due set ha il sapore amaro di una di quelle ferite: "Tornerò più forte" dice dopo la partita, accennando a un sorriso.
È giovane, agitato, ma dentro di sé ha quel campione che adesso abbiamo imparato a conoscere. Riguardare le immagini oggi, nel 2024, quella sconfitta ha la dolcezza di un lieto fine atteso per un ragazzo che si merita di stare dov'è, al centro del suo mondo, consapevole di tutto ciò che ha fatto, e che dovrà continuare a fare, per essere lì, sul cemento di Miami, a festeggiare la vittoria del torneo e un passaggio epocale nel ranking ATP. Già perché quel "tornerò più forte" Jannik lo ha fatto davvero, in una scalata senza eguali che dal 2019 lo ha portato a crescere senza sosta, diventando nel 2024 il secondo tennista al mondo, alle spalle di un Djokovic che oggi non sembra più imprendibile.
Ora arriva la stagione della terra rossa, la superficie più complicata per Sinner, ma Jannik non smette di sorridere: conosce il duro lavoro, conosce sé stesso e i suoi avversari, non ha paura. È ancora lui, quel bambino con i capelli rossi sulle nevi di Sansicario, ma oggi guida una rivoluzione nel tennis mondiale, e accompagna l'Italia in un sogno che non pensavamo di avere, costringendo un paese intero - nella sera di Pasqua - a guardarlo giocare e vincere, con un orgoglio che da tempo mancava allo sport del nostro paese. Chi lo ha seguito in questi anni, da quella finale di Miami 2021 in poi, sapeva che Jannik ci sarebbe riuscito. Che avrebbe aggiustato il tiro, crescendo fisicamente e tecnicamente, ma in pochi si sarebbero aspettati il salto definitivo, la grandezza disarmante che lo ha già reso, a soli 22 anni, il tennista più grande che l'Italia abbia mai avuto. "Non ho dormito stanotte" aveva detto dopo la sconfitta di Miami 2021, restituendoci le fragilità di un diciannovenne alle prese con il mondo dei grandi. Ma questa notte invece, dopo essere diventato il numero 2 al mondo in una rincorsa verso il trono del tennis mondiale, Jannik dorme sogni tranquilli. La storia è già sua.