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Ritrovarsi dove si è rischiato di perdersi: Ducati, Dall’Igna, Bagnaia, il GP di Barcellona e il setting tra uomini che serve di brutto

  • di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

2 settembre 2025

Ritrovarsi dove si è rischiato di perdersi: Ducati, Dall’Igna, Bagnaia, il GP di Barcellona e il setting tra uomini che serve di brutto
Pecco bagnaia a Balaton ha parlato, addirittura, di over feeling. Sì, si riferiva alla Desmosedici GP25, ma forse quella moto dovrebbe diventare solo un vocabolario da mettere in mezzo a due uomini piuttosto che a un pilota e a un ingegnere. Barcellona, la pista dove i due hanno tragicamente rischiato di perdersi, potrà e dovrà essere il luogo per trovare il setting perfetto e no, la moto non c'entra niente. C'entra, semmai, la necessità di non rendere incubo il 2026 prima ancora di iniziare e c'entra la certezza che l'unico vero erede di Marc Marquez è Pecco Bagnaia

di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

Bagnaia che cade, la moto di Binder che arriva e poi qualche istante di silenzio devastante. E’ l’immagine del giorno più brutto dell’intera carriera di Pecco Bagnaia, probabilmente il peggior giorno anche della storia recente di Ducati: quello in cui l’italiano e la sua italiana hanno davvero rischiato di perdersi. Non è così che è andata e il resto è un pezzo di storia scritta insieme. Fino all’arrivo di Marc Marquez, fino a una crisi che sembrava tecnica e si sta rivelando umana. Fino ad arrivare, addirittura, a chiederci tutti se Gigi Dall’Igna e Pecco Bagnaia si sopportano davvero ancora. La risposta? Loro provano a darla ogni volta, ma siamo finiti tutti per crederci sempre di meno. Un po’ perché la malizia è di questo mondo e un po’ perché quello che accade tra due persone lo sanno solo quelle persone lì. Loro e basta. E forse bisognerebbe fare un attimo tutti un passo indietro e provare a crederci che sì, si sopportano ancora e, come dicono, vogliono solo tornare a parlare la stessa lingua. Il vocabolario da mettersi nel mezzo, però, non può essere la Desmosedici. S’è capito a Balaton e, ora, i due dovranno dimostrare di averlo definitivamente capito a Barcellona, nel luogo perfetto in cui ritrovarsi, anche simbolicamente, come luogo in cui s’è tragicamente rischiato di perdersi. Il setting che manca non è quello della moto, ma quello tra uomini. La certezza, invece, dev’essere che entrambi vogliono trovarlo e che non c’è motivo di credere il contrario. Al di là di una sigla, GP25, e di un nome che è anche ferita, Marc Marquez.

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L’ostacolo? Uscire dall’essere un pilota analitico e perfezionista uno e dall’essere un ingegnere l’altro, parlandosi prima di tutto come Francesco e Gigi. Se non fosse un termine abusato e troppo di moda per non risultare quasi stucchevole, si potrebbe parlare di empatia. Intesa come quell’arte sottile e insieme pratica di “sentire con” l’altro. Non è privilegio della sola intimità affettiva: si insinua anche nei rapporti professionali, dove la capacità di capirsi e interpretarsi diventa premessa imprescindibile per la massima performance. Quando due persone si incontrano non solo con le parole, ma con la disposizione interiore a riconoscere l’esperienza personale dell'altro, nasce un luogo condiviso — un setting umano — in cui si può sperimentare la fiducia, correggere insieme la rotta e rendere fruttuoso l’errore. Ferma restando l’inevitabile osservazione pragmatica: le sensazioni ritrovate da Pecco a Balaton dopo una modifica cruciale d’assetto come un episodio tecnico non isolato, ma come segnale che, riportando il pilota al centro del dialogo con la moto e con il suo ingegnere, si riattiva una relazione produttiva.

Come ha detto Gigi Dall’Igna, più che il piazzamento conta il “feeling” ritrovato. E da quel sentimento riprende a germinare la possibilità concreta di risultati. Accettare un 2025 fallimentare non come condanna, ma come terreno di apprendimento richiede umiltà e, insieme, la volontà di ritrovarsi per non perdersi più: ricostruire il vincolo umano tra Gigi e Pecco significa ripristinare un clima in cui la fiducia autorizza il rischiare. Il testare. L’andare oltre anche tornando sui propri passi con metodo e prima ancora che con mappe, regolazioni e tutti gli strumenti che servono per rendere perfetta una moto che, purtroppo o per fortuna, dovrà essere la stessa anche l’anno prossimo.

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L'incidente di Pecco Bagnaia a Barcellona

Il ritorno che entrambi cercano non è alla GP24, ma alla luce. Che poi è il ritorno che cercano tutti nei vari settori dell’esistere. Dante, chiudendo il viaggio nell’Inferno, lascia il baratro per “riveder le stelle”: “E quindi uscimmo a riveder le stelle”. La frase è breve e definitiva: dopo lo smarrimento, la risalita; dopo il buio, la luce che orienta. Nel lessico del lavoro di squadra non serve celebrare un semplice sollievo emotivo, ma alimentare e dilatare il momento in cui la condivisione delle sensazioni e l’allineamento delle intenzioni restituiscono una traiettoria percorribile. Barcellona è il teatro giusto, al di là dei risultati e di quello che diranno le classifiche. Ritrovarsi lì significherebbe ricucire la soggettività del pilota con l’esperienza tecnica dell’ingegnere, in modo che l’azione del singolo non sia più isolata, ma ordinata.

La Desmosedici è solo, metaforicamente, il luogo dove la grammatica dell’empatia tra due uomini si esercita in termini concreti: il setup che riporta il pilota a “fare cose che dovrebbero essere normali”, come ha sottolineato Dall’Igna, può essere solo il frutto di un ascolto tecnico che mette in primo piano la sensibilità. Non del pilota o dell’ingegnere, ma dell’uomo che ognuno dei due è prima di essere tutto il resto. Accettare il 2025 significa investirlo in relazioni rinnovate. Solo così il 2026 potrà essere rivalsa e pure base per un altro futuro. Visto che sì, per quante se ne vogliono dire, in Ducati l’unico vero erede di Marc Marquez – che non è eterno - è ancora Pecco Bagnaia.

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